Fusione tra Fca e Psa: ecco quali sarebbero i vantaggi reciproci

Francesco Giorgi
30 Ottobre 2019
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FCA - PSA

La notizia di un “matrimonio” tra i due big player torna a far parlare di sé attraverso due comunicati ufficiali: nascerà un “super Gruppo” mondiale?

Fca e Psa finalmente insieme? Certo, certissimo; anzi, probabile: staremo a vedere. Al momento, dai due “big player” arrivano altrettanti comunicati che indicano una volontà congiunta di dar vita ad una delle principali holding al mondo relativamente al comparto automotive. In poche parole: dopo il naufragio delle “proposte di matrimonio” tra Fiat-Chrysler Automobiles e Renault-Nissan-Mitsubishi che hanno lungamente fatto parlare di se nei mesi scorsi, adesso i due Gruppi tornano a rivolgersi reciprocamente lo sguardo. Sempre che non l’abbiano mai distolto (e tutto fa pensare che, in effetti, i vertici Fca e Psa non si siano mai voltati reciprocamente la schiena). Ma andiamo con ordine.

I due comunicati

La notizia di un possibile riavvicinamento fra l’”asse Torino-Detroit” e il colosso franco-tedesco (che, qualora arrivasse in porto, darebbe vita ad un gigante da 50 miliardi di dollari ed un monte-vendite da 8,7 milioni di veicoli complessivi) è di queste ore, e porta la firma dei “piani alti” dei due “big”.

  • Il comunicato Fca. “A seguito di recenti notizie in merito ad una possibile operazione strategica fra Groupe Psa ed il Gruppo Fca, Fiat-Chrysler Automobiles conferma che sono in corso discussioni intese a creare un Gruppo fra i leader mondiali della mobilità”.
  • La nota diffusa da Psa. “In linea con recenti notizie relative ad una possibile alleanza di business fra Psa Groupe ed Fca, Psa attesta l’esistenza di un confronto, finalizzato alla creazione di uno dei più grandi Gruppi automotive mondiali”.

I termini utilizzati sono, dunque, gli stessi, così come – e ciò assume una valenza ancora più importante – i traguardi che i due Gruppi individuano. Appunto, la nascita di una holding in grado di opporre una concreta concorrenza agli altri “big” (tedeschi, coreani, cinesi, giapponesi) e, magari, proprio a Renault-Nissan-Mitsubishi del mancato “matrimonio” con Fca.

Un nuovo “Autunno caldo”?

Prendiamo in prestito questa definizione – che, per inciso, segna i cinquant’anni dall’inizio delle rivendicazioni sindacali in Fiat che contrassegnarono la seconda metà del 1969 e si sarebbero protratte per l’intero decennio successivo – per ipotizzare, con tutte le differenze industriali, sociali e strategiche del caso, lo scenario che andrebbe a crearsi qualora Fca e Psa decidessero di spingere in maniera via via più marcata sull’idea di fusione che le note diramate nelle scorse ore sembrano preparare. E questo, ancora una volta, incontrerebbe la “vision” avanzata a suo tempo da Sergio Marchionne sull’importanza capitale di dar vita a grandi “Alliance” dalle strategie reciprocamente complementari.

I numeri di mercato

  • Psa. Il Gruppo che comprende Citroen, DS, Peugeot ed Opel-Vauxhall aveva chiuso il primo semestre 2019 con un monte-vendite di 1,9 milioni di unità, una quota di mercato europea cresciuta di 0,3 punti percentuali (17,4%) ed una contestuale crescita nei “major market” UE: +1,1% in Italia, +0,7% in Francia, +0,2% nel Regno Unito, +0,1% in Germania e +0,1% in Spagna. Ancor più nel dettaglio, e analizzando le performance dei singoli marchi che fanno capo a Psa Groupe, Citroen aveva concluso la prima parte del 2019 che celebra i cento anni dalla fondazione del “Double Chevron” con un aumento dello 0,3% della propria quota di mercato in Europa; DS è cresciuta del 2%, e se Peugeot nei primi sei mesi di quest’anno si è dimostrata sostanzialmente stabile, sotto i riflettori è stata altresì evidenziata la performance dei “neo-acquisti” Opel e Vauxhall, in costante crescita dall’autunno dello scorso anno e che hanno chiuso il primo semestre con un +0,7% di quota di mercato in Italia ed un +0,2% in Francia e Regno Unito.
  • Fca. Fiat-Chrysler Automobiles, dal canto suo, aveva archiviato il primo semestre 2019 con un totale di 1.157.000 veicoli venduti in tutto il mondo: cifra che ha corrisposto ad un calo globale dell’11% ma ad una decisa crescita dell’utile netto (+14%). Le vendite in Europa erano state 531.272 (-9,5% dai primi sei mesi 2018), con Fiat che aveva ceduto 0,4 punti percentuali di quota di mercato (dal 5% al 4,6%), la conferma dell’ottimo stato di forma per Jeep (quasi 89.400 unità vendute in Europa nel primo semestre di quest’anno ed un aumento dell’1,8%), il consueto “segno più” messo a segno da Lancia (marchio tuttavia da tempo commercializzato soltanto in Italia), ed un -42% fatto registrare, sempre riguardo all’Europa, da Alfa Romeo.

