In pochi giorni, l’azienda di Palo Alto è stata al centro di una rocambolesca vicenda. Cosa succederà nei prossimi giorni?
Prima la scalata, poi il repentino calo. In ultimo, la possibilità di accedere a fondi pubblici per la realizzazione della Gigafactory, nei pressi di Berlino, sebbene a determinate condizioni. In diverse occasioni Tesla ha fatto parlare di sé per le proprie performance azionarie e per i progetti di espansione sui principali mercati (Europa compresa).
A Wall Street una settimana tra alti e bassi
La prima settimana di febbraio è stata decisamente animata per l’azienda di Palo Alto. Cifre alla mano, Tesla è stata al centro di un boost che ha portato il titolo ad aumentare quasi quattro volte nel giro di altrettanti mesi: 240 dollari il valore di un’azione Tesla nei primi giorni di ottobre 2019; oltre 920 dollari all’inizio di febbraio 2020. Il clamoroso primato di capitalizzazione Tesla a Wall Street ha tuttavia subito un duro colpo, mercoledì 5 febbraio, data nella quale la discesa ha raggiunto il -20%, fino a tradursi in un valore minimo di poco più di 704 dollari, cioè 119 dollari in meno rispetto al valore di apertura delle contrattazioni. Secondo numerose fonti, ad avere inciso sulla diminuzione di valore del titolo Tesla a Wall Street sarebbe stato il perdurare dell’epidemia di coronavirus, a causa del quale le consegne di Tesla Model 3 prodotte nella Gigafactory situata nei pressi di Shanghai avrebbero subito dei rallentamenti. Occorre osservare che alla fine di gennaio le autorità cinesi avevano comunque dato l’ordine di chiudere lo stabilimento, così come avvenuto per altre Case costruttrici. E gli stessi vertici Tesla avevano provveduto ad avvisare gli investitori in merito ad un possibile “delay” nella consegna delle vetture.
Un primo avvio di produzione a Shanghai
Nella mattinata di lunedì il Web ha iniziato a “battere” la notizia secondo cui la Gigafactory cinese avrebbe ripreso la produzione dopo oltre dieci giorni di stop forzato a cause del coronavirus. A lanciare la news, l’edizione online del quotidiano economico giapponese Asahi Shimbun, nella quale è stata riportata la dichiarazione di un funzionario delle agenzie economiche governative cinesi, che durante una conferenza stampa tenutasi domenica 9 febbraio informava una riapertura di aziende e fabbriche in 30 province della Cina (ad eccezione di quella di Hubei). Fra le realtà che hanno nuovamente ripreso la propria attività, ci sarebbe appunto Tesla, sebbene in misura parziale almeno in questa prima fase. Asahi Shimbun riferisce, a questo proposito, che soltanto una quarantina dei 100 bus navetta solitamente utilizzati per il trasporto dei dipendenti nella gigafactory situata nell’area di Pudong Xinqu a Shanghai avrebbero raggiunto il sito produttivo Tesla. Si sarebbe trattato, secondo una fonte citata dal quotidiano giapponese, di dipendenti che non hanno avuto bisogno di essere sottoposti alla quarantena di 14 giorni decisa dal Governo cinese. Nelle stesse ore si attende la ripresa delle attività da parte di LG Chem, azienda che fornisce le batterie a Tesla.
Fondi pubblici dal Governo tedesco per la Gigafactory di Berlino?
Contestualmente (a Palo Alto sembra non si conosca il significato del termine “noia”), l’amministrazione federale tedesca ha avanzato un’apertura verso l’erogazione di fondi pubblici da destinare alla realizzazione della Gigafactory di Tesla nei dintorni di Berlino. Ad una condizione, ha spiegato il ministro dell’Economia Peter Altmaier in una dichiarazione raccolta dai taccuini della Welt am Sonntag: che, cioè, l’azienda californiana si assuma l’impegno di rispettare precise indicazioni. Una su tutte, la creazione di nuove attività di ricerca e sviluppo. Una condizione che il responsabile del dicastero federale dell’Economia richiede a tutte le realtà che in Germania intendano impiantare una propria attività con richiesta di aiuti dallo Stato; Tesla non rappresenterebbe quindi alcuna eccezione. Va d’altro canto osservato che il “big player” fondato da Elon Musk possiede, nel proprio “capitolato” relativo allo sbarco sul Vecchio Continente, una “voce” relativa all’avvio di un Centro di engineering e design, oltre all’assemblaggio “in loco” delle batterie secondo il programma europeo, recentemente approvato dalla Commissione Europea, finalizzato all’avvio di una sorta di “Airbus delle batterie”.