In un lotto di capolavori dell’arte contemporanea che verranno messi all’incanto a New York il 28 ottobre spiccano le B.A.T. 5, 7 e 9. La stima d’asta è compresa fra 14 e 20 milioni di dollari.
Quanto “vale” un’opera d’arte? Le stime sono sempre complesse da determinare: ci sono da tenere in considerazione molteplici fattori, che vanno dal prestigio dell’autore all’unicità del manufatto, all’impatto emozionale che la sua realizzazione provoca sul pubblico. E questi, soltanto per citarne alcuni. Nel mondo dell’auto, si può aggiungere, ad esempio, la “nobiltà” del committente (leggi: la Casa costruttrice che ha donato il “materiale” per la creazione).
Hanno un valore immenso
Un esempio (l’ultimo, in ordine di tempo) viene anticipato a qualche giorno dall’evento: ed è una notizia di quelle che, per unicità dei modelli in questione e – come vedremo – per stima “monetaria”, fanno saltare sulla sedia. Si tratta del trio Alfa Romeo B.A.T. 5, B.A.T. 7 e B.A.T. 9, ovvero le tre “Berlina Aerodinamica Tecnica” disegnate fra il 1953 ed il 1955 da Franco Scaglione per la Carrozzeria Bertone, e ciascuna delle quali rimasta allo stadio di prototipo-laboratorio. Tre ne vennero allestite (una per ciascuna “serie”): e tre saranno messe all’asta. I super-facoltosi (ed i “semplici” curiosi: questi sono numericamente senz’altro più numerosi…) non avranno che da collegarsi, mercoledì 28 ottobre, con la Maison Sotheby’s Fine Art, che ha organizzato per quella data la “Contemporary Art Evening Sale”, una “seduta” di vendite all’asta di autentici capolavori dell’arte contemporanea: dipinti, sculture, oggetti di design. E automobili, appunto.
Da capogiro la stima d’asta assegnata dagli esperti di Sotheby’s alle tre Alfa Romeo B.A.T.: da 14 a 20 milioni di dollari, vale a dire una forbice che oscilla fra 11,87 e poco meno di 17 milioni di euro.
Fra i grandi nomi dell’arte contemporanea
Bansky, Andy Warhol, Lucio Fontana, Alexander Calder, Frank Stella, Mark Rothko, Donald Judd, Carlo Mollino, Ed Ruscha, Roy Lichtenstein: sono alcuni dei “big” che impreziosiscono il catalogo della “Contemporary Art Evening Sale”. A loro si aggiunge (giustamente) Franco Scaglione, nato a Firenze nel 1916 e scomparso nella propria casa di Suvereto (Livorno) nel 1993, dove si era ritirato all’alba degli anni 80 in seguito al fallimento dell’ambizioso progetto Intermeccanica, Casa costruttrice fondata a Torino nel 1959 dal canadese Frank Reisner e per la quale egli aveva progettato i modelli Apollo, Griffith, Torin, Imx, Murena 429 GT e Indra. Alla prolifica matita di Franco Scaglione (designer di spicco dell’atelier Bertone) si devono, oltre alle tre B.A.T. e ad un grande numero di esemplari unici realizzati (fra gli altri) per Abarth, Ferrari, Aston Martin, Fiat, Lancia, Jaguar, Nsu, Maserati, alcuni dei più notevoli esempi che costellano la stagione del grande Design italiano: la Fiat-Siata 208 GS (su base Fiat 8V) nelle versioni Coupé e Spider, Alfa Romeo Giulietta Sprint e Giulietta Sprint Speciale, Porsche-Abarth Carrera GTL, il prototipo di Lamborghini 350 GTV e la Alfa Romeo 33 Stradale da sempre considerata una delle opere più alte dello stile italiano.
