Alle 4 di stamane, i risultati. Non è stato un plebiscito. Affluenza record. Adesso pensiamo al futuro. Che si chiamerà Panda
Alle 4 di stamane, i risultati. Non è stato un plebiscito. Affluenza record. Adesso pensiamo al futuro. Che si chiamerà Panda
Fatto il referendum, facciamo Pomigliano. Il “P Day” (P per Panda, P per Pomigliano d’Arco), il “giorno più lungo” tanto atteso, discusso e temuto, è arrivato. Un giorno e una notte di votazioni interne e di scrutini per arrivare al sì tra le forze sindacali dei 5.200 dipendenti dello stabilimento alle porte di Napoli al trasferimento di produzione della nuova Panda (la versione che uscirà nel 2011) da Tichy, in Polonia, a fronte di un investimento dal Lingotto per 700 milioni di euro e una marcata riorganizzazione del lavoro.
A qualcuno potrà andare bene il risultato, ad altri starà un po’ stretto. Di certo, il fronte del sì ha vinto ma non stravinto. Su 4.888 aventi diritto, hanno votato 4.642 lavoratori dello stabilimento Giambattista Vico. I pareri favorevoli sono stati 2.888, quelli contrari 1.673. Non si contano, ai fini del voto, 59 schede nulle e 22 bianche. In termini percentuali, i voti favorevoli al piano indicato dal Lingotto sono stati il 63%.
Adesso cosa succederà?
Facile immaginare che l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, avrebbe preferito un risultato plebiscitario per il sì. Tuttavia, l’aspetto positivo è che, fra Pomigliano e lo stabilimento distaccato di Nola, ha votato il 95% dei dipendenti: l’affluenza, dunque, è stata pressoché totale. Un buon segno, almeno, sulla coscienza politica dei lavoratori campani.[!BANNER]
E adesso? Il nocciolo della questione è: dopo questo risultato piuttosto equilibrato, quale sarà il futuro per Pomigliano d’Arco? Il 63% del sì (e non il… 100%) quanto potrà pesare sulle decisioni da parte dei “piani alti” della Fiat?
Marchionne, da settimane, indica che Pomigliano d’Arco deve riprendere competitività, e che il suo caso è unico (“Ma dove mai si sente che un’azienda si riprenda in patria la produzione già avviata all’estero?”). E lo farà attraverso una serie di punti di riorganizzazione del lavoro (che costituiscono la contesa fra Lingotto e la maggioranza delle forze sindacali, da una parte, e la Fiom dall’altra) in 18 turni settimanali suddivisi su sei giorni.
L’accordo, inoltre, prevede 80 ore di straordinari all’anno oltre alle 40 attuali (per un totale di 120 ore), la pausa mensa spostata a fine turno, un taglio di 10 minuti – monetizzato in 31 euro lordi a fine mese – alle pause sulle linee meccanizzate (da 40 a 30 minuti), il recupero produttivo delle “fermate tecniche” anche nelle cause di forza maggiore. Sarà contrastato l’assenteismo “anomalo”, per riportarlo a livelli di normale gestione.
Quanto ai permessi, la Fiat non pagherebbe la propria quota malattia ai dipendenti che si assentano in “anomale” occasioni: partite di calcio, scioperi con elevati certificati di malattia, elezioni con alta partecipazione come rappresentanti di lista (in questo caso i permessi sono accordati solo agli scrutatori).
C’è, poi, la proposta da parte della Fiat di elevare sanzioni ai sindacati e ai singoli dipendenti (“clausola di responsabilità”) in determinate occasioni, come nel caso di sciopero contro lo straordinario concordato.
La Fiom: “Il Lingotto apra una trattativa”
La Fiom, compatta per il no al piano Fiat indicato nelle ultime settimane da Sergio Marchionne, ha ribadito la propria posizione di dissenso. Tuttavia, un minimo spiraglio, da parte dei delegati, sembra aprirsi: “Possiamo anche dare il via a un negoziato – è il commento di Massimo Brancato, segretario della Fiom di Napoli – E’ necessario, però, che la Fiat accetti una mediazione nel rispetto della Costituzione, delle leggi dello Stato e del contratto nazionale”.
Dello stesso parere la Cgil Susanna Camusso, vice segretario nazionale: “Il risultato del referendum era facile da prevedere. A questo punto, chiediamo al Lingotto di dare il via all’investimento e di riaprire le trattative per un assetto condiviso da tutti”.
I prossimi giorni saranno cruciali. Ci si augura che la Fiat tenga fede alle promesse e investa subito i 700 milioni indicati.