Scuderie Formula 1 vincenti e non più in gara: quali sono

Redazione Motori.it
19 Aprile 2020
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F1 Zandvoort 1960

La ultrasettantennale storia della F1 racconta un grande numero di vittorie ottenute da team che non fanno più parte del “circus”.

Trends: Formula 1

Sono decine, le Scuderie che in settant’anni – e quasi 1.000 Gran Premi – hanno preso parte ad almeno una stagione di F1. Se, per dire, Ferrari, McLaren, Williams, Mercedes e Lotus sono i team che possono vantare il maggior numero di vittorie nei singoli GP ed il più elevato “carnet” di titoli mondiali, la storia della massima Formula racconta di molti, molti più Costruttori che – pur non più presenti in F1 – possono vantarsi di avere vinto almeno un Gran Premio.

Ed è interessante notare come, fra marchi ancora oggi di primo piano nel comparto automotive (su tutti: Bmw, Porsche, Maserati, Cooper, la stessa Lotus) alcuni appartengono ad un passato che si ammanta dei più dolci ricordi di epoche definitivamente tramontate.

Chi ha vinto e ora non è più in F1

Per riportare alla memoria i fasti del passato motoristico, ripercorriamo – in una carrellata che per forza di cose non può che essere sintetica – la storia dei team che in F1 hanno ottenuto almeno una vittoria e che non prendono più parte alla massima Formula. Eccoli in dettaglio.

  • Lotus

    Non c’è bisogno di alcuna presentazione per il team fondato dal vulcanico Colin Chapman (cui si devono molte delle innovazioni apportate alle sue monoposto) e che esordì nella massima Formula in occasione del GP di Monaco 1958: 7 Campionati Costruttori (1963, 1965, 1968, 1970, 1972, 1973, 1978) e 6 titoli iridati Piloti (1963 e 1965 con Jim Clark; 1968 con Graham Hill; 1970 con Jochen Rindt, unico titolo mondiale postumo nella storia della F1; 1972 con Emerson Fittipaldi; 1978 con Mario Andretti); 491 GP disputati, 79 vittorie (l’ultima, al GP USA 1987, con Ayrton Senna). Nel 2012 il ritorno, dopo 18 anni, come Lotus F1 Team: 77 GP disputati e due vittorie (GP Abu Dhabi 2012; GP di Australia 2013), entrambe ottenute da Kimi Raikkonen.

 

  • Brabham

    Il team fondato nel 1961 da Jack Brabham (inizialmente come MRD-Motor Racing Developments, soltanto in seguito denominato con il nome del “patron”) e Ron Tauranac è tuttora l’unico ad avere portato il fondatore al titolo mondiale: il “colpaccio” avvenne nel 1966, e fu replicato nel 1967 dal neozelandese Denis Hulme. La scuderia, venduta nel 1972 a Bernie Ecclestone (e in seguito animata dalle soluzioni tecniche rivoluzionarie da parte di Gordon Murray) ha, nella sua lunga carriera in F1 (dal 1962 al 1987 e dal 1989 al 1992), vinto due Mondiali Costruttori (1966 e 1967) e quattro Mondiali Piloti (1966 con Jack Brabham; 1967 con Denis Hulme; 1981 e 1983 con Nelson Piquet); 394 i GP disputati e 35 le vittorie ottenute (l’ultima, al GP di Francia del 1985, con lo stesso Piquet, che coincise con il primo successo in F1, dopo 28 anni, per Pirelli).

 

  • Benetton

    Dall’acquisizione del team Toleman-Hart (“quello” che nel 1984 portò alla ribalta internazionale Ayrton Senna) e la sua fusone con il team Spirit, nel 1986 debuttò la nuova scuderia con licenza italiana, sede operativa in Inghilterra. Fondatori: Davide Paolini e Peter Collins; la figura di Flavio Briatore sarebbe arrivata soltanto nel 1988, per evolversi nel ruolo di direttore commerciale, prima, e direttore esecutivo poi. Ceduta a Renault al termine della stagione 2001, Benetton Formula è stata fra le grandi protagoniste in F1 dal 1986 allo stesso 2001: il palmarès annovera 260 gare disputate, 27 vittorie, un Mondiale Costruttori (1995) e due Mondiali Piloti (1994 e 1995, entrambi con Michael Schumacher).

