Dalle auto d’epoca agli attrezzi agricoli di un tempo, dai motocicli all’officina dei fabbri: storia di una passione lunga cinque generazioni
Dalle auto d’epoca agli attrezzi agricoli di un tempo, dai motocicli all’officina dei fabbri: storia di una passione lunga cinque generazioni
È un viaggio a ritroso nel tempo e nella tradizione quello che si compie visitando il Museo “Gino Tonutti”, situato in una piccola cittadina friulana non molto distante da Udine, Selvis di Remanzacco.
La location è ottimale, al limitare della campagna, sul confine fra la memoria contadina e la modernità. Perché di questo si parla nel grande spazio dedicato alla raccolta di automobili (storiche, ma non solo), motociclette, trattori, attrezzi agricoli, motori per navi e di qualsiasi altro oggetto abbia a che fare con l’ingegneria meccanica.
Tutte grandi passioni del Cavaliere Gino, fondatore del museo, il quale, intorno agli anni ’70, cominciò ad accumulare le prime vetture storiche grazie a un cliente che gliene regalò un paio, non potendo pagare la “merce” in denaro. Si trattava degli attrezzi rurali che la famiglia Tonutti fabbricava, aratri e magli, attività che oggi si è evoluta nella commercializzazione di moderni macchinari agricoli in Italia e nel mondo.
Il Museo è testimone di questa storia famigliare, ma anche dell’evolversi dell’industrializzazione e della meccanica del secolo scorso. Basta confrontare la Ford T del 1915, uno dei primi frutti della catena di montaggio, con la Ferrari F40 edizione limitata del 1989, lì esposte: passato e contemporaneità che si fronteggiano senza scontrarsi. [!BANNER]
Lo spazio espositivo è diviso in sezioni: una per le automobili (circa un centinaio, dai primi agli ultimissimi anni del ‘900), un’altra per le motociclette (più o meno 75, dai ‘20 agli ’80), quella degli attrezzi agricoli, e il “battiferro“, l’officina che fino al 1965 ospitò l’attività produttiva dei Tonutti.
E lì il tempo si è fermato, attaccandosi alle pareti ancora nere della fuliggine che la vecchia fornace sputava fuori. Le automobili sono poi divise a seconda degli anni e della tipologia: all’ingresso dell’area si viene accolti dai veicoli sportivi più giovani (Porsche, Ferrari, Lamborghini, Lotus, De Lorean, l’auto di “Ritorno al futuro”) per proseguire poi in una galleria di veicoli storici, prevalentemente italiani, che termina appunto con la Ford T, scovata da Gino probabilmente in un viaggio in Sud America (è targata Santa Fe).
Dal passato interessante anche la Fiat 520 Torpedo del ’28 che trasportò Zico, giocatore dell’Udinese dall’83 all’85, nel suo trionfale ingresso a Udine: a guidarla il figlio di Gino, Carlo.
In un’altra ala invece fanno bella mostra di sé alcune “barchette” che le nuove generazioni dei Tonutti (Carlo e i figli Fulvio e Gianmaria, con le rispettive signore) usano durante le gare di regolarità: una Berkeley SE 492 dal motori a due tempi e soli 400 kg di peso perché in vetroresina, una Healey Silverstone – del ’50 fresca della MilleMiglia 2009, una Fiat Osca 1500 S (motore OSCA 1500) del ’57 e una Jaguar XK 120 del ‘52.
Tutte le auto hanno motori efficienti e sono perfettamente tirate a lucido. Fra le moto, invece, c’è anche una Bianchi (anno 1938) che si vocifera fosse appartenuta al Duce. Il giro prosegue poi curiosando fra gli attrezzi agricoli del passato fra i quali, indubbiamente, colpisce un’imballatrice del 1925 i cui meccanismi sono ancora funzionanti.
Ad alimentarla, oggi, non è più il carbone della locomotiva cui veniva collegata, ma lo stupore nel vederla funzionare è lo stesso di quando la usavano i contadini di quasi cent’anni fa, vista la sua imponenza e solennità. Si continua poi con una serie di piccoli e grandi cimeli: fra essi un’antica latteria, aratri, banchi di prova per pompe d’iniezione di motori diesel e benzina, trattori vecchi e nuovi e, appesa ad una colonna, una vecchia ruota, di quelle piene, senz’aria: a caratterizzarla, viti e rinforzi di metallo che un tempo venivi usati per le riparazioni. Si possono trascorrere ore passeggiando liberamente per questi corridoi di ricordi: vuoi per la cortesia della famiglia Tonutti, vuoi perché è un Paese delle meraviglie per chi ama i motori. E anche perché il Friuli è una terra generosa e ospitale e un “tajut” di vino per brindare in compagnia alla fine della visita non mancherebbe di certo.