Contravvenzioni: non c’è sanzione aggiuntiva se non si era alla guida del veicolo
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Se non ci si ricorda chi si trovasse alla guida del veicolo di proprietà al momento in cui sia stata commessa un’infrazione al Codice della Strada che comportava la perdita di punti dalla propria patente, la Cassazione ora offre un appiglio. Secondo l’ordinanza 9555/2018 depositata nelle scorse ore dalla Seconda Sezione civile, infatti, occorre analizzare il singolo caso.
Come riporta Il Sole 24Ore, in riferimento ad uno specifico episodio – avvenuto nel 2007 – potrebbe darsi benissimo che l’intestatario di un veicolo, al quale sia stata elevata contravvenzione che decurta dei punti, non ricordi chi, in quello specifico frangente, fosse al volante dell’auto o al manubrio della moto. Va tuttavia tenuto conto che la vicenda sulla quale è avvenuta la sentenza della Corte è relativa ad un’epoca nella quale le notifiche, da parte delle forze di polizia, arrivavano fino a 150 giorni dall’infrazione. La modifica al Codice della Strada del 2010 (l. 120/2010) ha, in effetti, ridotto tale periodo a 90 giorni: un termine di consegna della notifica ben inferiore al precedente, e che perciò può rendere più difficile l’”amnesia”. Viene specificato che ciò riguarda la consegna di un verbale con invito a dichiarare chi effettivamente abbia commesso l’infrazione. Qualora non si risponda, scatta la sanzione supplementare di 286 euro, come previsto dall’art. 126-bis, comma 2, del Codice della Strada.
E qui sta il nocciolo della questione: si è sempre tenuto conto – come specificato, fra le altre, dalla sentenza 12568/2015 – che finora la giurisprudenza ha sempre esteso tale sanzione supplementare anche a quanti rispondessero di non sapere chi si trovasse alla guida del veicolo multato (la norma punisce chi non risponda senza fornire “Giustificato e documentato motivo”), tanto che sono rari i casi in cui la Corte abbia riconosciuto fondate le giustificazioni in merito, osservando che, come responsabile del veicolo, il proprietario è sempre tenuto a sapere l’identità di chi lo utilizza in un dato momento. Quanto all’eventualità (vedi flotte di automezzi, aziende e imprese) che il veicolo venga utilizzato da più persone, bisogna organizzarsi per essere, in caso di contravvenzione, in grado di ricostruire l’identità del conducente (sentenze 14649/2010 e 24133/2012), con la tenuta di un apposito registro.
L’ordinanza interpretativa della Cassazione indicata nelle scorse ore, al contrario, fa riferimento alla sentenza 165/2008 della Corte costituzionale: nel testo, osserva Il Sole 24Ore, si riconosceva al proprietario “La facoltà di esonerarsi da responsabilità, dimostrando l’impossibilità” di sapere chi guidasse. Qui c’è un richiamo dell’art. 126-bis al preesistente art. 180, comma 8, del CdS sulla richiesta di informazioni e documenti da parte dele forze di polizia. Con questa norma i riflettori vengono puntati soltanto su chi rifiuti di collaborare agli accertamenti, non chi più semplicemente attui una omessa collaborazione. Ulteriore conferma: la sentenza 434/2007 sull’eventuale lesione al diritto di difesa conseguente ad una più penalizzante interpretazione per l’intestatario del veicolo: “Non consentendo all’interessato di sottrarsi all’applicazione della sanzione pecuniaria”, ciò potrebbe rappresentare “Una presunzione iuris e de iure di responsabilità”.
Nello specifico, il caso che ha portato all’ordinanza delle scorse ore riportava ragioni difensive del soggetto proprietario del veicolo già riconosciute valide in primo ed in secondo grado. La Cassazione conferma che entrambi i gradi di giudizio precedenti erano stati emessi in maniera corretta, dunque non può escludersi, in generale, che le notifiche giunte entro i 90 giorni, se vi siano più utilizzatori di uno stesso veicolo all’interno di un nucleo familiare, possano rappresentare giustificazioni fondate.
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