I film di auto e moto da guardare in quarantena

Redazione Motori.it
24 Marzo 2020
Steve McQueen Le Mans

“Costretti” (ma è bene che sia così!) a rimanere a casa per l’emergenza Coronavirus, rispolveriamo alcuni dei più celebri film a tema motoristico.

Ovviamente, l’augurio è che l’emergenza coronavirus abbia termine quanto prima. Nel frattempo, è essenziale mantenere alta l’attenzione nei confronti della pandemia, e mettere in atto tutte le misure dettate dal Governo per non rischiare di rimanere contagiati e, analogamente e soprattutto, non contagiare alcuno. Provvedimenti che peraltro, prima che dai decreti governativi, devono nascere dal buon senso personale. Dunque: prima di tutto, è opportuno restare a casa propria e muoversi soltanto se strettamente indispensabile (e, sempre, muniti di autodichiarazione da tenere sempre con sé).

Per meglio “sopportare” il tempo da trascorrere fra le mura domestiche nei momenti liberi dallo smart working, una buona idea potrebbe essere quella di guardare (o rivedere) uno dei molti film che hanno le auto e le moto come protagoniste. L’elenco completo sarebbe lunghissimo (in centoventicinque anni di storia, il cinema ha sfornato decine di titoli, più e meno noti). Il nostro intento è, qui, di presentarvi una carrellata di pellicole fra le più celebri. Molte sono incentrate sul mondo del motorsport.

Film sulle auto

Ecco un elenco di titoli dedicati al mondo dell’auto:

La grande corsa (1965)

La nostra rassegna inizia con una pellicola che, se non fra le più “datate”, racconta un episodio realmente accaduto, e lontanissimo nel tempo. Addirittura agli albori del motorismo, all’epoca dei “Grand Tour” in auto e che venne organizzata come diretta risposta al leggendario raid Pechino-Parigi: la gara (oggi si direbbe “Maratona”) automobilistica fra New York e Parigi del 1908. Film nobilissimo (regia di Blake Ewards, sceneggiatura di Arthur Ross, musiche di Henry Mancini), narra  in maniera irresistibile le vicende di quel “Raid” di 112 anni fa, e nella fattispecie il duello fra Tony Curtis (“Il grande Leslie”), la giornalista – e suffragetta – Maggie DuBois (Nathalie Wood) e l’indimenticabile Professor Fate, alias Jack Lemmon, che “coadiuvato” dall’aiutante Carmelo (Peter Falk), nell’edizione italiana doppiato in un simpaticissimo accento siciliano, tenta in ogni modo – quasi sempre scorretto – di battere l’acerrimo rivale.

Grand Prix (1966)

Ovvero: quando il genere Kolossal incontra il mondo delle competizioni. La pellicola, diretta da John Frankenheimer, vinse tre premi Oscar nel 1967 (miglior montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro) e due nomination ai Golden Globe (miglior attore debuttante ad Antonio Sabàto, che nel film interpreta Nino Barlini, compagno di squadra di Jean-Pierre sarti alias Yves Montand; e migliore attrice debuttante a Jessica Walter). Girato durante la stagione agonistica 1966, è rimasto memorabile per le riprese “on board”, le sequenze di gara “dal vero” e le tecniche di ripresa (lo split-screen). Da segnalare il cammeo di alcuni piloti dell’epoca (da Phil Hill a Graham Hill, da Richie Ginther a Joakim Bonnier a Jack Brabham e al leggendario Juan Manuel Fangio).