Complessivamente, e riavvolgendo il nastro allo scorso anno, nel 2018 sono stati circa 8,7 milioni gli autoveicoli venduti da Fca e Psa: un quantitativo che idealmente pone i due big player al quarto posto per vendite globali, dietro al Gruppo VAG (10,8 milioni) ed alla “big Alliance” Renault-Nissan-Mitsubishi che ha messo a segno un monte vendite analogo, ed a Toyota Group (10,6 milioni). E, occorre aggiungere, davanti a General Motors, che chiuse il 2018 con 8,4 milioni di veicoli venduti nel mondo.

Ci sono le basi per un nuovo gigante della mobilità?

I numeri di mercato, che volutamente abbiamo scelto di analizzare fermandoci al primo semestre 2019, lascerebbero intendere la possibilità effettiva di assistere alla creazione di un mega-Gruppo, che, a prescindere dai volumi di vendita, potrebbe dimostrarsi interessante dal punto di vista dell’ampiezza di diffusione delle Case auto che fanno capo tanto ad Fca quanto a Psa.

Occorre inoltre tenere conto del fatto che, tra Fca e Psa, esiste da lungo tempo una proficua partnership industriale, quella Sevel che in Abruzzo (e più precisamente ad Atessa) è attiva dal 1981 in forza dell’agreement siglato da Fiat Auto e Peugeot nel 1978: all’inizio di quest’anno, tra Fca e Psa la collaborazione era stata prolungata fino al 2023.

Ciò che potrebbe altresì suscitare attenzione è da leggere “fra le righe” dei due comunicati diffusi da Fca e Psa: vi si legge di un “Nuovo Gruppo leader mondiale della mobilità”, frase da cui è possibile immaginare volontà reciproca non soltanto in termini di sviluppo del settore auto, quanto in chiave di evoluzione dell’intero comparto. Compreso, quindi, il sempre più “centrale” settore dei servizi connessi alla mobilità, da tempo in primo piano fra le strategie di riposizionamento dei giganti dell’automobile e che, c’è da giurarci, andrà ad assumere un ruolo via via determinante nella messa in pratica dei programmi di ampliamento delle rispettive attività.

Obiettivi complementari

Dal punto di vista dei segmenti e dei mercati, inoltre, Fca e Psa andrebbero ad assumere quel ruolo reciprocamente integrativo alla base delle grandi alleanze. Ovvero: dove non arriva uno, arriva l’altro; e viceversa. Il Gruppo franco-tedesco annovera nel proprio portfolio DS, Citroen, Peugeot, Opel e Vauxhall, particolarmente significativi in Europa; dal canto suo, Fca possiede un’identità di mercato più complessa: Fiat è, da sempre, “forte” in Italia (allo stesso modo di Lancia, che attualmente produce la unica “segmento B” nazionale), presenta due “brand” di riferimento nel settore delle vetture sportive (Alfa Romeo e Maserati), e un marchio di capitale importanza in un’ottica globale, cioè Jeep che, peraltro, fedelmente all’attuale tendenza in costante crescita del comparto “Sport Utility”, mette a segno risultati in costante segno positivo. In nord America, per di più, Fca è una realtà da tempo consolidata, proprio in virtù delle vendite Jeep e del gradimento nei confronti di Ram, il “marchio pick-up” che contrassegna la presenza Fca nel settore dei veicoli “fuoristrada da lavoro” popolarissimo oltreoceano. Inoltre, l’eventuale fusione potrebbe portare nuova linfa a Fiat-Chrysler in materia di utilizzo di piattaforme modulari da destinare all’elettrificazione, che nell’attuale asset industriale Psa sono al contrario ben presenti, attraverso il pianale Cmp-Compact Modular Platform dedicato ai modelli di fascia “compact”, come Peugeot 208 ed Opel Corsa, adesso “replicato” nella configurazione e-Cmp dedicata a vetture 100% elettriche; e la piattaforma Emp2-Efficient Modular Platform che serve a costituire l’”ossatura” per modelli di dimensioni più grandi e per i SUV.

Occhi puntati sulla politica

Quando si ha a che fare con una realtà industriale francese, bisogna tuttavia sempre essere attenti alla politica: anche Psa è partecipata dal Governo transalpino (nella fattispecie, il 14,1% delle quote capitale). Per il “disco verde” al programma di fusione, bisognerà quindi attendere il parere del Governo francese. E in Cina c’è Dongfeng, alleato di Psa che aveva, insieme al partner francese, creato nel 1992 la joint venture Dongfeng Peugeot-Citroën Automobiles. I vertici Dongfeng, riporta in queste ore il Corriere della Sera, aveva recentemente valutato la possibilità di uscire dalle quote capitale Psa, il che comporterebbe una plusvalenza a bilancio in quanto avevano acquistato titoli Psa ad un prezzo di carico inferiore a quello attuale. Se Dongfeng dovesse decidere di incassare senza porre condizioni contrarie, la fusione potrebbe assumere un ulteriore elemento di fattibilità.

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