La coupé di proprietà del collezionista svizzero Albert Spiess si è aggiudicata due dei premi al concorso d’eleganza che si è tenuto nella cornice del Lago di Como.
Non è questione di campanilismo, non è tanto per il fatto che (almeno per origine del marchio e fabbricazione dell’esemplare in sé) “giocava in casa”: il parterre dei concorrenti è di quelli di livello assoluto nel panorama mondiale degli eventi che definire “dedicati al motorismo storico” può apparire riduttivo. E, in questo senso, ancora più bello appare, agli occhi degli enthusiast sparsi nei cinque Continenti, il premio assegnato ad Alfa Romeo 33 al Concorso d’Eleganza Villa d’Este, kermesse di cultura e arte improntata al mondo delle auto e delle moto d’epoca di più grande prestigio, che si è svolto nello scorso weekend, come sempre all’interno della cornice del Lago di Como.
La manifestazione, patrocinata da Bmw Group, ha assegnato alla Alfa Romeo 33 Stradale del 1968 di proprietà del collezionista svizzero Albert Spiess (businessman fra i più conosciuti nel settore delle auto storiche: fra i “pezzi” più recenti da lui ordinati, la “one-off” Lamborghini L 5-95 Zagato, coupé allestita nel 2014 su base Gallardo) la Coppa d’Oro Villa d’Este, riconoscimento che viene accordato all’esemplare più votato per referendum pubblico. La 33 Stradale di Spiess è, come gli appassionati di “cose d’epoca” sanno, uno dei 18 esemplari all’epoca costruiti su disegno di Franco Scaglione ed equipaggiati con l’unità motrice 2 litri ad otto cilindri a V interamente in alluminio e magnesio, montato in posizione centrale, a sua volta progettato dal “papà” del Bialbero Alfa, Carlo Busso, e sviluppato da Carlo Chiti, fondatore e “gran capo” di Autodelta. Un trio di grandissimi nomi nella storia dell’auto, degnamente celebrati, ad esattamente mezzo secolo dalla delibera dell’esemplare portato in concorso, con l’aggiudicazione della Coppa d’Oro Villa d’Este. E, come si accennava, non è stata questione di “valore” della vettura in se, come relativamente ha contato il ridottissimo numero di unità costruite a fine anni 60, appena 18. Autentico capolavoro dell’uomo in grado di dare forma alle proprie idee attraverso una sapiente plasmazione della materia, la Alfa Romeo 33 Stradale – eterna “concorrente” di Lamborghini Miura e Ford GT40, soltanto per citare due delle supercoupé coeve di maggiore risonanza nella cultura degli appassionati – appartiene da sempre all’empireo delle “grandi auto”, quelle che per immagine, origini di progetto e immaginario collettivo giocano un ruolo di primo piano nella cultura storica e industriale di un’azienda. In questo caso, il tandem Alfa Romeo-Autodelta che ha scritto pagine fra le più memorabili nel motorsport, fra le quali lo sviluppo della stirpe “33” che, dal 1967, venne impiegata per un decennio nelle competizioni, fino alla conquista dei titoli mondiali (1975 e 1977) con le “evoluzioni” turbo.
Alla Alfa Romeo 33/2 di Albert Spiess è andato anche il Trofeo ASI per la vettura del dopoguerra meglio conservata. Ecco le altre premiate: “Best of Show” è la Ferrari 335 Sport Spider Scaglietti del 1958 dell’austriaco Andreas Mohringer; alla Lancia Astura III Serie Cabriolet Pininfarina del 1936 dello svizzero Anthony McLean il Trofeo FIVA per l’esemplare anteguerra meglio conservato; alla Cadillac V16 Roadster carrozzata Fleetwood del 1930, dello statunitense Fredesik Lax, il Trofeo Bmw Group Classic per l’esemplare dal restauro maggiormente emozionale; alla Rolls-Royce Phantom Brougham de Ville carrozzata Brewster & Co del 1929 (proprietà del francese Frédéric Leroux) il Trofeo Rolls-Royce per l’esemplare più elegante fra quelli a marchio R-R presenti; alla Ferrari 250 GTO degli statunitensi Ann e Chris Cox il Trofeo Vranken Pommery per la vettura più “iconica”; alla Bentley Mk VI Coupé Mulliner del 1949 del monegasco Fred Kriz il Trofeo Julius Bear per la vettura che porta in dote la più elevata cura artigianale della propria epoca; alla Lamborghini Miura P400 SV del 1971, portata a Villa d’Este dallo svizzero Andrej Friedman, il Trofeo Auto & Design per la vettura dallo studio di desin “most exciting”; alla Bentley 4 ½ Liter Dual Cowl Torpedo carrozzata Jarvis & Sons del 1928 (concorrente: Maurits van Son) il Trofeo dell’Automobile Club Como per la vettura giunta da più lontano sulle proprie ruote; al prototipo Lancia Stratos Zero del 1970 (la “mamma” delle Stratos, carrozzata Bertone e sviluppata nel 1970 su meccanica Lancia Fulvia 1600 HF) anch’essa di Albert Spiess il Trofeo Bmw Group Ragazzi; alla Ferrari SP38 il Design Award for Concept Cars & Prototypes; alla anziana SCAT 25/35 HP Landaulet del 1913 del collezionista italiano Corrado Lopresto il Trofeo FIVA Preserved Vehicle Award Partner of Unesco; alla McLaren MP4/2B del 1985 di Gerhard Berger la vittoria nella Classe H (“When Sex was Safe and Racing was Dangerous: Formula One!”) con menzione d’onore alla Maserati 250F del 1954 dello spagnolo Guillermo Fierro-Eléta; alla Bugatti Type 59 Grand Prix del 1934 del britannico Mark Newson il primo posto nella Classe A (“The Titans: Dirt, Dust and Danger”) con menzione d’onore alla Alfa Romeo 8C 2300 Monza Spider Zagato del 1933 di Jack Roderick; alla Ferrari 250 GT Berlinetta SWB del 1960 dello statunitense David McNeil la vittoria nella Classe D (“New World, New Ideas: the Story of the GT”) con menzione d’onore alla Ferrari 212 Export Cabriolet Vignale del 1951 di Peter Kalikov; alla SCAT 25/35 HP Landaulet del 1913 anche il primo posto nella Classe F (“80 Years of Automotive Archaeology”) con menzione d’onore alla Lamborghini Miura P400 SV di Andrej Friedman; alla Ferrari 335 Sport Spider Scaglietti del 1958 di Andreas Mohringer il primo premio in Classe E (“Speed meets Style: the Flowering of the Sports and the Racing Car”) con menzione d’onore alla Porsche Carrera GTS Coupé del 1964 del tedesco Klaus-Otto Räker; alla Lancia Astura III Serie Cabriolet Pininfarina anche il primo posto in Classe C (“Shaped by the Wind: Grandes Routières of the Art Deco Era”) con menzione d’onore alla Bugatti Type 57 Atalante Coupé del lussemburghese Albert Wetz; infine, alla Lancia Stratos Coupé del 1970 il primo posto in Classe G (“Hollywood in the Lake: Stars of the Silver Screen”) con menzione d’onore alla Aston Martin DB5 del 1964 di Harry Yaeggy.