Meccanica Alfa Romeo 1900 SS
In mezzo a tanti capolavori, ecco la “trinità” B.A.T. 5, B.A.T. 7 e B.A.T. 9, sviluppate in tre anni consecutivi (1953, 1954 e 1955) su meccanica Alfa Romeo 1900 Super Sprint (per inciso: la versione coupé, con carrozzeria in alluminio su telaio a scocca portante e sviluppata ed assemblata nella Carrozzeria Touring Superleggera, che ha rappresentato l’ulteriore stato dell’arte sul tema Alfa 1900 che nel 2020 celebra i 70 anni dalla presentazione e di cui il Riar-Registro Italiano Alfa Romeo International, rende omaggio nell’edizione 2020 di Auto e Moto d’Epoca a Padova).
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B.A.T. 5: fece scalpore al Salone di Torino 1953
La prima delle tre B.A.T., cioè la “5”, venne esposta al Salone di Torino 1953, suscitando grandissimo stupore fra il pubblico. Si era in piena “Jet Age”, e obiettivo di Bertone fu la ricerca della massima penetrazione aerodinamica: non a caso, con la meccanica di serie (nessuna elaborazione, dunque), in virtù di un coefficiente di forma (Cx) di appena 0,23, la vettura era potenzialmente in grado di raggiungere i 200 km/h di velocità massima senza alcuno sforzo.
B.A.T. 7: nel 1954 il Cx più basso mai ottenuto
Al prototipo-capostipite fece seguito, l’anno successivo, la Alfa Romeo B.A.T. 7 (Salone di Torino 1954), resa ancora più “estrema” nello studio aerodinamico in virtù di uno scudo anteriore ulteriormente rastremato, una maggiore carenatura all’altezza delle ruote e due “pinne” posteriori più voluminose. Con la B.A.T. 7, venne raggiunto il coefficiente di forma più basso: 0,19, valore da primato ancora oggi.
B.A.T. 9 1955: l’idea di poterne realizzare una piccola serie
Tempo dodici mesi, ed ecco la terza realizzazione: in questo caso, l’obiettivo si fece ancora più ambizioso, in quanto con la creazione della B.A.T. 9 si intese mettere in evidenza la possibilità di trovare uno sbocco di produzione alla linea evolutiva dei progetti Berlina Aerodinamica Tecnica”. Per questo, le forme si fecero più sobrie, sebbene sempre rivolte ad un’assoluta cura verso l’aerodinamica; e, in proiezione di una eventuale gamma produttiva, per la prima volta lo “scudo” Alfa Romeo, ed il relativo stemma del Biscione, fecero bella mostra di se.
Capostipiti del ritorno alla funzionalità del corpo vettura
L’eredità di design e tecnica data dalle tre Alfa Romeo B.A.T. è stata enorme: fece sì che gli uffici di progettazione delle Carrozzerie e delle Case costruttrici tornassero a dare la giusta importanza alle linee delle vetture in funzione aerodinamica e, dunque, all’ottimizzazione delle prestazioni. Un “discorso” che, sviluppatosi concretamente prima della Seconda Guerra mondiale, era stato giocoforza messo in archivio a causa delle vicende belliche.
Riunite a fine anni 80
Dalla ribalta internazionale di metà anni 50, per le tre B.A.T. venne un trentennio di relativo oblio. Soltanto verso la fine degli anni 80, un appassionato “connoisseur” californiano riuscì a riunirle nuovamente, restituendo agli enthusiast di tutto il mondo la gioia di sapere che le tre concept di Scaglione per Bertone erano ancora vive.
Una “Trinità” pluripremiata
Dal loro ritorno nelle cronache internazionali, è derivata una nuova esistenza che rende giusta fama all’unicità del progetto ed ai “giganti” che le hanno progettate e realizzate: il premio al Concorso d’Eleganza di Pebble Beach 1989, un nuovo riconoscimento nell’edizione 2005, l’esposizione in numerose mostre e retrospettive sul design e sull’arte contemporanea al di qua e al di là dell’oceano.