 

  • Tyrrell

    Chi non conosce la leggendaria P34, unica monoposto a sei ruote a schierarsi (ed a riuscire a vincere un GP) in settant’anni di F1? In realtà, sebbene da molte parti il nome “Tyrrell” sia invariabilmente legato alla celebre monoposto che spiccava, per la particolarissima soluzione del doppio avantreno, nel “lotto” delle vetture schierate nelle stagioni 1976 e 1977, l’epopea vincente di Ken Tyrrel nella massima Formula possedeva già molti trofei nella propria bacheca. L’esordio in F1, avvenuto nel 1968 come Scuderia che utilizzava telai Matra con motori Ford-Cosworth V8, venne presto coronato dal titolo Mondiale Costruttori e Piloti (1969, con la MS80 e Jackie Stewart). Nel 1971 ci fu l’esordio della “prima” Tyrrell: la 003, che – replicando in un certo senso il binomio vittorioso di qualche anno prima Lotus-Jim Clark – conquistò, con il pilota-simbolo Jackie Stewart, tanto la classifica Costruttori quanto il titolo Piloti. Successi che vennero replicati nel 1973. Nella lunga carriera agonistica in F1, il team di Ockham ha preso parte a 29 stagioni complete (dal 1970 al 1998), 430 Gran Premi e ne ha vinti 23.

 

  • Brm

    Le monoposto in “British Racing Green” (prima dell’avvento delle sponsorizzazioni) furono fra le poche, insieme a Ferrari, Maserati, Matra e Honda più Tecno, Repco e Weslake) a non avvalersi della “onnipresente” motorizzazione Ford Cosworth. Fondata all’alba degli anni 50 da Raymond Mays (ex E.R.A.) con l’intento di costituire un consorzio di aziende e imprese per la partecipazione in F1, la British Racing Motors è rimasta celebre fra gli appassionati per alcune soluzioni tecniche del tutto personali: la monoposto V16 del 1951-1953, tanto fragile quanto spettacolare; ed il motore H16 del 1966, pesante e in proporzione poco potente. Ciò nonostante, Brm rappresenta da sempre una delle scuderie più gloriose nella storia del motorsport. In 23 stagioni di presenza (nel 1951 e dal 1956 al 1977) la bacheca Brm ha collezionato 197 presenze in gara, 17 vittorie (l’ultima delle quali ottenuta da Jean-Pierre Beltoise a Monaco 1972), un titolo mondiale Costruttori (1962) ed un titolo Piloti (1968, con Graham Hill).

 

  • Cooper

    Ovvero: l’artigianalità che si rivela vittoriosa. Le minuscole monoposto a motore 500 (Norton o Jap) motociclistico, che nell’immediato dopoguerra segnarono di fatto, oltremanica, il “fischio d’inizio” della F3, furono alla base della lunghissima epopea sportiva di Charles Cooper e del figlio John: due nomi-simbolo nella storia del motorsport, ed ai quali vengono ancora oggi legati alcune delle innovazioni che hanno di fatto cambiato radicalmente l’evoluzione tecnologica nelle corse (il motore posteriore, l’estrema attenzione al telaio, all’assetto e ai pesi) ed alcuni dei nomi da leggenda nei settant’anni della massima Formula: da Jack Brabham (che con le leggerissime Cooper conquistò i suoi primi due titoli mondiali: 1959 e 1960), a Bruce McLaren (alfiere Cooper per diverse stagioni, prima di fondare il proprio Racing Team, e per lungo tempo rimasto come più giovane vincitore di un GP, segnatamente il GP di Sebring 1959), a Jo Siffert, Vic Elford, Ludovico Scarfiotti e Jochen Rindt, che corse per i colori del team di Surbiton prima di approdare in Lotus. Nelle stagioni 1966, 1967 e 1968, le monoposto Cooper utilizzarono anche motori Maserati (i “vecchi” V12 progettati un decennio prima da Giulio Alfieri).

