Pensata per i giovani, l’Alfa Romeo MiTo è stata l’unica vettura compatta prodotta dal marchio di Arese.
Dopo una decade di onorata carriera, il modello più compatto della gamma Alfa Romeo è uscito definitivamente dai listini. A inizio luglio l’Alfa Romeo MiTo ha smesso di venire assemblata nello stabilimento di Mirafiori, esattamente 10 anni e qualche mese dopo il debutto. Presentata come l’Alfa per i giovani, ha rappresentato per tutto questo tempo l’unica alternativa italiana alle piccole sportive straniere, prima fra tutte la Mini.
Tutto incomincia il 14 marzo 2008, quando vengono rilasciate le immagini ufficiali della nuova vettura, che è la prima auto di segmento B nella storia del marchio. La scelta del nome era stata affidata ad un sondaggio online, che aveva portato alla scelta della denominazione “Furiosa”. Un nome sicuramente adatto ad un’Alfa sportiva, ma giudicato inappropriato per le caratteristiche della vettura. Viene invece scelto l’acronimo “MiTo”, nato dall’unione delle sigle di Milano, la città dove l’Alfa è nata, e Torino, dove l’auto viene assemblata.
Le linee filanti e le proporzioni sportive la distinguono dalla concorrenza, identificandone subito il carattere sportivo. A nobilitare il modello c’è la parentela stilistica con la Alfa Romeo 8C, una delle ultime supercar prodotte dal marchio e sicuramente una delle più eleganti. Il disegno dei gruppi ottici, sia anteriori che posteriori, rimanda direttamente quello della 8C, mentre la presenza delle tre porte (la versione 5 porte non è disponibile) richiama il mondo delle coupé. Il designer della vettura è Juan Manuel Diaz, mentre il responsabile del marchio al momento del lancio è Luca de Meo; entrambi passeranno successivamente al Gruppo Volkswagen.
Lunga 4,06 metri, larga 1,72 e alta 1,44, la Alfa Romeo MiTo è una piccola sportiva, adatta al traffico di tutti i giorni, ma anche capace di regalare delle emozioni al volante, quando richiesto. Il progetto deriva da quello della Punto, in particolare dalla versione Abarth. Per la MiTo vengono adottate delle soluzioni specifiche, a partire dalla carreggiare allargate rispetto alla vettura con marchio Fiat. Le sospensioni sono di tipo MacPherson all’anteriore e ponte torcente al retrotreno, inoltre è presente di serie su tutta la gamma il controllo di stabilità VDC. A rimarcare il carattere sportivo, c’è il dispositivo Alfa DNA, una primizia assoluta nel segmento: si tratta di un manettino che permette di impostare tre modalità di funzionamento per freni, sterzo e cambio. Il guidatore può così scegliere il profilo più adatto alle proprie esigenze di guida.
Per quanto riguarda le motorizzazioni, la MiTo viene offerta con motorizzazioni benzina aspirate e turbo, due diesel MultiJet ed una motorizzazione a Gpl. La versione top di gamma è rappresentata dalla Quadrifoglio Verde spinta dall’unità 1.4 MultiAir Turbo da 170 CV e 250 Nm di coppia, per una velocità massima di 219 km/h ed un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 7,3 secondi.
Nel corso della sua carriera la MiTo è stata sottoposta a due restyling, uno nel 2013 e uno nel 2016. Se nel primo intervento le modifiche estetiche sono abbastanza limitate, nel successivo il frontale viene ridisegnato per richiamare la nuova Giulia. Aggiornamenti anche per gli interni e per quanto riguarda le motorizzazioni, con l’introduzione di nuove unità in sostituzione delle precedenti.
Ci sarà un’erede per la MiTo? In questa fase del mercato le berline di segmento B non sembrano riscuotere più il successo di una volta. La moda del momento impone la carrozzeria di tipo crossover, quindi a prendere il posto della MiTo ci sarà un SUV compatto, di cui sentiremo presto parlare. Il nuovo modello non sarà però prodotto a Mirafiori, dato che questo stabilimento diventerà il cosiddetto “polo del lusso” con la produzione dei modelli “alto di gamma” del Gruppo FCA.