Dalla nomina ad amministratore delegato di un’azienda in condizioni delicate al ruolo di timoniere di una holding al settimo posto mondiale. Ora la continuità spetta a Mike Manley.
Sergio Marchionne, il top manager al centro dell’universo Fiat degli ultimi quattordici anni e protagonista dell’espansione globale dell’azienda attraverso la storica acquisizione di Chrysler e delle rispettive realtà da essa controllate, nonché dell’abbandono della sede legale dall’Italia per creare una FCA sempre meno nazionale e sempre più multinazionale, è spirato nelle scorse ore nella Clinica universitaria di Zurigo dove si trovava ricoverato dalla fine di giugno, giusto un paio di giorni dopo avere presenziato alla consegna di Jeep Renegade all’Arma dei Carabinieri. Un appuntamento al quale Marchionne, che a chi lo aveva visto in quell’occasione appariva già affaticato, non avrebbe mai rinunciato in quanto figlio di un sottufficiale dei Carabinieri. Tanto che la cerimonia, oggi, può essere ricordata come l’ultimo saluto del “numero uno” di FCA, il cui maglioncino – mai abbinato ad una cravatta se non nella promessa fatta agli azionisti, lo scorso 1 giugno, all’Investor Day ed alla presentazione del piano industriale FCA 2018-2022, in merito all’azzeramento del debito nella discussione delle performance relative al primo semestre che si tiene proprio in queste ore – rappresenta il simbolo visuale che ricorderà sempre il 66enne massimo dirigente Fiat-Chrysler.
Marchionne: 14 anni in FCA
Si è scelto volutamente l’utilizzo del vocabolo “amore” per sintetizzare al massimo il rapporto intercorso, dal 1 giugno 2004, data ufficiale della sua nomina ad amministratore delegato Fiat, a sabato scorso (23 luglio) fra Sergio Marchionne e l’universo dell’azienda torinese, che sotto di lui è successivamente confluita in FCA-Fiat Chrysler Automobiles ed oggi è la settima potenza automobilistica mondiale. La summa del Marchionne-pensiero, riguardo ad attaccamento al lavoro, consapevolezza nel fare e visioni strategiche, è stata del resto tratteggiata nelle parole della lettera che ogni dipendente FCA ha ricevuto al momento dell’ingresso in azienda: la lettera, firmata “Sergio Marchionne – Chief Executive Officer”, fa testuale riferimento a “Un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadano. Le fanno accadere. Non dimenticano i propri sogni nel cassetto, li tengono stretti in pugno. Si gettano nella mischia, assaporano il rischio, lasciano la propria impronta. È un mondo in cui ogni nuovo giorno e ogni nuova sfida regalano l’opportunità di creare un futuro migliore. Chi abita in quel luogo, non vive mai lo stesso giorno due volte, perché sa che è sempre possibile migliorare qualcosa”. “Le persone, là, sentono di appartenere a quel mondo eccezionale almeno quanto esso appartiene loro. Lo portano in vita con il loro lavoro, lo modellano con il loro talento. V’imprimono, in modo indelebile, i propri valori. Forse non sarò un mondo perfetto e di sicuro non è facile. Nessuno sta seduto in disparte e il ritmo può essere frenetico, perché questa gente è appassionata – intensamente appassionata – a quello che fa. Chi sceglie di abitare là è perché crede che assumersi delle responsabilità dia un significato più profondo al proprio lavoro e alla propria vita”.
Un allora 52enne Sergio Marchionne (gli anni li avrebbe compiuti pochi giorni dopo) venne nominato CEO di Fiat il 1 giugno 2004. Al suo insediamento, Marchionne si trovò alle prese con una situazione fra le più delicate mai attraversate dall’azienda torinese in 105 anni: basti, da solo, considerare che le azioni Fiat valevano, in quel momento, poco meno di 2,5 euro. La sua nomina fece immediatamente bene al titolo, che alla prima seduta chiuse con un promettente +4,6%. Nel 2005, nuova iniezione di fiducia con l’incasso, da parte di General Motors, di una somma nell’ordine di 2 miliardi di euro come conseguenza dell’annullamento di una opzione di vendita che era stata stipulata in anni precedenti. Già nel 2006, Marchionne confortò i mercati, con l’annuncio che presto Fiat sarebbe uscita dalla crisi.