Parlare di Villa d’Este non equivale a rivolgere lo sguardo esclusivamente sulla storia dell’automobile (e, in senso più ampio come avviene da diversi anni, anche delle moto): i riflettori dell’evento puntano altresì sull’immediato futuro, che a Villa d’Este 2018 era rappresentato, fra le altre, dalle concept Mazda Vision Coupé, dalla “iperbolica” Bmw M8 Concept – “erede” a sua volta del prototipo che aveva fatto bella mostra di se esattamente un anno fa – e da alcune realizzazioni esclusive. Da segnalare, a conferma di quanto anticipato nei giorni scorsi, la presenza della “one-off” Ferrari SP38, esemplare unico progettato dalla “matita” di Flavio Manzoni, e allestito in collaborazione con il Centro Stile Ferrari, su ordinazione di una cliente appassionata “ferrarista” nella vita di tutti i giorni così come in pista (prende parte alla serie Ferrari Challenge europea). La specialissima Ferrari SP38 Deborah (questo il nome conferito alla coupé di Maranello) reinterpreta la recente 488 caratterizzandone il personale appeal prendendo spunto da una delle supercoupé di Maranello più rappresentative di tutti i tempi, ovvero Ferrari F40; così come, per alcuni dettagli (il taglio del parabrezza, l’andamento della “coda”) la leggendaria Lancia Stratos che, seppure “torinese” di costruzione, aveva il cuore modenese (l’unità motrice Dino V6 da 2.418 cc).
Fra le novità di altissimo livello, e “ovviamente” programmate in un limitato numero di esemplari, a Villa d’Este 2018 è avvenuto il vernissage della “special” Rolls-Royce Dawn Inspired by Music, evoluzione della cabriolet di Goodwood che segue una filosofia di allestimento originata dal mondo della musica già curata per la precedente Rolls-Royce Wraith Inspired by Music: l’equipaggiamento prevede due esclusive tinte carrozzeria (Lyrical Copper o Andalusian White) e un iper-sofisticato impianto audio, realizzato su progetto degli artigiani del reparto Bespoke, che si accompagna ad una elevatissima precisione di studio dei rumori esterni e provenienti dal veicolo, in modo da consentire un perfetto silenzio e lo sviluppo dell’impianto HiFi dedicato.
Come avviene da alcuni anni, il Concorso d’Eleganza Villa d’Este è aperto alla partecipazione delle moto storiche. La filosofia di partecipazione è, sostanzialmente, la medesima scelta per le auto d’epoca: modelli particolarmente prestigiosi, o nel loro genere “importanti” per immagine, personalità e charme. Fra le “due ruote” che hanno animato Villa d’Este 2018, la Moto Major del 1948, motociclo dalla forma aerodinamica – dovuto alla carenatura integrale di ruote, telaio e motore – costruito dal tecnico torinese Salvatore Maiorca e presentata, all’epoca, alla Fiera di Milano sotto forma di prototipo: l’esemplare unico, oggi di proprietà del Museo motociclistico NSU di Neckarsulm, ha ottenuto il premio “Best in Show”; il sidecar Brough Superior SS80 del 1939 al primo posto nelle votazioni del pubblico; la “veterana” Indian Twin-Cylinder del 1907, oggi di proprietà del collezionista tedesco Frank Grahl, alla quale è andata la menzione d’onore della giuria internazionale; una rappresentanza di moto italiane da GP della classe 250 degli anni 50 e 60 (fra le quali la Moto Guzzi 250 bialbero dalla quale derivò la successiva 350 cc), da Benelli a Moto Morini, MV Agusta e Mondial; una carrellata di moto di fabbricazione tedesca degli anni 50, all’epoca decisamente innovative per soluzioni tecniche; e alcune interessanti concept di anni più recenti, compresa la Guzzi che in epoca successiva diede vita alla Breva, fino alla inedita Bmw 9cento, prototipo – ribattezzato “Adventure Sport” – che la Divisione motociclistica del Gruppo bavarese “di casa” a Villa d’Este ha presentato alla rassegna, quale prefigurazione di una futura gamma di modelli sportivi e da turismo veloce.