 

  • Ligier

    Da non confondere con la piccola Casa costruttrice, sebbene entrambe facciano capo al medesimo “patron”, ovvero Guy Ligier: Ligier Automobiles, fondata nel 1969 per la produzione in piccola serie di vetture dall’impostazione marcatamente sportiva (e attiva ancora oggi per le celebri minicar); ed Équipe Ligier, che debuttò nella massima Formula nel 1976 ed ha preso parte, complessivamente, a 21 stagioni complete (fino al 1996, con la cessione a Flavio Briatore ed il successivo “trasferimento” ad Alain prost che la rinominò Prost Grand Prix). Jacques Laffite, Patrick Depailler, Didier Pironi, Eddie Cheever, Andrea De Cesaris, René Arnoux, Piercarlo Ghinzani, Nicola Larini, Thierry Boutsen e Olivier Panis fra i principali “driver” che portarono le monoposto “Bleu” in gara. In totale, Ligier ha preso parte a 326 GP ed ha ottenuto 9 vittorie (dal GP di Svezia 1977 con Jacques Laffite, primo successo per una vettura tutta francese, per Costruttore, telaio e motore; al GP di Monaco 1996 con Olivier Panis).

 

  • Maserati

    La storia delle corse automobilistiche italiane: eterna “rivale” di Ferrari, la marca del “Tridente” ha preso parte, in forma ufficiale, alle prime undici edizioni del Mondiale F1: dal 1950 al 1960. L’elenco dei piloti che portarono in gara le monoposto modenesi è da leggenda: Felice Bonett, Jean Behra, José Froilàn Gonzales, Harry Schell, Joakim Bonnier, Louis Rosier, Onofre Marimòn, soltanto per citarne alcuni; a questi, si aggiungano Stirling Moss, Luigi Musso e Juan Manuel Fangio. In un decennio, Maserati ha ottenuto, in 70 partecipazioni ufficiali, 9 vittorie e due titoli mondiali Piloti (la classifica Costruttori venne istituita nel 1958), entrambi conquistati da Fangio (1954, dividendosi con Mercedes; e 1957, al volante della leggendaria 250F).

 

  • Matra

    Un’azienda capace di sviluppare le più avanzate tecnologie applicate a diversi campi: dall’aeronautica agli armamenti, dalle telecomunicazioni all’ingegneria aerospaziale, fino ai trasporti. Mécanique Aviation TRAction, fondata nel 1941 a Romorantin e chiusa nel 2003, è stata un gigante industriale. Esiste ancora oggi: in seguito alla fusione con Aérospatiale, avvenuta nel 1999, è conosciuta come EADS. In un decennio di partecipazione attiva alle competizioni, Matra ha preso parte alle categorie Prototipi e Mondiale Marche (2 titoli mondiali, 3 successi alla 24 Ore di Le Mans, 2 vittorie al Tour de France), F3, F2 e F1. Nella massima Formula, Matra ottenne il titolo Mondiale Costruttori (Matra-Ford) e Piloti (Jackie Stewart) nel 1969. Il ritiro dalla F1 avvenne alla fine della stagione 1972.

 

  • Vanwall

    Una “meteora vincente” in F1 fu la factory inglese fondata da Tony Vandervell, già partner tecnico Ferrari nella fornitura delle celebri bronzine sottili all’indio, e fra i principali sostenitori del progetto Brm. In pochi anni di partecipazione nella massima Formula (dal 1954 al 1958), e avvalendosi della collaborazione di Colin Chapman per il telaio, e di Stirling Moss, Peter Collins, Harry Schell, Maurice Trintignant, Tony Brooks e Stuart Lewis-Evans, Vanwall ottenne 9 vittorie e un titolo mondiale Costruttori (1958, anno di debutto di questa classifica).

 

  • Brawn

    Ha ballato una sola estate, ed ha ottenuto ciò cui era possibile ambire: titolo mondiale Costruttori e Piloti. “Veni, vidi, vici”: la stagione F1 2009 venne contrassegnata dalla doppia corona iridata per le bianche monoposto della nuova Scuderia fondata – sulle ceneri di Honda Racing F1 Team – dall’ex team manager Ferrari Ross Brawn e da lui diretta insieme a Nick Fry. Complessivamente, Brawn GP ha preso parte a 17 gare (tutti gli appuntamenti della stagione 2019), con Jenson Button (6 vittorie) e Rubens Barrichello (due vittorie). Al termine della cavalcata vincente, la maggioranza delle quote Brawn GP venne acquisita da Mercedes.

