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Alfa Romeo G1 del 1921: l’ultimo esemplare andrà all’asta

Di Francesco Giorgi
Pubblicato il 25 ott 2017
Alfa Romeo G1 del 1921: l’ultimo esemplare andrà all’asta
La prima Alfa Romeo della storia fu inviata in Australia quasi un secolo fa. Autentica "Highlander" protagonista di una esistenza avventurosa, sarà la regina dell’asta RM Sotheby’s in programma a gennaio in Arizona.

C’è la più potente e la più veloce; la più costosa e la più “estrema”. Poche autovetture, in ogni caso, possiedono un pedigree storico simile. Soprattutto perché le sue orini si perdono… dall’altra parte del mondo. Un esemplare che sa di storia come pochi è la Alfa Romeo G1 del 1921 che, il prossimo gennaio, sarà messa all’asta, nel corso dell’evento RM Sotheby’s che si terrà in Arizona.

E l’anno di fabbricazione, ormai vicino al secolo, non venga letto come l’unico elemento di particolare rilievo: la G1 è “La” Alfa Romeo. In quanto primo modello ad essersi fregiato ufficialmente dell’attuale denominazione (prima di allora, le vetture prodotte al Portello avevano la sigla A.L.F.A., come “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”; il suffisso “Romeo”, dal nome dell’ingegnere, imprenditore e senatore napoletano Nicola Romeo, venne aggiunto subito dopo il termine della Prima Guerra mondiale).

Di più: la G1 del 1921 venne prodotta in appena 52 esemplari: 50 destinate alla vendita, e due prototipi pre-serie. Considerato il fatto che si tratta di una vettura costruita novantasei anni fa, e su quantitativi esigui anche per l’epoca, la sua rarità nel mondo del collezionismo è quindi facilmente comprensibile.

Come se non bastasse (ed ecco un ulteriore indizio che la dice lunga sul valore non soltanto economico ma anche storico della vettura), va tenuto conto che tutte le unità prodotte fra il 1921 e il 1922 non furono acquistate da facoltosi appassionati “di casa nostra”, e neanche europei. Ma nemmeno americani: presero tutti la via… degli antipodi, e trovarono nuova casa in Australia. Con quali costi di acquisto per i rispettivi proprietari, è facile immaginare. Ma ciò deriva dal fatto che, all’epoca, le vetture di alta classe (oggi si direbbe “top di gamma”, o più tradizionalmente “ammiraglie”) erano soggette, in Italia, ad una elevata pressione fiscale che si basava sulla cilindrata.

Nello specifico, la Alfa Romeo G1 – frutto di un progetto dell’altrettanto leggendario Giuseppe Merosi (il primo tecnico progettista in “casa” Alfa Romeo) che si era basato sulle più anziane 24HP e 40-60HP prodotte prima della “Grande Guerra” – venne equipaggiata con un’unità a sei cilindri in linea da 6.567 cc, per una potenza di 65 CV a 1.750 giri/min. In una fase successiva, il motore, rialesato e modificato nei pistoni in modo da offrire un maggiore rapporto di compressione, venne portato a 6.330 cc per una potenza di 70 CV e, su strada, una velocità massima di 120 km/h.

Sviluppata per un impiego agonistico, la Alfa Romeo G1 attesa all’asta RM Sotheby’s in Arizona il prossimo gennaio (con offerte senza riserva: “voci di corridoio” ne stimano il valore sul milione e mezzo di dollari) presenta il corpo vettura tipicamente alleggerito delle auto da corsa dell’epoca: niente parabrezza né parafanghi, due “baquets” per sedili e le ruote di scorta alle spalle di pilota e “meccanico”, inalbera orgogliosa un numero “11” che “odora di gare”.

Importata nuova in Australia nel 1921, la G1 numero di telaio 6018 fu in seguito ceduta (per 850 sterline dell’epoca) ad un appassionato del Queensland che, dopo poco tempo, dichiarò bancarotta e morì. La “nostra” Alfa Romeo rimase abbandonata in un angolo per oltre 25 anni, per poi essere preda delle “scorribande” giovanili di alcuni agricoltori della zona. Resa inutilizzabile su strada, fu poi impiegata come gruppo motore per una pompa idrica.

Il suo salvataggio data al 1964, ad opera di alcuni enthusiast di Alfa Romeo d’epoca (erano gli anni del primo “boom” delle auto storiche, e non era raro imbattersi in autentici ritrovamenti casuali). Sottoposta ad un lungo e totale restauro, che si protrasse per diverso tempo anche con la collaborazione di Luigi Fusi (la “mente storica” del Portello) venne provvidenzialmente completata grazie al ritrovamento di un secondo esemplare, nello stato di relitto, che funse da “donatore di organi”. Un secondo restauro, questa volta conservativo, venne effettuato nella seconda metà degli anni 90.

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