Autobianchi compie sessant'anni
L’11 gennaio 1955 l’atto di fondazione. Un marchio all’avanguardia nella tecnica. Bianchina, Primula, A112 e Y10 i capisaldi della produzione di Desio
Un tempo era la Fiat. Lo era, e c’è ancora, proiettata verso fette di mercato internazionali che hanno avuto come origine l’acquisizione delle quote capitale Chrysler e la nascita di FCA. Prima che le mire del Lingotto si spingessero verso Detroit, i piani di espansione del colosso di Torino c’erano già, con la differenza che si rivolgevano alle aziende nazionali. E’ stato così, giusto sessant’anni fa, per Autobianchi, che in questi giorni celebra i 60 anni dalla fondazione, avvenuta l’11 gennaio 1955 da un’idea dell’allora direttore generale della “Edoardo Bianchi” Ferruccio Quintavalle in un progetto che coinvolse la stessa Fiat e Pirelli. La nuova società (ricordiamo che la leggendaria Bianchi aveva già sperimentato – con un discreto successo – l’avventura industriale nel settore autovetture e automezzi pesanti) venne costituita con l’obiettivo, da parte di Fiat, di rappresentare anche un laboratorio di idee, dove sperimentare nuove soluzioni tecnologiche da trasferire, una volta rodate, nella produzione di Torino.
Le radici di Autobianchi erano brianzole: la fabbrica era situata a Desio, negli stabilimenti Bianchi adeguatamente ristrutturati e rimodernati. Fu proprio a Desio, in attività fino al 1992 prima di trasferire le linee produttive della Y10 ad Arese, che videro la luce tutte le Autobianchi che giovani e meno giovani ricordano (o ne restano orgogliosi proprietari). Dalla Bianchina, prodotta a partire dal 1957 come edizione “di lusso” di Fiat 500 e declinata in diverse versioni (la prima “due posti”, le successive “Giardiniera”, “Cabriolet”, “Panoramica” – da molti ricordata come “l’auto di Fantozzi“), alla sfortunata spider “Stellina” dalla carrozzeria in fibra di vetro, della quale vennero prodotte poche centinaia di esemplari; fino alla “rivoluzione tutto-avanti” per il gruppo Fiat sotto il quale Autobianchi, nel 1968, sarebbe interamente passata: è il 1964 quando dalle linee di montaggio di Desio uscì la “Primula“, di fatto la prima autovettura di classe media prodotta in Italia a disporre del motore sistemato anteriormente in posizione trasversale (per le aziende partecipate da Fiat, la prima vettura a disporre della trazione anteriore): un primato che oggi ricorda una vettura costruita per una clientela di buon senso, che osservava con attenzione al progresso della tecnologia automobilistica. E’ noto che, infatti, le soluzioni tecniche sperimentate sulla Autobianchi Primula (un modello importante, dunque!) vennero, succesivamente, trasferite pari pari sulla Fiat 128.
Dopo la “parentesi” A111, berlina anch’essa di classe media che avrebbe dovuto sostituire proprio la Primula ma che riscosse un limitato successo tanto da restare in produzione solamente per tre anni (1969 – 1972), il nome Autobianchi rimase legato per quasi vent’anni alla A112, che nata nel 1969 aveva anticipato di un paio d’anni l’altra “rivoluzione” del Gruppo Fiat, la 127 prima citycar a trazione anteriore di Torino. E’ con la A112, prodotta in sette serie fino al 1986, che l’immaginario collettivo identifica Autobianchi: una vettura “trasversale”, che accontentava giovani, studenti, operai, impiegati, casalinghe, professionisti, e sportivi, con la leggendaria A112 Abarth (prima 58, poi 70 CV): dire “A112” a un appassionato di motorsport vuol dire richiamare alla mente oltre quarant’anni di carriera sportiva, culminata nel fortunatissimo “Trofeo A112 Abarth” che dal 1977 al 1984 formò una intera generazione di giovani rallysti, poi proseguita fino ai giorni nostri nei rally, nelle cronoscalate, in pista e negli slalom.
Ultimo prodotto del vivaio Autobianchi, la Y10, evoluzione della A112, presentata ufficialmente al Salone di Ginevra 1985 e rimasta in produzione per dieci anni esatti, fino al 1995, in due serie e in diversi allestimenti: “Fire” (base), LX, Touring, Turbo e Gt e, dal 1989, con i nuovi motori a iniezione elettronica.
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