Dieselgate: gli USA accusano ex ingegnere Audi di nazionalità italiana
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Colpo di scena nel dieselgate, lo scandalo delle emissioni truccate che ha travolto il Gruppo Volkswagen nel 2015: il Dipartimento di Giustizia USA ha mosso delle pesanti accuse nei confronti di Giovanni Pamio, ex ingegnere Audi di nazionalità italiana. Secondo le autorità degli Stati Uniti, l’ingegnere avrebbe “collaborato allo sviluppo dei software utilizzati per truccare i test sulle emissioni” di migliaia di esemplari di automobili marchiate Audi ed alimentate con propulsore a gasolio.
Queste accuse seguono quindi le maxi multe per un valore superiore a 24 miliardi di dollari, l’arresto del responsabile della conformità normativa del colosso tedesco, Oliver Schmidt, e i mandati verso altri 5 manager del Gruppo.
Il sessantenne Pamio dovrà quindi rispondere alle accuse di frode, cospirazione ai danni degli Usa e violazione del Clean Air Act, considerando che l’ingegnere italiano – nel periodo in cui lavorava nel dipartimento di sviluppo motori Audi situato a Neckarsulm – si occupava proprio della supervisione della termodinamica dei diesel.
Il Dipartimento di Giustizia avrebbe quindi scoperto che dal 2006 al 2015, Pamio era alla guida di un team che si occupava della progettazione dei sistemi di controllo delle emissioni. Proprio questo team avrebbe sviluppato i software per aggirare i test di omologazione, dopo aver capito l’impossibilità di rispettare i limiti delle emissioni nocive imposti dai rigidi standard imposti dagli altri reparti del Costruttore teutonico.
Secondo l’accusa, l’ingegnere italiano era a capo dello sviluppo dei V6 diesel incriminati e distribuiti in America, inoltre nel periodo 2006-2007 partecipò agli incontri con il California Air Resource Board dove aveva assicurato del corretto funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni nocive.
Nella rete della giustizia americana sono già finiti ben otto dipendenti del Gruppo tedesco: oltre Pamio – dimessosi dalla Casa dei Quattro anelli pochi mesi fa – troviamo il già citato Schmidt che si trova agli arresti, altri ex dirigenti che si trovano in Germania protetti dall’estradizione e un certo James Liang, un ingegnere accusato di aver partecipato allo sviluppo dei software truccati. Quest’ultimo si sarebbe dichiarato colpevole e starebbe collaborando con le autorità americane. I propulsori targati Audi distribuiti in America che risultano manomessi sono il 2.0 litri TDI che equipaggia l’Audi A3 e il V6 3.0 litri dedicato alle Audi A6, A7 quattro, A8, A8L, Q5 e Q7.
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