Fiat-Chrysler: il 2012 è l’anno della verità

Fabrizio Brunetti
11 Novembre 2011
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Fiat-Chrysler: il 2012 è l'anno della verità

In un 2012 difficile per il comparto auto europeo l’alleanza Fiat/Chrysler dovrà impostare la strategia tra mercati tradizionali ed emergenti.

In un 2012 difficile per il comparto auto europeo l’alleanza Fiat/Chrysler dovrà impostare la strategia tra mercati tradizionali ed emergenti.

Se il mercato europeo è in sofferenza per Fiat e Alfa Romeo e in progresso per Lancia e Jeep, l’anno che sta avviandosi al termine vede per la prima volta il fiorente mercato brasiliano diventare, con circa 700.000 unità vendute e il contributo fondamentale della nuova Uno, il primo mercato mondiale di Fiat, scavalcando d’impeto il mercato italiano.

Si sposta il baricentro del mercato

E’ un segnale, non solo simbolico, dei radicali cambiamenti di scenario e dei nuovi rapporti di forza. Nel 2011, nonostante un certo rallentamento rispetto alle performance d’incremento degli ultimi tre anni, la Cina ha conquistato il secondo posto del mercato mondiale dell’auto, con quasi 14 milioni di veicoli venduti. Insidia ormai da vicino i 14,5 milioni di venduto del mercato europeo e scavalca nettamente il mercato americano, fermo a meno di 12 milioni.

E’ cambiato il mondo, sino a tre anni fa il mercato americano era leader incontrastato, ora è il terzo di tre. Il Brasile da solo vale 3,3 milioni di veicoli venduti. Il mercato asiatico, oltre all’immenso mercato cinese ha quello in formidabile espansione dell‘India, ormai produttore globale anche con i vecchi marchi premium inglesi come Jaguar e Land Rover.

Dunque un quadro così totalmente rivoluzionato, spiega meglio di cento parole perché i (pochi) costruttori che contano di essere ancora sul mercato nei prossimi anni, adattano velocemente le strategie e la loro centratura produttiva alle potenzialità dei mercati emergenti, cercando al contempo di “tenere” sul difficile mercato europeo.

Facile leggere il futuro prossimo di Fiat/Chrysler come molto più centrato al di fuori dell’Europa di quanto sia stato sinora. E’ certa l’espansione in Brasile, con un nuovo stabilimento da 200.000 unità/anno pronto entro il 2014.

Fiat ha la necessità di trovare spazio in Cina, dal quale oggi è fuori, in India, dopo la crisi dell’accordo con Tata da rinegoziare, e in Russia. Tutte operazioni che nella migliore delle ipotesi produrranno effetti sui numeri solo tra due anni.

I prodotti in arrivo nel 2012

Nel frattempo, il prossimo anno, le spinte dovrebbero arrivare dai soddisfacenti risultati di Chrysler in USA – anche con l’avvio della produzione delle grandi Lancia per l’Europa – dalla Ypsilon prodotta a Tichy e dalla nuova Panda a Pomigliano.

Nel quadro delle positività va rilevato anche l’inatteso successo del Freemont, che apre la strada delle crossover con marchio Fiat alla futura erede della Bravo (2013).

Nel 2012 dovrebbe avviarsi la produzione, in Serbia, del monovolume L-0 a 5 e 7 posti, che arriva sui mercati lasciati scoperti dalle uscite di scena contemporanee di Multipla, Idea e Ulysse, con prospettive di vendita interessanti.

Dopo la presentazione a Detroit della berlina Dodge su base C-wide, la stessa auto con marchio Fiat costituirà il prodotto d’attacco sul mercato cinese. Probabile infine che il SUV compatto per Jeep e Alfa Romeo, sempre su pianale Fiat e da produrre a Mirafiori, sia pronto, o almeno mostrato, entro il 2012.

Debutto importante quello della baby Quattroporte Maserati sulla base 300C/Thema, con la quale il tridente entra nel ricco segmento E con grandi ambizioni e un obiettivo a regime di 50.000 auto all’anno. Da Fiat è attesa anche la nuova world car erede della Palio.

Per il biennio 2013/2014 poi, oltre all’Alfa Romeo Giulia e Spider (prodotte in USA) e all’entrata in produzione della strepitosa 4C, sono attese la presentazione della nuova Lancia Delta e della rispettiva compatta con marchio Chrysler, la nuova Punto (a Melfi), il SUV compatto a marchio Fiat, la nuova Chrysler C200/Lancia Flavia, la poderosa Viper, le Maserati Quattroporte e Kubang, probabilmente l’ammiraglia Alfa, anch’essa sulla base 300C/Thema.

Temi, polemiche, strategie… ovvero l’Italia

Concluso brillantemente il contratto americano di Chrysler, celebrata pubblicamente la cordialità con il governo brasiliano in occasione dei nuovi investimenti produttivi, rinegoziati gli accordi in Cina e Russia, ristabiliti i contatti con Tata in India, ottenuta la commessa di Suzuki per la fornitura dei motori che lascia intravvedere una futura partnership più ampia, una volta sciolto l’infelice matrimonio con Volkswagen, restano i problemi…italiani.

Già perché le incognite riguardano la possibilità di produrre con continuità e flessibilità negli stabilimenti italiani.

L’uscita da Confindustria, l’aspra polemica con la Consob che aveva chiesto a Fiat di precisare nei dettagli il piano produttivo di Fabbrica Italia e che ha portato come reazione alla definitiva cancellazione del logo, l’incognita ancora aperta della sottoscrizione del contratto per gli addetti dello stabilimento di Grugliasco – ex Bertone nel quale si dovrebbe produrre la nuova berlina sportiva di Maserati, da parte di tutte le sigle sindacali (vuol dire anche la Fiom Cgil) come condizione per l’avvio della produzione, sono clamorose spie di un disagio da diversità degli impianti italiani.

In tutti e tre i casi il nodo è sempre lo stesso. Fiat vuole flessibilità produttiva (vuol dire turni di lavoro, riposi straordinari, assunzioni e licenziamenti), sicurezza della produzione perché non sia più possibile che poche persone possano bloccare le linee e libertà di decidere le strategie e le variazioni dei piani secondo necessità, senza accordi preventivi.

Sull’altro fronte la Fiom, caparbiamente schierata per la “difesa dei diritti dei lavoratori” e contraria a qualunque variazione o modifica delle regole del mercato del lavoro e della contrattazione collettiva in favore di quella aziendale.

L’originario piano di Fabbrica Italia aveva già perso pezzi con la collocazione in Serbia della produzione del monovolume L-o e con la definitiva assegnazione agli impianti americani e canadesi della produzione del Gruppo al di sopra della piattaforma C wide.

Se la situazione non si sbloccherà corriamo il serio rischio che nei prossimi quattro anni l’Italia cessi di produrre automobili e che la “Fabbrica Italiana Automobili Torino”, ormai completamente integrata con Chrysler, sposti il suo cuore negli Stati Uniti, in Brasile o dove la centratura dei mercati mondiali lo richieda.

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