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Autostrade: 6 miliardi sono... fermi al palo

Di Andrea Barbieri Carones
Pubblicato il 25 giu 2010
Autostrade: 6 miliardi sono... fermi al palo
Il governo ha stanziato da tempo 6 miliardi destinati alle opere autostradali. Ma sono rimasti al palo in attesa dell'approvazione del Cipe

Il governo ha stanziato da tempo 6 miliardi destinati alle opere autostradali. Ma sono rimasti al palo in attesa dell’approvazione del Cipe

I progetti ci sono, i finanziamenti pubblici anche. Ma i 6 miliardi recuperati dalle finanze pubbliche e destinati alle autostrade sono al palo a causa dei lacci e dei lacciuoli che l’amministrazione pubblica pone in maniera pedissequa. Insomma: è un insulto a coloro che ogni giorni viaggiano su una rete autostradale al collasso e con servizi scarsi.

“Ci sono undici concessionarie le cui convenzioni sono state approvate con la Finanziaria 2010, ma che poi sono state bloccate per via amministrativa” ha protestato Fabrizio Palenzona, presidente dell’Associazione delle concessionarie autostradali Aiscat.

Queste undici convenzioni fanno capo al gruppo Altantia (controllato dai Benetton) e al gruppo Gavio. Le convenzioni, che contengono i piani finanziari per sostenere gli investimenti in autostrade con un sistema di incrementi dei pedaggi, sono state negoziate con l’Anas e devono essere approvate dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), che le hanno ricevute in data 6 maggio.[!BANNER]

“Questa anomalia tutta italiana deve finire – ha aggiunto Palenzona – perché il rischio è che gli investitori privati guardino sempre con maggiore interesse all’estero”. Il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, a una domanda sulle pratiche ferme al comitato si è limitato a rispondere “chiedete al Cipe”.

L’Aiscat, per finire, ha concluso dicendo che le infrastrutture autostradali non sono di ostacolo alla politica di rigore dei conti pubblici, necessaria per arginare il deficit pubblico in questa delicata fase di instabilità economica. “Si tratta di opere calde, ossia che per loro stessa natura e struttura, si prestano a potersi ripagare da sé. Se la maggioranza dei fondi provenisse da investitori privati, il ruolo del pubblico deve consistere nel creare le condizioni calamita”.

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