Le 24 Ore di Le Mans (1970)

Un filmone che chi ama il motorsport non può non avere visto almeno una volta. La pellicola, girata a pochi giorni dal termine dell’edizione di quell’anno della maratona della Sarthe, è – al pari di “Grand Prix” – un kolossal nel suo genere: 7,5 milioni di dollari il budget, una trentina di vetture impiegate (e molte delle quali, compresa la Porsche 917 di Steve McQueen, “reduci” dalla gara); alcuni piloti professionisti ingaggiati, due dei quali – Derek Bell e David Piper – vennero coinvolti in altrettanti incidenti che si conclusero in maniera leggera per Bell (che riportò lievi ustioni) tuttavia ben più gravi per Piper, che in seguito all’uscita di strada con la 917 dovette in seguito subire l’amputazione della gamba destra sotto il ginocchio (menomazione che, tuttavia. Non gli impedì di proseguire una lunghissima carriera giunta fino ai giorni nostri con le auto storiche). E ancora: le polemiche fra il regista John Sturges e lo stesso Steve McQueen per divergenze sulla sceneggiatura. Motivi per incollarsi davanti al piccolo schermo ce ne sono. Non resta che sedersi in poltrona e… tornare indietro di mezzo secolo. In barba al tiepido successo che la pellicola ebbe all’epoca.

Indianapolis pista infernale (1969)

Se Steve McQueen incarna un modo di vivere l’automobilismo sportivo in una maniera “sacerdotale” (ovvero totale e “solitaria”), Paul Newman è l’incarnazione del divo-formato famiglia. Anche nel suo impegno sportivo, la squadra è – come il suo modo di intendere la vita privata – molto importante. Lo dimostra questa pellicola diretta da James Goldstone e incentrata sulla 500 Miglia di Indianapolis, nella quale la figura centrale è Frank Capua, che ambisce a trionfare sul catino più famoso del mondo. Come andrò a finire? Guardatelo e lo scoprirete.

The Italian Job (1969, 2003)

I fan della bellissima Charlize Theron ci perdoneranno, e non ce ne vogliano i milioni di appassionati della “nuova” Mini: sebbene molto simile nel soggetto (si tratta di fare un “colpo” sensazionale), il remake del 2003 non fa dimenticare che… il primo amore non si scorda mai. “Sotto”, quindi, con la pellicola diretta da Peter Collinson, con le vicende della organizzatissima banda di rapinatori inglesi – “guidati” da Michael Caine – che arriva a Torino per derubare il convoglio che trasporta i ricavi della Fiat. Da antologia la fuga, rimasta nella storia, a bordo delle tre Mini Cooper. E altrettanto celebre la sequenza iniziale, con Rossano Brazzi al volante di una Lamborghini Miura che, purtroppo, fa una brutta fine.

Formula 1 la febbre della velocità (1978)

Film-documentario, ruota intorno alla figura dell’attrice e showgirl Sydne Rome, che esplora il mondo della F1 della seconda metà degli anni 70 – siamo, dunque, in piena “rivoluzione” tecnologica (le vetture effetto suolo ed i motori turbo stanno facendo la propria comparsa) e di immagine (il sempre più “centrale” ruolo delle sponsorizzazioni) – incontrando ed intervistando alcuni dei piloti-simbolo dell’epoca, da Niki Lauda a James Hunt a Mario Andretti.

Formula 1: Drive to Survive (2019)

Serie TV-documentario realizzata da Netflix in collaborazione con la stessa F1, racconta il “dietro le quinte” della massima Formula, a partire dalla stagione 2018, incentrando il plot sulle vicende di piloti, tecnici, team manager e proprietari delle scuderie iscritte al campionato.

Fangio: una vita a 300 all’ora (1981)

Avete mai sentito la voce del cinque volte campione del mondo? Lo avete mai visto “al lavoro”, vale a dire impegnato al volante di una delle monoposto che contribuirono a costruirne l’eterna fama? Questo film documentario del 1981, scritto da Gualtiero Jacopetti e diretto da Hugh Hudson, servirà egregiamente allo scopo. Assoluto protagonista è, ovviamente, “El Chueco”, che si racconta nella propria ventennale carriera, dalle “Carreteras” argentine all’olimpo della F1.

