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Brucia la sua Ferrari in nome dell'arte

Di Giuseppe Cutrone
Pubblicato il 8 set 2011
Brucia la sua Ferrari in nome dell'arte
L'artista inglese Anthony James ha esposto la sua Ferrari f355 Spider bruciata rifacendosi ai sacrifici a Venere dell'antica Grecia.

L’artista inglese Anthony James ha esposto la sua Ferrari f355 Spider bruciata rifacendosi ai sacrifici a Venere dell’antica Grecia.

Accade molto spesso negli ultimi anni che opere d’arte o sedicenti tali facciano discutere, andando talvolta al di là di ogni apparente logica razionale, o superando occasionalmente i limiti del buon gusto. In base a questa piccola premessa risulta comunque difficile valutare se e quanto senso abbia la più recente opera dell’artista Anthony James, uno che già in passato ha fatto spesso discutere pubblico e critica per le sue opere “sui generis”.

In questa occasione, James ha “scomodato” un’icona dell’auto come la Ferrari, precisamente la Ferrari F355 Spider. Un esemplare della scoperta di Maranello è stato infatti l’oggetto alla base dell’opera intitolata “Kalòs Thanatos“, che tradotto dal greco antico significa “buona morte”. L’artista inglese ha infatti deciso di bruciare un esemplare della 355 Spider, per poi ricolorarla e metterla in bella mostra dentro a un cubo di vetro, accanto ad alcuni tronchi di betulla che simulano una foresta.

A quanto pare, dall’antica Grecia James ha preso l’ispirazione, infatti è lo stesso autore a spiegare il senso della sua opera con queste parole: “I greci antichi erano soliti offrire sacrifici a Venere nelle foreste di betulle, che quindi sono come un tempio. E la macchina in mio possesso era un bene prezioso, qualcosa che ho sempre voluto. Così l’ho sacrificato”. Si tratta insomma di una versione in chiave moderna di un rito antichissimo che prevedeva il sacrificio in onore di una dea, ma che nonostante tutto sta facendo discutere parecchio non solo gli appassionati di auto, ma anche tutti coloro che giudicano uno scempio e un inutile spreco distruggere una vettura così costosa per realizzare un’opera d’arte vera o presunta che sia.

Il dibattito che si chiede se davvero la “Kalòs Thanatos” possa chiamarsi arte continua, ma intanto, quel che è certo è che anche stavolta il controverso Anthony James è riuscito a far parlare di sé per mezzo di una sua creazione: che sia arte o solo spazzatura in esposizione poco importa al trentaseienne inglese, perché in fondo, l’obiettivo sembra proprio essere stato centrato.

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