La piccola Citroën 2 CV compie i suoi primi settant’anni. Una storia che nasce da prima della seconda guerra mondiale e che arriva fino ad oggi grazie alla sua aura leggendaria.
Ci sono alcune auto che non hanno lasciato segni particolari nella storia delle quattro ruote, ce ne sono altre che hanno rappresentato bene il periodo storico che hanno vissuto, salvo poi cadere nel dimenticatoio, e infine ce ne sono altre che sono divenute delle vere e proprie icone, auto leggendarie. Fra queste vi è senza ombra di dubbio la Citroën 2 CV, iconica auto francese che nel corso di quest’anno celebra i suoi primi 70 anni, e della quale possiamo delineare un percorso molto simile a quello che hanno avuto in Italia la Fiat 500 e in Germania il Volkswagen Maggiolino. Si tratta infatti dell’auto che ha permesso ai transalpini la mobilità di massa, una vettura che per molti è stata una compagna fedele, un membro della famiglia e che ha donato figurativamente le quattro ruote ad un Paese intero.
Il progetto 2CV
L’idea che porta alla nascita della piccola 2CV è quella di poter dare una vettura anche a chi non viveva in condizioni agiate, ma che al tempo stesso avesse la necessità di possedere un’auto economica sia nell’acquisto che nella gestione, e soprattutto che fosse in grado di trasportare tutto, esattamente come il vecchio carro trainato da cavalli. La vettura in questione doveva essere poco costosa, pratica, versatile e in grado di percorrere ogni strada. La missione era affidata a Pierre-Jules Boulanger e chiaramente a Citroën. Nel 1939 ne furono realizzati 250 esemplari in versione prototipo, ma non soddisfacevano le condizioni poste in precedenza. Questa vettura doveva essere indirizzata specialmente alla Francia contadina, e i contadini non si separano mai dal proprio cappello di paglia. Sui prototipi di 2CV realizzati non solo il cappello non rimaneva poggiato sulla testa, ma soprattutto batteva sul soffitto della macchina. Il progetto fu quindi accantonato, non solo per questo curioso motivo, ma anche perché la Francia di lì a poco venne invasa dalle truppe naziste.
Finita la guerra, riprese corpo il progetto 2CV anche se le esigenze dei clienti di fine anni ’40 erano cambiate rispetto a quelle anteguerra. Così sparirono: l’avviamento a manovella o quello a corda, come nei piccoli motori fuoribordo; il singolo faro anteriore (il codice non diceva ancora che dovevano essere due…); il cambio a tre marce. Rimase invece una cosa che ha contraddistinto tutte le Citroën 2 CV fino al 1990: i curiosi finestrini anteriori, la cui metà inferiore si ribalta verso l’alto. Erano stati pensati così prima della guerra per consentire al conducente di segnalare il cambio di direzione mettendo il braccio fuori dal finestrino.
Dal Dopoguerra agli anni ’90
Il 6 ottobre 1948, allo stand Citroën al Salone dell’Automobile di Parigi, fu presentata la Citroën 2 CV e fu subito amore. La lista di attesa per averne una fu molto lunga, e la priorità fu data a chi non poteva permettersi altra auto: piccoli coltivatori, curati di campagna, insegnanti, medici condotti, ma anche fornai e piccoli artigiani, per i quali pochi anni dopo arrivò la versione da lavoro: la AU, capace di trasportare due persone e ben 250 chili di merci nella spaziosa parte posteriore furgonata. Per vedere aggirarsi per le strade di Francia le prime 2CV bisognerà aspettare il 1949. Esse erano tutte grigie, con un motore di 375 cc che permetteva di raggiungere i 60 km/h consumando tre litri per cento chilometri.
La lumaca di latta, così chiamata amabilmente dai francesi, vide aumentare le sue prestazioni, nel corso degli anni, grazie all’adozione di nuovi motori più potenti, sempre a due cilindri contrapposti e raffreddati ad aria: prima un 425 cc, poi 602 cc. Da 12 a 35 cavalli, da 60 a quasi 120 orari. Gli anni passavano ma la 2CV rimaneva sempre il cuore pulsante di Citroën e nel frattempo spuntavano fuori dei modelli che da essa derivavano: l’AMI6 nel 1961, poi la Dyane nel 1967, la Méhari l’anno successivo e l’AMI8 nel ‘69. Esattamente come fu per il Maggiolino Volkswagen che negli anni ’70 incominciava a vedere le sue vendite calare sempre più, a vantaggio di modelli più moderni come la Golf, anche la 2CV ebbe un momento di crisi, tanto che si pensò di mandarla in pensione per favorire la Dyane. L’affetto e la simpatia della Deuche (altro suo soprannome) la preservarono nel listino di Citroën ancora per un po’, ma certamente la crisi dell’oro nero (il petrolio) che colpì ferocemente l’Europa nel 1974, gioco forza favorì la riscoperta di una vettura economica e parca nei consumi come era la 2CV.
Da questo momento in poi la Citroën 2 CV fu oggetto di tantissime serie speciali, fra le quali non si possono dimenticare la Spot e soprattutto la Charleston. Tra le altre bisogna citare la France3 (che in Italia si chiamarono Transat), la Dolly, la Cocoricò e persino una versione dotata di frigobar allestita in collaborazione con una nota ditta di acque minerali: la 2CV Spécial Perrier. Siamo alla fine degli anni ’80 e con l’arrivo della nuova decade solamente la Citroën 2 CV Charleston resisteva all’urto dei tempi. Nel 1990, le nuove normative europee antinquinamento misero la parola fine alla produzione della vettura francese più famosa al mondo.
La storia continua
L’ultima 2CV uscì dalle catene di montaggio della fabbrica portoghese Citroën di Mangualde il 27 luglio 1990. In totale ne furono realizzate 3.868.634 esemplari e conteggiando le derivate arriviamo anche oltre i 5 milioni. Ma chi pensa che la Citroën 2CV sia confinata solamente negli spazi della storia e della memoria si sbaglia, perché oltre ad avere una nutrita schiera di fans che si riunisce in raduni oceanici, già oggi esiste una flotta parigina di 2CV completamente elettrica, a testimonianza di una voglia di rimanere in gioco anche quando i motori a combustione interna diranno addio alla scena mondiale. Ha ragione Wolgensinger, il quale ha detto: “La 2CV è durata settant’anni e ne durerà altri trecento. È qualcosa di mitico ed inarrivabile, pur rimanendo un attrezzo domestico semplice ed efficace“. Quindi buon compleanno 2CV per i tuoi primi settant’anni.