“Come sarebbe stata la XJ13 se avesse davvero corso”? Ed ecco la magia, pronta a tramutarsi in 25 esemplari “street legal” che verranno costruiti a mano, per la gioia degli appassionati.
Una Jaguar XJ13 perfettamente idonea alla circolazione sulle strade di (si fa per dire) tutti i giorni? E possedere “La vettura che avrebbe potuto vincere a Le Mans, ma così non avvenne…”, “La più bella Jaguar di sempre”, soltanto per citare alcuni degli attestati di ammirazione che da quasi cinquant’anni si accumulano sulla meravigliosa biposto-sport di Coventry che testimoniò un sogno tramutatosi in un ammasso di rottami – prima – e poi riuscì a tornare, splendida come prima: adesso si può. O meglio, non proprio adesso: occorrerà attendere un po’.
E non per tutti, quanto per pochissimi facoltosi che potranno accaparrarsene una delle 25 unità che verranno costruite – interamente a mano, non ci sarebbe neanche bisogno di puntualizzarlo, considerato l’altissimo valore storico ed artigianale che la “creatura” porta in dote -, le quali andranno con tutta probabilità esaurite in pochissimo tempo, anche nonostante il prezzo di assoluto livello (voci di corridoio ne indicano importi che oscillano fra le 800.000 ed il milione di sterline).
Ecurie Ecosse LM69: nobilissime origini
Ecco, in estrema sintesi, ciò che emozionalmente rappresenta il substrato sul quale si eleva la filosofia progettuale di Ecurie Ecosse LM69, ovvero la “ri-creazione” della leggendaria Jaguar XJ13, autentica “Araba fenice” della storia dell’automobilismo sportivo: progettata a metà degli anni 60 in segreto (Sir William Lyons, fondatore e presidente di Jaguar, si era dichiarato contrario), con l’obiettivo di tornare in pianta stabile nelle competizioni di durata per riportare in auge il “Giaguaro” nel suo habitat più congeniale (il motorsport, appunto), ed entrando dalla porta principale, vale a dire con l’intento di sfidare “sul campo” Ferrari e Ford, mattatrici della scena “endurance” dell’epoca.
La V12 da 5 litri (4.994 cc con doppi alberi a camme in testa per ogni bancata ed alimentazione dapprima a carburatori, successivamente ad iniezione diretta Lucas), da 502 CV a 7.600 giri/min di potenza e cambio transaxle ZF a cinque rapporti, che fu la prima Jaguar a 12 cilindri e motore centrale della storia, in realtà non corse mai. Il cambio di regolamento che dal 1968 avrebbe limitato la cilindrata delle vetture Sport prototipo a 3 litri (unitamente ad un notevole taglio al budget per le competizioni, deciso da Bmc, il Gruppo verso il quale nel frattempo Jaguar era confluita) tagliò di fatto le gambe al progetto. Nel 1971, dunque dopo quasi cinque anni di inutilizzo, la “vecchia” XJ13 venne impiegata in una serie di filmati pubblicitari per il “lancio” di Jaguar E-Type V12 (unità motrice derivata direttamente da quello che equipaggiava il prototipo), tuttavia venne seriamente danneggiata a causa della rottura di una ruota, mentre al volante si trovava – incolpevole – il leggendario Norman Dewis (scomparso nelle scorse settimane a 98 anni), capoprogetto e collaudatore ufficiale di tutte le Jaguar prodotte dal 1952 al 1985.
Ricostruita nel 1973 con uno dei sei motori a suo tempo allestiti secondo le specifiche da competizione, l’unica Jaguar XJ13 esistente venne utilizzata per eventi promozionali e manifestazioni pubblicitarie, salvo subire successivamente la rottura del motore, che venne sostituito da quello originario che nel frattempo era stato riparato. La sorte non propriamente benigna sembrava accanirsi sulla nobilissima XJ13: un nuovo danneggiamento, nel 2004, ne rese necessario un accurato restauro, che riportò la vettura a condizioni quanto più vicine a quelle di origine.
Un’esistenza travagliata, dunque, per la meravigliosa Jaguar XJ13, oggi conservata al British Motor Museum di Gaydon. La “bella che non balla”, nel senso che non prese mai parte ad alcuna competizione, è tuttavia rimasta ben presente nell’immaginario collettivo degli enthusiast più puri quale stato dell’arte Jaguar nel racing engineering. Forse proprio per il fatto che non poté mai essere schierata in gara, è da molti appassionati venerata.
Con i se e i ma non si fa la storia. Ma si costruiscono automobili
A porre l’anello mancante sull’incompiuta vicenda storica di Jaguar XJ13 ci ha pensato in tempi recenti Ecurie Cars, factory fondata a Coventry da Neville Swales (già a capo di Building the Legend, struttura che ha provveduto alla costruzione di una Jaguar XJ13 “recreation” nel 2015 e di tre ulteriori esemplari, in tutto e per tutto corrispondenti alla Sport-prototipo dell’epoca) in collaborazione con lo studio di progettazioni automotive Design Q, e che insieme hanno sviluppato la XJ13 “come sarebbe stata se avesse partecipato a Le Mans 1968”. Il tutto, con il placet della altrettanto leggendaria Ecurie Ecosse, il sodalizio scozzese – ad oggi una delle scuderie private più famose al mondo: nel palmarès delle Jaguar in “Electric Blue Flag”, due vittorie a Le Mans: 1956 e 1957 – che, cinquant’anni fa, sarebbe stato a capo del ritorno di Jaguar nelle gare di durata.
La Ecurie Ecosse LM69 è, quindi, non soltanto una esatta ricostruzione di un’auto storica: rappresenta il coronamento di un progetto interrotto improvvisamente e, per le vicende che abbiamo ricordato, mai più ripreso. Non si può sapere se, nel 1968, la Jaguar XJ13 sarebbe effettivamente riuscita a vincere su Ferrari e Ford. Non si può saperlo, e forse è meglio così.
Tutto come allora, o meglio: come sarebbe stato allora
L’aspetto più interessante nella costruzione di Ecurie Ecosse LM69 è che la biposto, costruita in configurazione coupé anziché mantenerne il corpo vettura “aperto” come la “sorella e capostipite” Jaguar XJ13, è stata realizzata senza alcun riscontro d’archivio. Ipotizzandone la linea secondo i regolamenti in vigore a Le Mans alla fine degli anni 60, Ecurie Ecosse LM69 presenta il telaio monoscocca e la carrozzeria (quest’ultima nel classico Metallic Flag Blue) in alluminio realizzati secondo i regolamenti FIA del 1968.
Anche il motore è corrispondente alle specifiche originali: disponibile in due versioni, da 5 litri o da 7,3 litri e nella esatta configurazione V12, dispone – a scelta del cliente – di alimentazione a carburatori oppure ad iniezione meccanica (ma anche, per una maggiore fluidità di erogazione, con accensione elettronica ed iniezione programmata mediante centralina).
La potenza non è stata comunicata: vale, a questo proposito, ricordare che Jaguar XJ13 disponeva, in origine – di circa 500 CV: è quindi possibile attendersi una “cavalleria” analoga. Ulteriori dettagli verranno resi noti, nelle prossime settimane, in occasione del Concorso d’Eleganza di Hampton Court Palace, che si terrà a Londra dal 6 all’8 settembre, e nel quale la nuova Ecurie Ecosse LM69 reciterà un ruolo di primo piano. Norman Dewis non la vedrà, non ha fatto in tempo: il tecnico e capo-collaudatore Jaguar che ne curò lo sviluppo è mancato, lo scorso 8 giugno, all’età di 98 anni.