La cronostoria di Marchionne in Fiat (poi FCA), ricostruita dal portale Web Money.it, ricorda poi il “lancio” di Fiat 500 (4 luglio 2007): la vettura, che nel 2008 sarebbe stata eletta Auto dell’Anno e nel 2009 avrebbe vinto ai World Car Design Awards, rappresenta il simbolo della rinascita Fiat in chiave globale. Proprio il 2009, che Sergio Marchionne avrebbe ricordato negli anni a venire come “Il più difficile di tutti”, era stato preceduto dal calo del titolo Fiat al di sotto di 2 euro; ben saldo al timone dell’azienda, il manager è, in questo periodo, autore dell’operazione manageriale che lo ha consegnato alla storia: l’acquisizione di Chrysler (a quell’epoca in procedura fallimentare) avviata a gennaio 2009 con un accordo preliminare relativo al 35% dei capitali del marchio americano. Il programma si è completato nel 2014, e da quel momento si inizia a parlare di Gruppo industriale FCA-Fiat Chrysler Automobiles. Sempre nel 2014, è da ricordare il contributo assicurato a Ferrari, con la nomina di Sergio Marchionne a presidente (ottobre 2014) ed amministratore delegato (giugno 2016), nonché con lo scorporo di Ferrari da FCA e l’ingresso del “Cavallino” in Borsa. Altro “colpaccio” messo a segno da Sergio Marchionne è la rinascita di Jeep: il marchio-simbolo dell’offroad Made in USA ha visto aumentare i propri volumi di vendite da circa 300.000 unità del 2009 a ben 2 milioni (stime 2018): ciò si deve anche al lavoro svolto da Mike Manley,neo-amministratore delegato FCA che debuttò in questa veste, per Jeep, nel 2009.
Dati alla mano, in quattordici anni di guida Fiat-FCA, Sergio Marchionne ha firmato altrettanti bilanci, che hanno portato al Gruppo un totale di 15 miliardi di utili e soltanto due esercizi finanziari “in rosso”; le quotazioni del titolo hanno fatto registrare un “boost” del 104,16% nel primo decennio dell’era-Marchionne, fino al massimo storico di 20,2 euro per ciascuna azione raggiunto il 23 gennaio scorso. Riguardo alla capitalizzazione, se nel 2004 per Fiat ammontava a 5,5 miliardi di euro, nel 2018 – considerate le società create dagli spin-off quali FCA e Ferrari -, questa è aumentata di circa 10 volte, andando a raggiungere ben 60 miliardi di euro.
FCA: adesso la nuova era-Manley
L’incarico di nuovo CEO di Fca assegnato al numero uno di Jeep Mike Manley è arrivato in un settimana particolarissima per l’”asse Torino-Detroit”: il silenzio sulle condizioni di salute di Marchionne che ha tenuto banco dalla metà della scorsa settimana, i primi rumors, l’annuncio del passaggio di testimone a Manley, le dimissioni di Alfredo Altavilla e il ruolo di AD di ferrari a Louis Camilleri; in queste ore, mentre al Lingotto i vertici Fiat-Chrysler avevano da poco iniziato a riunirsi per l’analisi del primo semestre 2018 del Guppo, la scomparsa del “grande timoniere” Marchionne.
Ciò che è chiaro, è il grande – ed impegnativo – compito che attende il biondo neo-amminitratore delegato di FCA: ovvero, assicurare al Gruppo la continuità di vision impostata da Marchionne e, del resto, indicata nelle scorse ore dal presidente John Elkann. In ballo c’è il futuro di un Gruppo attualmente al settimo posto fra i big player mondiali del comparto automotive, e di recente entrato, per precisa scelta di Sergio Marchionne con il placet dello stesso Elkann, in una delicatissima fase di riposizionamento di segmento delle proprie lineup, in funzione dei modelli e dei mercati di riferimento.
Sempre meno “generalista” (ruolo che storicamente era appannaggio di Fiat), sempre più “polo del lusso” – o finalizzata ad un’immagine premium – FCA farà riferimento a Jeep, ad Alfa Romeo, a Fiat 500 (e, seppure in maniera ovviamente più marginale, a Ferrari) per gli anni a venire. In effetti, ciò era apparso chiaro già lo scorso 1 giugno, in occasione dell’Investors Day e della presentazione delle strategie industriali FCA 2018-2022: sul tavolo, ci sono 45 miliardi di investimenti, 9 dei quali destinati ad una nuova gamma di modelli a propulsione elettrificata. I riflettori, intanto, sono già puntati sul Lingotto: i lavori non si fermano, e per le prossime ore si attende l’analisi del primo semestre 2018, quello che Marchionne individuava come cruciale per l’azzeramento dei debiti e per il quale avrebbe promesso di indossare, una tantum, la cravatta.
Partner stranieri all’orizzonte? Vedremo
Mike Manley, è innegabile, condividerà il ruolo di “erede” di Sergio Marchionne insieme al responsabile finanziario FCA Richard Palmer, alter ego di Marchionne nei confronti degli azionisti, che dopo le imporovvise dimissioni del numero uno FCA per l’area EMEA Alfredo Altavilla giunte nel pomeriggio di lunedì, potrebbe trovarsi maggiori poteri in mano.
Da considerare con attenzione l’eventualità di un “agreement” con un big partner straniero: giusto poco meno di un mese fa, Asia Times aveva fatto trapelare l’indiscrezione relativa alla valutazione, da parte dei vertici Hyundai (Gruppo attualmente al quinto posto fra i maggiori Costruttori a livello mondiale), della possibilità di avanzare una offerta per Fiat-Chrysler Automobiles. Lo stesso Marchionne, d’altro canto, aveva più volte espresso la volontà di individuare un big partner per condividere lo sviluppo di nuove tecnologie.