 

  • Jordan

    Come molti altri costruttori, anche l’irlandese ed ex pilota Eddie Jordan si fece le ossa nelle categorie cadette, prima di fare il grande salto nella massima Formula. L’esordio in F1 avvenne nel 1990, dopo avere conquistato il titolo in F3000 l’anno precedente con Jean Alesi. Celebre, nella storia delle competizioni, l’ingaggio “al volo” di Michael Schumacher, “girato” al team inglese dopo l’arresto, prima del GP del Belgio 1991 in sostituzione di Bertrand Gachot. In quindici stagioni complete, il team Jordan Grand Prix prese il via a 250 gare, vincendone quattro.

 

  • Honda

    Marchio fra i più vincenti nelle moto, il “colosso” fondato nel 1948 da Soichiro Honda ha tuttavia raccolto, nelle competizioni automobilistiche a ruote scoperte, più allori come motorista che come Costruttore: 6 titoli Mondiali Costruttori (più il secondo posto ottenuto dalla BAR nel 2004) e 5 titoli Piloti parlano chiaro. In qualità di “team autonomo”, invece, i successi furono inferiori: cinque stagioni complete dal 1964 al 1968, e dal 2006 a tutto il 2008, hanno fruttato alle monoposto giapponesi tre vittorie in 88 GP.

 

  • March

    Obiettivo: costruire auto da corsa, per tutte le categorie principali delle gare in circuito (F3, F2, F1; Sport-prototipi e Can-Am) e venderle anche alle scuderie private per autofinanziarsi. Una politica non inedita in senso assoluto (Brabham e Cooper, soltanto per citare i “brand” più importanti, l’avevano già attuata) che tuttavia ha permesso alla factory di Bicester – fondata nel 1969 da Max Mosley, Alan Rees, Graham Coaker e Robin Herd – di ricoprire un ruolo di primo piano per oltre un decennio nel motorsport. In particolare, l’esordio in F1 avvenne pressoché successivamente alla sua fondazione: nel 1970, stagione che venne contrassegnata da una vittoria (Jackie Stewart al GP di Spagna). Complessivamente, March ha preso parte a quattordici stagioni in F1 (dal 1970 al 1977, dal 1981 al 1982, dal 1987 al 1989 e nel 1992), 197 Gran Premi e ne ha vinti 3.

 

  • Wolf

    “Galeotti” furono Gian paolo Dallara e Frank Williams: l’ingegnere parmense mise in contatto, a metà anni 70, il miliardario austro-canadese Walter Wolf con il team manager inglese, il quale cedette il 60% di Frank Willians Racing cars allo stesso Wolf (già detentore del 51% delle quote capitale Lamborghini). L’ingresso in F1 avvenne con l’utilizzo delle monoposto Hesketh 308C ed il materiale del Team Embassy Hill. Dopo un 1976 disputato con le vetture Wolf-Williams FW05, nel 1977 il team si schierò con vetture costruite “in proprio” (Wolf WR1). Autentico outsider, si dimostrò vincente fin da subito, ottenendo tre successi (GP Argentina, GP di Monaco, GP del Canada), tutti con Jody Scheckter, una pole position (GP di Germania) e due giri più veloci (Monaco e Giappone). L’avventura del Team Wolf in F1 ebbe termine alla fine del 1979.

 

  • Bmw Sauber

    Il team fondato da Peter Sauber venne, a fine 2005, rilevato da Bmw: per la stagione 2006, le monoposto svizzere vennero schierate con la livrea bianco-blu del colosso di Monaco di Baviera, e in Campionato con il nome Bmw Sauber F1 Team. Dopo un 2006 “di rodaggio” (piloti Nick Hwidfeld, Robert Kubica, Jacques Villeneuve), nel 2007 (piloti Nick Heidfeld, Robert Kubica e, per il GP USA, Sebastian Vettel) il team Bmw Sauber terminò al terzo posto nella classifica Costruttori, ma venne classificata in seconda posizione in seguito alla squalifica McLaren per la celebre “Spy-story”. Unica vittoria: GP del Canada 2008, con Robert Kubica.

