Nel Gran premio di Shanghai la Red Bull e la Ferrari sbagliano strategie: la McLaren no e riporta alla vittoria il suo alfiere Hamilton.
Nel Gran premio di Shanghai la Red Bull e la Ferrari sbagliano strategie: la McLaren no e riporta alla vittoria il suo alfiere Hamilton.
Di tutte le novità tecniche introdotte quest’anno in F1, per rendere lo spettacolo più divertente, quella che sta incidendo di più è stato il cambiamento della marca di pneumatici, che hanno una gestione spesso imprevedibile, costringendo le squadre a tenere aperte strategie diverse, in funzione di diverse situazioni di gara.
Il fatto è che le Pirelli, costruite su indicazione della FIA, si consumano in fretta, ma soprattutto si consumano in maniera non progressiva, diversa in qualifica e in gara e da vettura a vettura. Per indovinare il loro comportamento occorre un muretto capace di valutare al millesimo ogni dettaglio, intuire l’imprevedibile, ma servono i suggerimenti dei piloti che devono essere capaci di interpretare al meglio le strategie, a volte di suggerirle.
La Red Bull, seconda con Sebastian Sebastian Vettel e terza con un grande Mark Webber, resta la macchina più veloce, ma in Cina si è visto che non è imbattibile. Chris Horner, o Adrian Newey, hanno sbagliato due volte: il sabato relegando Webber in nona fila a causa di una sciagurata scelta di gomme dure al posto di morbide in qualifica, domenica scegliendo una strategia per Vettel, due pit-stop invece dei tre scelti dalla McLaren. Vettel ha avuto anche una partenza infelice: “Non è stata tra le migliori lo ammetto” facendosi sfilare sia da Hamilton sia da Button, rischiando anche di finire dietro a Nico Rosberg.
Webber è stato fantastico a rimontare dalla 18esima alla terza posizione. La rimonta l’ha messa insieme con la grinta, ma anche sfruttando i treni di gomme morbide e nuove risparmiate nella eliminazione nel Q1. Chi questa volta non ha sbagliato niente, e la vittoria se la merita pienamente, è stato l’alfiere della McLaren, partito con la solita grinta, e con una strategia, quella delle tre soste, che si è dimostrata in questo caso quella vincente. Non vinceva dal Belgio 2010 Lewis Hamilton, che con questa vittoria, pesante, si mette in caccia del fuggitivo Vettel che ha “sverniciato” con un finale travolgente Button, più adatto a gare conservative, nonostante il quarto posto si è perso: prima letteralmente, entrando nel box sbagliato – quella della Red Bull, al momento del primo pit-stop, poi girando con un ritmo troppo blando.
Buona anche la prova di Nico Rosber ottimo in qualifica, brillantissimo in partenza, e poi abile insieme al team ad anticipare i tempi della prima sosta. Dalla Ferrari, da questa Ferrari non ci aspettavamo molto di più, anche se il responsabile Domenicali si è precipitato a spiegare che bisogna essere più veloci in qualifica… Parole sacrosante: ma come la mettiamo con un Webber partito 18° e poi sul podio? La verità è che questa Ferrari, lenta in qualifica, inefficace in gara, non riesce ad avere l’appoggio di una strategia giusta… Lascia sempre più sconcertati il fatto che a Maranello spieghino ora che i risultati ottenuti in galleria del vento non si sono confermati in pista. Ma non potendo effettuare prove in pista bisogna purtroppo affidarsi alle simulazioni.
Martin Whitmarsh, team principal McLaren, ha detto di aver capito che Hamilton avrebbe potuto vincere “quando abbiamo visto che Vettel avrebbe fatto due soste. Lì abbiamo intuito che alla Red Bull avevano sbagliato”. Oltre al cuore caldo nelle gare serve anche una mente fredda. Al di fuori delle posizioni di vertice, notiamo che la Renault è andata a punti, ma che a differenza delle prime due gare non ha mai dato l’impressione di poter lottare per il podio. Che il giapponese Kobayashi si è confermato grandissimo lottatore portando la Sauber al decimo posto, e che Paul Di Resta si avvia a diventare la miglior rivelazione dell’anno 2011.