Fiat e Chrysler: è accordo con i sindacati USA e Canada

Francesco Giorgi
27 Aprile 2009
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Fiat e Chrysler: è accordo con i sindacati USA e Canada

Weekend intenso fra Detroit e Torino: Chrysler raggiunge gli accordi con i sindacati canadesi ed americani. L’accordo con Fiat è più vicino

Weekend intenso fra Detroit e Torino: Chrysler raggiunge gli accordi con i sindacati canadesi ed americani. L’accordo con Fiat è più vicino

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Salvataggio Chrysler: il primo atto è andato in porto. Con il via libera dato dal Sindacato USA dell’auto (United Auto Workers) ad un primo taglio dei costi, accettato la scorsa notte, l’alleanza fra Chrysler e Fiat (parti in causa nell’accordo) si fa più vicino.

Si è trattato di un accordo “doloroso”, stando alle prime dichiarazioni rilasciate dai dirigenti dello UAW, ma che potrà permettere al Gruppo di Detroit di proseguire la sua attività fino a giovedì prossimo ed evitare, in seguito, l’amministrazione controllata. Fino a quando, cioè, lo stato di salute della Chrysler verrà analizzato dall’amministrazione Obama per ottenere nuove sovvenzioni federali e dalle banche creditrici, alle quali sarà demandata la decisione della riduzione del debito da 6,9 miliardi di dollari.

I dettagli dell’accordo intercorso fra la Chysler e la Fiat e i Sindacati non sono ancora stati resi noti; ma, in una nota di commento alla trattativa, la tessa UAW ha definito il patto “doloroso”, pure riconoscendo che permette di avere una seconda possibilità per il salvataggio della Chrysler.

E’ chiaro che il termine “doloroso” vada riferito al sacrificio richiesto dalla Casa automobilistica nei confronti degli attuali dipendenti e ai pensionati della Chrysler: di sicuro verranno tagliati stipendi e quote pensione, a fronte di una cessione di azioni del Gruppo.

Il patto sindacale dovrebbe prevedere un taglio del 50% nel contributo “liquido” da 10 miliardi di dollari che il Gruppo Chrysler avrebbe dovuto versare in un fondo sanitario per i pensionati e, per ciascun veicolo, riduzioni dei costi per centinaia di dollari. In cambio, i Sindacati dovrebbero ricevere delle azioni della Chrysler.

Accordo raggiunto anche in Canada

Un po’ meglio, quanto ai risultati, è andata la trattativa con i sindacati canadesi. Alla vigilia dell’accordo con la UAW, la Chrysler aveva trovato l’intesa con la CAW (Canadian Auto Workers), omologa della statunitense United Auto Workers.

L’accordo (che ha ottenuto il consenso dell’87% degli iscritti al sindacato) prevede una riduzione del costo del lavoro orario per 19 dollari canadesi (equivalenti a 16 dollari USA), ottenuto grazie alla rinuncia da parte dei lavoratori ad alcuni benefici (premi natalizi e assistenza sanitaria integrativa), e la possibilità per l’azienda di utilizzare lavoratori temporanei agli impianti di assemblaggio, per un risparmio complessivo stimato in circa 200 milioni di dollari USA.

Il ruolo della Fiat, in questa trattativa, è stato intenso, e va a confermare l’intenzione del Gruppo torinese di partecipare al 20 per cento nella Chrysler in cambio dello sviluppo per le auto di Detroit della tecnologia torinese sui futuri modelli di piccola cilindrata.

Che, in questa operazione, lo zampino della Fiat sia stato notevole, lo conferma la dichiarazione di giovedì scorso da parte dei rappresentanti sindacali italiani. Una frase, detta da un dirigente della  Fim-Cisl Auto, secondo il quale l’accordo sarebbe stato presentato giovedì pomeriggio stesso da Sergio Marchionne al Gec, il comitato formato dai top manager del Lingotto, aveva rischiato di mettere le carte in tavola prima del tempo. Ma, d’altro canto, aveva pure sbloccato il segreto con il quale Torino stava preparando l’azione messa in pratica la scorsa notte.

Ma l’iter non finisce qui. Con l’accordo raggiunto fra Chrysler, Fiat e sindacati canadesi e USA, il Gruppo di Auburn Hills dovrebbe essersi garantito la sopravvivenza ancora per qualche tempo.

Quanto basta per proseguire nella preparazione di un piano di riassetto che, giovedì prossimo, sarà spulciato dall’amministrazione Obama, alla quale spetterà il compito di decidere se erogare un nuovo prestito oppure chiudere i rubinetti (e, in questo caso, lasciare la Casa di Detroit al suo destino, che sarebbe uno solo: la vendita fallimentare). Se, dunque, la Chrysler si salverà, lo dovrà in buona parte ai sindacati. E alla Fiat.

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