Un esemplare della “baby” di Oxford in versione zero emissioni è stato completamente riallestito dallo stilista londinese, in un progetto eco friendly.
Stile e personalità: due delle “voci” che più hanno contribuito (e continuano a farlo, anche in relazione all’evolversi delle tendenze, delle tecnologie e dei sistemi di alimentazione) a costruire l’immagine di Mini nel mondo, sono talmente integrate nell’immaginario collettivo da rendere superfluo qualsiasi riferimento agli atout “sociali” che da più di sessant’anni la dinastia di Oxford porta in dote. Non si contano le centinaia di serie speciali, elaborazioni e personalizzazioni realizzate in ogni angolo del Pianeta sulle storiche prime generazioni e sull’attuale erede, che dal canto suo è fresca neo-ventenne.
Inoltre, la nuova serie – di recente debutto sul mercato – si caratterizza per un epocale ampliamento di orizzonte: l’approdo alla completa elettrificazione, attraverso Mini Cooper SE, che con il suo arrivo su strada ha contribuito a scrivere un ulteriore capitolo nella corposissima storia delle “baby” di oltremanica.
Eco friendly
Proprio a Mini Cooper SE appartiene “Mini Strip”: nella fattispecie, l’ultimo esempio – in ordine di tempo – delle numerosissime serie speciali e dell’altrettanto corposo capitolo di esemplari unici sviluppati dal 1959 intorno all’”universo” Mini. Nel dettaglio, Mini Strip, svelata a Londra, è il risultato di un’idea sviluppata dallo stilista Paul Smith, uno degli esponenti di spicco della moda che, a Savile Row e dintorni, affonda le proprie radici nella “Swinging London” degli anni 60. Quell’atmosfera dove – ma guarda un po’! – mezzo secolo fa uno degli elementi-chiave era, appunto, l’allora già iconica Mini.
Per l’esemplare unico (perché di questo si tratta) Mini Strip, Paul Smith si è basato su una concettualizzazione di design sostenibile: pienamente in linea, dunque, con l’immagine “green” di Mini Cooper SE, e all’insegna di un fil rouge che integrava tre concetti principali: semplicità, trasparenza, sostenibilità.
Ecco i dettagli
Come il nome stesso suggerisce (“Strip”, appunto), l’esecuzione del progetto ha preso il via con il completo smontaggio della vettura, in modo da ridurla nella sua essenza strutturale. Da lì, il fashion designer londinese ha ridefinito, implementandoli ed assemblandoli, gli elementi ritenuti strettamente necessari per concretizzare ciò che voleva comunicare. Da qui, la scelta di lasciare la carrozzeria “al naturale”, vale a dire senza che vi fosse applicata alcuna verniciatura, eccezion fatta per uno strato di vernice trasparente per proteggere il corpo vettura dalla corrosione. In questo modo, i segni lasciati dalle fasi di produzione del veicolo sono stati lasciati “in bella mostra”; parallelamente, un processo di stampa 3D, ottenuto partendo da plastica riciclata, ha permesso la realizzazione delle modanature in nero.
Un riferimento al ciclismo
La passione di Paul Smith per le due ruote (in gioventù, e prima di aprire il proprio atelier, fu un buon ciclista dilettante) ha dato al designer l’ispirazione per il motivo delle viti “a vista” esterne: in questo modo, è possibile rendersi conto della potenziale rapidità e semplicità nello smontaggio dei componenti al termine del ciclo di vita del veicolo, e dunque il loro inserimento nella “catena” di riciclo.
Abitacolo: c’è l’essenziale
All’interno, l’atout volutamente “minimal” che contraddistingue il progetto Mini Strip by Paul Smith viene evidenziato da una radicale riduzione dei componenti: tutte le rifiniture sono state eliminate (ad eccezione del cruscotto, del “topper pad” e della cappelliera posteriore), in modo da conferire omogeneità fra l’ambiente-abitacolo e l’esterno della vettura. Il cruscotto, costituito da un’unica sezione semitrasparente provvista di finitura in vetro ad effetto fumé, trae in effetti ispirazione dal tradizionalissimo uso di elementi circolari tipico dello stile Mini, sebbene una notevole semplificazione derivi da un modo di interpretare i disegni notevolmente più “grafico”.
Lo smartphone controlla tutto
Al posto del grande strumento centrale, a “dominare la scena” c’è lo smartphone dell’utente, che si connette in automatico con la vettura e, per questo, assume un ruolo di controllo delle funzionalità multimediali di bordo. Gli unici comandi “fisici” di Mini Strip sono posizionati più in basso nella consolle centrale, dove trovano posto gli interruttori a levetta per gli alzacristalli elettrici e la funzione Start&Stop. Anche il volante è stato ridotto alle sue funzioni più essenziali: la corona è stata rivestita con un nastro da manubrio (anche qui, ripreso dal mondo delle bici), le tre razze sono in alluminio ed il loro fulcro si diparte dall’ammortizzatore dello sterzo a sua volta rivestito “a rete” per lasciare “a nudo” la vista dell’airbag.
“Riciclare” è la parola d’ordine
Il medesimo design a rete forma i pannelli porta, e contribuisce ad un interessante effetto di trasparenza che cambia a seconda dell’angolo di osservazione. Le maniglie interne sono state realizzate con l’impiego di una corda da arrampicata avvolta. Da segnalare l’utilizzo di sughero riciclato per la realizzazione del cuscinetto superiore della plancia, l’interno dei pannelli porta ed il ripiano portapacchi. Eliminata qualsiasi finizione in pelle ed in materiali cromati, la configurazione abitacolo si completa con l’adozione di sedili dal rivestimento anch’esso riciclabile.