 

  • Eagle

    Fondato da Dan Gurney, una delle leggende del motorsport “al di qua” e “al di là” dell’oceano, e tanto nelle competizioni a ruote scoperte quanto nelle categorie a ruote coperte, il team Anglo-American Racers, “filiale” europea dell’americana All American Racers, fu negli anni 60 l’unica Scuderia statunitense a prendere parte attiva al Mondiale di F1. Tre stagioni complete, dal 1966 al 1968, per le monoposto “in blu” motorizzate V12 Weslake, che vennero schierate in 25 gare e ne vinsero una (GP del Belgio, con lo stesso Dan Gurney).

 

  • Hesketh

    L’avventura sportiva di Alexander Hesketh, eccentrico Lord inglese dalla smisurata passione per il motorsport e la “bella vita”, per lunghi anni conosciiuta e ricordata dagli enthusiast, tornò in auge nel 2013 grazie al film “Rush” in cui si raccontava la storia della leggendaria stagione di F1 1976. Campione del mondo, quell’anno, fu James Hunt: il biondo alfiere McLaren si era fatto le ossa, negli anni precedenti, al volante delle monoposto Hesketh, progettate da Harvey Postlethwaite. Le vetture dalla livrea tutta bianca, inizialmente senza sponsor (ad accollarsi le spese di gestione, attingendo al pur vasto patrimonio di famiglia, lo stesso Lord Hesketh), debuttarono nella massima Formula nel 1974, passando dalla F3 e quindi saltando a pié pari la F2. Vetture piuttosto competitive, le bianche Hesketh diedero a James Hunt la vittoria al GP d’Olanda 1975. Necessità di sforzi finanziari sempre maggiori decretarono il progressivo declino della squadra, che scomparì all’inizio della stagione 1978.

 

  • Penske

    La Scuderia di Mooresville (North Carolina) fondata nel 1965 da Roger Penske e fra i “big” nelle competizioni di oltreoceano debuttò in F1 nel 1974 con il pilota ufficiale Mark Donohue, il quale ebbe un incidente fatale durante le prove del GP d’Austria 1975, e venne sostituito dal nordirlandese John Watson, Fu quest’ultimo a riportare l’unica vittoria Penske in F1: ciò avvenne proprio al GP d’Austria, nel 1976. Dopo avere collaborato (1979) con il messicano Héctor Rebaque per lo sviluppo di una monoposto omonima, all’alba degli anni 80 il team Penske tornò definitivamente negli Stati Uniti.

 

  • Porsche

    Prima di essere una delle protagoniste nella F1 dell’epoca dei motori turbo (due mondiali costruttori – 1984 e 1985 – e tre titoli Piloti – 1984, 1985 e 1986 – con le McLaren motorizzate TAG Posrche), la “Cavallina” di Zuffenhausen aveva già marcato la propria presenza del “circus” iridato, sebbene molti anni prima: ciò era avvenuto dal 1957 al 1964. Complessivamente, le Porsche F1 presero parte a 31 Gran Premi, vincendone uno (GP di Francia 1962, disputatosi a Rouen, e con la Porsche 804 condotta da Dan Gurneuy) e riportando, come migliore risultato nella classifica Costruttori, un terzo posto nel 1961.

 

  • Shadow

    Otto stagioni in F1 per il team anglo-americano fondato nel 1971 dall’ex agente della Cia Don Nichols e che, prima di esordire nella massima Formula (1973) aveva maturato una discreta esperienza nella Can-Am. In totale, fino al 1980 il team Shadow prese parte a 104 Gran Premi, vincendone uno (la Race of Champions di Brands Hatch 1975, sebbene fuori campionato).

 

  • Stewart

    Il team Stewart Grand Prix, fondato nel 1988 da Paul Stewart come Paul Stewart Racing, debuttò in F1 nel 1997 (GP d’Australia), affidando le proprie monoposto “Old English White” con la leggendaria decorazione in “Tartan Stewart” a Rubens Barrichello e Jan Magnussen, quest’ultimo sostituito nel 1998 da Jos Verstappen. Per il 1999, con Johnny Herbert a fianco di Barrichello, arrivò l’unica vittoria della Scuderia di Milton Kaynes, in occasione del GP d’Europa disputatosi al Nurburgring.

Scuderie Formula 1 vincenti e non più in gara: la storia nelle immagini

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