La terza costruita su 36 ha preso parte a due Targa Florio, nel 1964 Scaglietti le donò un nuovo vestito. Ad agosto, la vettura sarà protagonista all’asta Sotheby’s. Si preannuncia una quotazione di 45 milioni di dollari.
Il culto per uno dei “mostri sacri” della storia automobilistica di tutti i tempi sta per arricchirsi con una nuova quotazione che promette di trasformarsi in un nuovo primato. In questo caso, oltre al nobilissimo blasone che viene portato in dote, c’è da tenere conto dei “cavalieri” che la condussero – e vittoriosamente – in alcune delle competizioni più celebri al mondo, prima fra tutte la Targa Florio. E, come se non bastasse, ci si trova di fronte ad uno dei primissimi esemplari costruiti: il terzo, per la precisione. Ed ecco servita su un piatto d’argento la Ferrari 250 GTO, costruita nel 1962 e che fra gli altri venne portata in gara dal campione del mondo F1 1961 Phil Hill (il driver californiano, vincitore del titolo Piloti con la Ferrari 156, fu, dopo il ritiro, uno dei “grandi nomi” internazionali nel restauro di vetture storiche di grande prestigio).
La 250 GTO contrassegnata dal numero di telaio 3413 GT (come accennato: la terza ad essere stata costruita), inizialmente impiegata come vettura-laboratorio da parte della Casa del Cavallino, fu utilizzata da Phil Hill in occasione della Targa Florio del 1962. Basterebbe soltanto questo a farne un “pezzo” unico (tanto più che, come gli enthusiast ben conoscono, ne vennero realizzate appena 36); in effetti, la sua storia – agonistica e “di riposo” dagli impegni corsaioli – fu, successivamente, piuttosto articolata, come spesso avviene fra le auto sportive più ambite al mondo.
Ed ecco quanto può valere la assoluta nobiltà di questo esemplare: ben 45 milioni di dollari; a tanto ammonta la quotazione indicata dagli esperti RM Sotheby’s, che in queste ore presentano la storicissima 250 GTO #3413 del 1962 in procinto di essere messa alla tradizionale asta che si terrà a Monterey, il 24 e 25 agosto, a corollario degli eventi del Concorso d’Eleganza di Pebble Beach 2018.
L’asta di mezza estate rappresenta, per i cultori dell’universo Ferrari, un appuntamento irrinunciabile: la 250 GTO fu protagonista di una monografia nell’edizione 2011 della kermesse; l’anno scorso, alla Monterey Car Week, fu la volta di un interessantissimo “pieno” di esemplari di Maranello, che da parte di RM Sotheby’s vennero rappresentati, nell’ordine, da ben 13 modelli storici (una 250 GT SWB Berlinetta del 1961, una Dino 206 GT del 1969, una F40 del 1991, una 275 GTB/4 Berlinetta del 1967 certificata Ferrari Classiche, una 575 Superamerica del 2005, una delle 499 16M Scuderia Spider prodotte, una 360 Challenge Stradale del 2004, e una 512 BBi del 1983); e, sotto le insegne della “concorrente” Gooding, presentavano una 250 GT I serie Pininfarina del 1959, una 500 Mondial del 1954 carrozzata da Scaglietti, una 275 GTB/C del 1966, una 212 Inter Coupé del 1951 carrozzata Vignale, una 275 GTB del 1965 uscita da Maranello già in allestimento “competizione”, e una 275 GTB/4 del 1967.
Per la 250 GTO che sta per entrare nel “parterre delle Regine” alla Monterey Car Week del prossimo agosto, il martello del banditore potrebbe abbassarsi su una nuova cifra elevatissima. Tutto sta a vedere se la vettura riuscirà a superare la cifra-primato (70 milioni di dollari) sborsata dal collezionista statunitense David McNeil per l’esemplare ex-Pierre Dumay e Léon Derie che nel 1964 terminò la 24 Ore di Le Mans in quarta posizione. Questo importo è il più elevato mai raggiunto da un’autovettura. Può darsi che, in ogni caso, riesca ad avvicinarsi (e magari a superare: staremo a vedere) i 52 milioni di dollari di aggiudicazione della 250 GTO telaio 5111 GT (l’episodio risale al 2013).
Tutto ciò conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, l’allure di vettura più ricercata al mondo dai collezionisti che da lunghi anni accompagna Ferrari 250 GTO. L’esemplare #3413 del 1962, dopo essere transitata dalle mani di Phil Hill, venne ceduta alla fine dello stesso anno al gentleman driver Edoardo Lualdi-Gabardi, storico cliente Ferrari. Il pilota bustocco, già campione italiano GT nel 1960 e nel 1961 con la 250 GT, fu dal 1962 al 1966 protagonista in salita ed in circuito con, fra le altre, 196 SP, 250LM e, appunto, 250 GTO, collezionando ben trentasette vittorie.
Dopo l’acquisizione di una seconda GTO, Lualdi-Gabardi vendette la #3413 a Gianni Bulgari, uno dei piloti privati che negli anni 60 conobbero l’ultimo scorcio di filosofia dell’autentico gentleman driver. Il “re dei gioielli” capitolino si aggiudicò, con questa Ferrari 250 GTO, la propria classe alla Traga Florio nel 1963 e nel 1964, oltre alla Coppa FISA a Monza nel 1963, e portò a termine, tutte senza alcun ritiro né incidente, venti gare.
La Ferrari 250 GTO quotata 45 milioni di dollari ha conservato, per oltre mezzo secolo, il motore, il cambio e l’assale posteriore di origine, così come il corpo vettura “seconda serie” allestito dalla Carrozzeria Scaglietti nel 1964. Dopo altri passaggi di proprietà, la vettura venne acquistata nel 2000 dall’attuale proprietario, l’ex software architect per Microsoft Greg Whitten, il quale da allora la impiegò esclusivamente in un ristretto numero di eventi fra i più importanti al mondo.
La grande importanza di Ferrari 250 GTO nell’immaginario collettivo e nella cultura viene riconosciuta, oltre che dalle valutazioni di livello “unico” anche nel club delle auto d’epoca maggiormente rappresentative, dal recente sviluppo di una specifica mescola di pneumatici studiata ad hoc da Pirelli: per venire incontro alle specifiche esigenze dei possessori di una delle unità di Ferrari 250 GTO presenti al mondo, l’azienda – attraverso la propria gamma Pirelli Collezione dedicata espressamente alle auto storiche – ha recentemente riproposto il leggendario Stelvio Corsa: un incontro fra tradizione e modernità che ha ricevuto il proprio “battesimo dell’asfalto”, lo scorso marzo, in occasione della Coppa Milano-Sanremo 2018, dove l’ultimo arrivato (in ordine di tempo) della lineup Pirelli Collezione ha fatto bella mostra di se, insieme alla linea Cinturato CN72 (ri-creato per Maserati) e la riproposizione in chiave moderna (riguardo ai materiali) ma “antica” (per misure e disegno dei battistrada) di P7 e CN36 per Porsche.