Rush (2013)

È stato un “caso” cinematografico: realizzare un film basandosi su un dualismo sportivo (e, di riflesso, di vita). Nel caso specifico, il duello fra Niki Lauda e James Hunt che infiammò la stagione F1 1976. Per il pluripremiato Ron Howard che ne è stato anche produttore, l’episodio-chiave è l’incidente al Nurburgring 1976, che da una parte sembrerebbe “condannare” Lauda ed aprire all’inglese della McLaren le porte verso il titolo mondiale.

Bullitt (1968)

Intramontabile, e talmente “cult” da avere ispirato a Ford un allestimento speciale per la propria ultima generazione di Mustang. È “Bullitt”, pellicola girata da Peter Yates incentrato sul personaggio Frank Bullitt, tenente della Squadra Omicidi della polizia di san Francisco, interpretato da Steve McQueen. Leggendario l’inseguimento – ben dieci minuti – fra la Mustang GT390 Fastback di Bullitt e la Dodge Charger R/T dei sicari: un… duello fra “muscle car” rimasto nella storia.

Fuori in 60 secondi (2000)

Ford Mustang Shelby, Ferrari 275 GTB, 550 Maranello ed F355, Lamborghini Diablo, Jaguar XJ220, diverse Porsche e Chevrolet Corvette: sono soltanto alcune delle 50 supercar, fra auto d’epoca e moderne di grande prestigio, che Randall “Memphis” Raines (Nicholas Cage) ha l’incarico di rubare in 72 ore. La pellicola diretta da Dominic Sena, è il remake di un film del 1974, in cui la scena dell’inseguimento (ben 40 minuti) è la più lunga nella storia del cinema.

Le Mans 66-La grande sfida (2019)

L’ultimo “racing movie” (in ordine di tempo) è freschissimo di uscita nei cinema, e debutta proprio in questi giorni (marzo 2020) in formato DVD. La storia, incentrata sul rapporto di amicizia fra Carroll Shelby e Ken Miles, racconta la vittoria dello squadrone Ford su Ferrari alla 24 Ore di Le Mans del 1966, e l’ingente programma di sviluppo perseguito dai vertici di Dearborn per avere la meglio su Enzo Ferrari all’indomani del grande rifiuto del “Drake” all’acquisizione del “Cavallino” da parte dell'”Ovale Blu”.

Film sulle moto

In questa sezione, invece, riportiamo alcuni dei più famosi titoli dedicati alle “due ruote”:

Il Selvaggio (1953)

I “Rockers” al di qua dell’oceano devono molto alle figure di “Chino” e “Johnny” (alias Lee Marvin e Marlon Brando), i capibanda rivali di altrettanti gruppi “su due ruote”, ovvero i Ribelli Motociclisti ed i Beetles – le cui sfide in celluloide, peraltro ispirate a fatti realmente accaduti, furono all’origine di movimenti giovanili che tennero banco per diversi anni.

La grande fuga (1963)

Un “proto-enduro” ante litteram (sebbene già negli anni 20 e 30 il motociclismo fuoristrada fosse una specialità motociclistica sportiva) caratterizza il celeberrimo Kolossal diretto da John Sturges e che si avvale di un cast stellare: James Garner (che abbiamo già “incontrato” in “Grand Prix” di John Frankenheimer e, del resto, anch’egli appassionato di motorsport), Charles Bronson, James Coburn, Richard Attenborough, James Donald, Donald Pleasence (l’irresistibile “Dottore” dallo spiccato accento “Tetesko” del film “… Altrimenti di arrabbiamo!”, altra pellicola-culto per gli appassionati di auto e moto); e, ancora una volta, Steve McQueen che qui abbandona momentaneamente i panni di fanatico automobilista per indossare quelli, altrettanto amati, di motociclista. Riflettori puntati sulle sequenze di allenamento, e sul salto finale, di McQueen (qui però sostituito dalla controfigura Bud Ekins che tuttavia correva insieme al divo di Hollywood nelle competizioni Enduro) ai comandi della Triumph TR6 “truccata” da moto della Wehrmacht per… esigenze di fuga.

