Un appuntamento organizzato a Torino dall’associazione Euromobility per fare luce sulle problematiche legate alla mobilità urbana.
Un appuntamento organizzato a Torino dall’associazione Euromobility per fare luce sulle problematiche legate alla mobilità urbana.
La figura del Mobility Manager è presente anche in Italia ma per i più questo ruolo professionale resta ancora ignoto. Eppure il Mobility Manager è stato introdotto già nel 1998 dal Decreto “Mobilità sostenibile nelle aree urbane” che obbliga le imprese e gli enti pubblici con più di 300 dipendenti ad adottare un piano di spostamenti casa-lavoro del proprio personale.
Incominciamo quindi a capire di cosa si occupa questo professionista: si tratta di un responsabile della mobilità aziendale che riduca l’uso del mezzo privato individuale e migliori l’organizzazione degli orari per limitare la congestione del traffico. Da qui è nato il concetto del “mobility management”, che gestisce la domanda di mobilità attraverso lo sviluppo di strategie volte ad assicurare gli spostamenti delle persone e delle merci in modo efficiente e sostenibile. Attualmente in Italia son presenti 66 uffici di mobility manager d’area e operano 800 mobility manager aziendali.
C’é poi un’associazione a livello nazionale, la Euromobility, che dal 2000 è impegnata nella promozione e nello sviluppo delle mobility management presso le imprese private e gli enti pubblici. In Europa, invece, è attiva la rete EPOMM (European Platform on Mobility Management): organizzazione senza scopo di lucro che sostiene lo scambio di informazioni ed esperienze tra i Paesi del Vecchio Continente. L’Italia, attraverso il Ministero dell’Ambiente, ha ultimato le procedure di adesione e nei prossimi giorni ne sarà ufficialmente membro.
A conferma del sempre maggiore intreresse che il Mobility Management sta suscitando anche nel nostro paese, si è tenuta in questi giorni a Torino la Conferenza Nazionale Mobility Management e Mobilità Sostenibile organizzata a Torino dalla stessa Euromobility. Le discussioni che si sono tenute in questo interessante appuntamento (giunto all’11^ edizione) sono iniziate analizzando il tema delle frontiere della mobilità in Europa, con la crisi economica che ha generato una nuova alba per le attività del mobility management. Da qui il passaggio all’evoluzione dell’immagine delle diverse mobilità di trasporto e le conseguenti strategie attuate. Nonostante queste discussioni provochino una certa avversione alle automobili – inquinano, congestionano il traffico urbano, occupano suolo pubblico, non rispondono alle reali necessità di movimento individuale – non si può nascondere che questi mezzi di trasporto non si possano eliminare con la bacchetta magica. Né si può pretendere che le persone cambino le loro abitudini da un giorno all’altro. Però le auto devono cambiare. E stanno cambiando.
Dall’analisi di Roberto Rizzo si rileva che attualmente in Italia circolano 36 milioni di automobili: 59 ogni 100 abitanti. Il dato più alto d’Europa. Un’auto di medie dimensioni pesa dalle 15 alle 20 volte in più dei viaggiatori che trasporta e sfrutta per il movimento il 3% dell’energia chimica contenuta nel petrolio estratto. Viene usata per poco più di un’ora al giorno raggiungendo velocità medie (nei centri urbani) di appena 15 km/orari. Ragioni valide e più che sufficienti, secondo Rizzo, per iniziare a pensare seriamente alle auto ecologiche. L’auto elettrica consente l’utilizzo di fonti energetiche pulite. Quelle ibride rappresentano una realtà commerciale consolidata, così come quelle a GPL e metano. Iniziano a diffondersi quelle ibride plug-in e a breve arriveranno le ibride “range-extended plug-in”: sono elettriche in tutto e per tutto ma hanno anche piccoli motori termici che si attivano solo quando le batterie sono in fase di esaurimento. Per i veicoli a idrogeno ci vorranno diversi anni, sostiene ancora Rizzo, perché le celle a combustibile sono in fase di sviluppo.
Per concludere, un’altra idea in favore della mobilità sostenibile coinvolge l’urbanistica, quindi la progettazione delle aree urbane in maniera tale che l’utilizzo dell’automobile non sia più la regola ma l’eccezione.