Il top manager aveva 94 anni: amato o discusso, mai “indifferente”, è stato uno dei grandi dirigenti dell’industria automobilistica.
Fu, esattamente trentacinque anni fa, il primo “grande salvatore” di Chrysler. E ancora prima, la “mente” che diede vita ad una gamma di modelli Ford divenuti immediatamente dei best-seller: Mustang e Fiesta soprattutto. Ma anche alla nascita di un modo realmente “moderno” di comunicare e pubblicizzare: campagne di promozione spettacolari (tutti gli appassionati ricordano la Mustang che una mattina degli anni 60 venne collocata, a sorpresa, sulla cima dell’Empire State Building), “metterci la propria faccia” nelle pubblicità in TV e nelle presentazioni di nuovi modelli.
Lee Iacocca, che in maniera riduttiva – ma strettamente professionale – viene ricordato come vicepresidente (e poi presidente) Ford, e successivamente “numero uno” di Chrysler, è scomparso la scorsa notte, nella propria abitazione estiva di Bel Air, all’età di 94 anni (ne avrebbe compiuti 95 il prossimo 15 ottobre) “per cause naturali”, come hanno confermato i funzionari della contea di Macomb (Michigan, dove egli risiedeva) e l’ex “delfino” e amico di lunga data Bob Lutz.
Lee Iacocca: la carriera in Ford, il salvataggio Chrysler
Lee (Lido Anthony) Iacocca, nato ad Allentown (Pennsylvania) il 15 ottobre 1924 da genitori italiani (Nicola Iacocca ed Antonietta Perrotta, entrambi originari di San Marco dei Cavoti, in provincia di Benevento) e laureatosi in Ingegneria industriale alla Lehigh University di Bethlehem (Pennsylvania) assume una connotazione da gigante nella storia industriale e culturale non soltanto degli Stati Uniti, ma del mondo intero. Entrato in Ford nel 1946, subito dopo la laurea, inizialmente nel reparto tecnico, chiese ed ottenne di essere trasferito alla Divisione commerciale. E fu la sua fortuna: fra i primi successi, si ricorda il progetto “56 For 56”: la vendita di una Ford modello 1956 ad, appunto, 56 dollari al mese. Nominato presidente della Divisione Autovetture Ford ad appena 40 anni (1964), Iacocca fu a capo del progetto Mustang, ma anche del rilancio del marchio luxury Mercury e, a metà anni 70, dell’idea Fiesta. Come molte persone dotate di grande carisma, Lee Iacocca non suscitava impressioni “da mezzi termini”; per dire: o era amato, o discusso: e, si disse nella seconda metà degli anni 70, potrebbe essere stato anche questo alla base delle sue incomprensioni con Henry Ford II, che nonostante l’Ovale Blu navigasse in ottime acque culminarono con il suo improvviso licenziamento.
Da qui la seconda importante fase della propria carriera professionale: l’ingresso (1979) in una Chrysler in fortissima crisi e la sua ricostruzione, complicatissima e che richiese la concessione di garanzie da parte del Governo federale, che si concluse nel 1984, con un primo risultato in attivo: il successo della rinnovata gamma Chrysler (compreso il minivan Voyager del 1983 che, anni prima, era stato “bocciato” da Henry Ford II) fu talmente “massiccio” da consentire al Gruppo Chrysler la restituzione del debito garantito dal Governo degli Stati Uniti ben sette anni prima della data inizialmente fissata.
Le doti del manager che ne fanno un personaggio pubblico
Tutto questo, per descrivere Lee Iacocca negli episodi principali della sua vita professionale. Tuttavia, il manager è stato molto di più. Ci sono infatti persone che riescono a travalicare i rispettivi settori lavorativi, giungendo ad assumere un’immagine “globale”. E quando chiunque (il classico “uomo della strada”) ne conosce almeno un fatto importante, allora sì il loro nome può davvero dirsi patrimonio collettivo. In Italia abbiamo avuto, ultimo esempio in ordine di tempo, Sergio Marchionne, che se n’è andato quasi un anno fa lasciando una importante ed ambiziosa eredità per Fiat-Chrysler Automobiles cui l’attuale top management attinge a piene mani per lo sviluppo del Gruppo nei prossimi quattro anni.
La figura di un massimo dirigente, tuttavia, non dev’essere soltanto strategie, numeri e bilanci. Ma iniziativa, curiosità, creatività, comunicativa, carattere, coraggio, convinzione, carisma, competenza, buon senso e capacità di non farsi travolgere dalle periodiche crisi, anzi utilizzarle per comprendere, sviluppare e migliorare. In una parola: cultura.
Questo è stato l’insegnamento che Marchionne ha lasciato al mondo. E, incidentalmente, questo è anche il messaggio che già trapelava, una decina di anni fa, nel libro-intervista di Lee Iacocca “Where have all the leaders gone?” (“Dove sono andati a finire i leader?”), purtroppo mai tradotto in italiano: una disamina sulle non facili condizioni della società statunitense nel Terzo millennio (all’indomani, dunque, dell’11 Settembre e subito prima la deflagrazione della crisi mondiale che tuttora fa sentire i suoi effetti): un lungo messaggio fatto di osservazioni, critiche, esperienze personali, su tutti la scomparsa della prima moglie avvenuta nel 1983, dunque mentre il clamoroso salvataggio da una Chrysler quasi in bancarotta alla fine degli anni 70, da lui fortemente voluto, era in pieno svolgimento: un ricordo doloroso (“La più triste esperienza della mia vita”, non fece fatica ad ammettere) che fu appena mitigato dall’avercela fatta nella coraggiosa operazione di riportare Chrysler in utile. E, dall’esperienza del lutto, il personale impegno a “fare qualcosa per gli altri”, e l’invito ad osservare il mondo per vedere se, al di là del proprio ruolo professionale, sia possibile occuparsi “di altro”. Da qui la Lee Iacocca Foundation, attiva nella ricerca sul diabete, il personale impegno nel restauro della Statua della Libertà. E, in Italia, il personale “placet” alla creazione della “Fondazione Lee Iacocca” a San Marco dei Cavoti, la cittadina del Fortore da dove quasi un secolo prima i genitori erano partiti per far fortuna oltreoceano.