Easy Rider (1969)

Altro capolavoro assoluto, il film del diretto da Dennis Hopper e da lui interpretato (nel ruolo di Billy) insieme a Jack Nicholson (“Wyatt “Captain America”) è considerato, insieme a “Il Laureato” fra gli altri – tanto per rimanere in tema di fortunato abbinamento fra motori e cinema – una delle pellicole fondamentali della “New Hollywood”. In questo film, le moto usate dai due protagonisti impersonano gli ideali di controtendenza ed evasione che milioni di giovani dell’epoca (siamo alla fine degli anni 60, in piena “rivoluzione” giovanile e con le vicende della Guerra del Vietnam a tenere banco oltreoceano), se non potevano vivere in prima persona, almeno sognavano.

I diari della motocicletta (2004)

La Poderosa” è il soprannome dato dai due protagonisti della vicenda, realmente accaduta all’inizio degli anni 50, ovvero Alberto Granado (impersonato da Rodrigo de la Serna) ed Ernesto Guevara de la Serna, il futuro “Che” Guevara (qui interpretato da Gael Garcia Bernal). “La Poderosa” è la Norton 500 M18 del 1939 che accompagnò, dal 1952, il lungo viaggio di Guevara e Granado attraverso l’America Latina, dall’Argentina al Venezuela passando attraverso le Ande, il Cile, il Deserto di Atacama e l’Amazzonia: un caleidoscopio di paesaggi, popoli, stili di vita.

Indian-La grande sfida (2005)

Cosa può fare un quasi settantenne “ufficialmente” pensionato, in realtà talmente appassionato di moto da vivere il proprio rapporto con le “due ruote” in completa simbiosi, se non avere, come sogno a coronamento di tutta una vita, i primati di velocità nella celebre “Settimana dei record” che ogni anno si tiene a Bonneville? Ovvio: prepararsi e andare. In mezzo, però, c’è da attraversare mezzo mondo. Sì, perché la vicenda (umana, umanissima, oltre che sportiva) del leggendario Burt Munro nasce e si evolve nella lontanissima Nuova Zelanda, da dove il protagonista (Anthony Hopkins) di questo bel film diretto da Roger Donaldson parte alla volta del Lago Salato dello Utah. Come “cavalcatura”, una vetusta Indian Scout del 1920, da lui curata amorosamente per decenni. Anzi, praticamente ricostruita. Riuscirà nel suo intento? Se guardate il film, lo saprete!

Svalvolati on the Road (2007)

Il pretesto è piuttosto abusato: un gruppo di amici, in preda alla classica “crisi di mezza età”, decide di intraprendere un lungo viaggio “sulla strada” alla volta della California. John Travolta, Martin Lawrence, Tim Allen e William Macy sono i quattro protagonisti di questo film diretto da Walt Becker. Le moto utilizzate, quattro Harley-Davidson fornite direttamente dalla factory di Milwaukee, sono del tipo XL1200 C Sportster Custom, FXSTS Softail Springer, Black Softail Fatboy e Softail Screaming Eagle Fatboy. Con una curiosità: la “Black Softail” di “Doug”, impersonato da Tim Allen, è la più “customizzata” del gruppo in quanto l’attore, appassionato di meccanica, è intervenuto in prima persona nella realizzazione delle modifiche alla sua moto.

Domani, altrove (2014)

Questo film-documentario racconta il lunghissimo viaggio “on the road” di due biker, Lars e Daniel, protagonisti -insieme alle rispettive moto – di un tragitto che si snoda lungo tre anni: dall’America all’Europa, dall’Africa all’oriente, affrontato accettando di buon grado qualsiasi situazione, imprevisto, possibilità di lavoro per avere a disposizione il denaro sufficiente a proseguire, con l’intento di perseguire il bene più prezioso per l’essere umano, la libertà; e che permette loro di scoprire, immergendovisi, anche la faccia più nascosta dei Paesi e dei popoli: le guerre, le privazioni, la povertà.

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