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L'elettrico... non si accende

Di Fabrizio Brunetti
Pubblicato il 28 gen 2013
L'elettrico... non si accende
C'è chi ci crede e chi è convinto che la propulsione elettrica come prioritaria non abbia un futuro; il difficile cammino di un sogno che divide.

C’è chi ci crede e chi è convinto che la propulsione elettrica come prioritaria non abbia un futuro; il difficile cammino di un sogno che divide.

L’ultima accorata professione di fede nel futuro dell’elettrico come propulsione unica è quella di Mark Reuss, presidente di General Motors, nonostante i fallimentari risultati commerciali della Chevrolet Volt. Ci crede davvero? Difficile crederci.

La Volt (commercializzata anche in Europa come Opel Ampera), prodotta in una fabbrica dedicata, ha venduto nel 2012 negli USA, mercato incentivato e in piena crescita, 23.000 unità, la metà dei già modesti obiettivi fissati. Sicchè la fiducia dichiarata nell’affermazione dell’elettrico, comunque rimandata alla seconda generazione della Volt, appare più una difesa degli investimenti e della credibilità di GM che un reale convincimento.

>> Guarda la Chevrolet Volt nella nostra prova su strada

D’altra parte il nocciolo della questione è sempre lo stesso. Sino a quando la tecnologia elettrica non avrà fatto grandi passi avanti in termini di autonomia, costo, peso, semplicità di manutenzione e gestione, il confronto con la propulsione termica o ibrida o con carburanti alternativi – metano, GPL, metanolo – lascerà di fatto marginale il ruolo dell’elettrico a zero emissioni, relegato come è oggi alle richieste delle pubbliche amministrazioni, ai trasporti urbani e sociali, agli ecologisti doc disposti a spendere.

Senza contare che tra gli scettici si annoverano anche, in modo più o meno esplicito, produttori come Fiat, Volkswagen, Ford, che contestano la “pulizia” dell’elettrico, sottolineando l’inquinamento aggiuntivo dovuto alla produzione di elettricità.

Per finire resta il problema dei paesi, come l’Italia, in cui la produzione o importazione di energia ha costi elevati. Nonostante gli incentivi, alla fine della fiera chi è disposto e può permettersi di spendere per un’auto compatta dei segmenti B o C, una cifra doppia rispetto a quella di una a motore termico?

Marchionne, con la consueta, rude schiettezza, ha ricordato la parabola del sogno “idrogeno” proprio negli stessi termini in cui oggi si prospetta il tema full electric. Il costo di produzione e diffusione dell’idrogeno si è rivelato alla fine spropositatamente elevato, tanto da far escludere uno sviluppo di massa. Su ogni 500 elettrica prodotta e venduta in USA Fiat dichiara una perdita di 10.000 euro; la si fa per rispettare un impegno preso con Obama, ma consapevoli che sarà una perdita secca.

Anche Toyota, pioniera con la Prius, e Nissan, produttrice della prima compatta di segmento C a propulsione totalmente elettrica, la Leaf, patiscono la prima un rallentamento della domanda anziché il radioso sviluppo che tutti prevedevano, la seconda le difficoltà che la Leaf incontra ad affermarsi.

>> Guarda le immagini ufficiali della Nissan Leaf

Renault è l’unico produttore ad offrire una gamma completa di elettriche, che spazia dall’ovetto urbano Twizy, alla city car Zoe, al mini van Kangoo, alla grande berlina Fluence, ma anche in questo caso i risultati commerciali sono assai modesti, così come quelli delle minicar Peugeot Ion/Citroen C-Zero/Mitsubishi i-Miev.

Insomma la più volte evocata crescita del mercato delle elettriche, si allontana ancora una volta e tutte, dico tutte, le previsioni di sviluppo sono andate puntualmente disattese. Costante invece la crescita delle ibride, benzina o diesel, con motore elettrico di supporto, che tra l’altro sembra la via obbligata per diminuire i valori delle emissioni di sportive e auto di grossa cilindrata e contenerli entro i limiti di normative sempre più severe, senza penalizzare le prestazioni.

Per il momento questo è il quadro di un mercato dell’elettrico che “non si accende” e che non crescerà a meno di accelerazioni significative dell’efficienza tecnologica delle batterie e del loro costo.

Nel frattempo per fortuna è cresciuta di molto l’efficienza dei nuovi motori diesel e benzina, nei quali la tecnologia innovativa nei sistemi di alimentazione ha ridotto i consumi e le emissioni in maniera sensibile e consentito un progressivo downsizingSarebbe stato impensabile solo fino a due anni fa, che i produttori americani offrissero dei motori a benzina 1,4 turbo come primo equipaggiamento delle loro auto di maggior diffusione, come Ford Fusion e Dodge Dart, o che sulle grandi berline e SUV di Mercedes, Audi e BMW le motorizzazioni di maggior diffusione diventassero dei 4 cilindri turbocompressi attorno alla soglia dei due litri, al posto dei tradizionali plurifrazionati a 6 e 8 cilindri.

I grandi costruttori – Ford, Volkswagen, GM, Peugeot – hanno oggi per le compatte dei segmenti A, B e C, dei piccoli tre cilindri attorno al litro di cilindrata, Fiat addirittura un bicilindrico 0,9, il Twin Air, che equipaggia ormai tutte le city car e le compatte del gruppo. Profonde evoluzioni, nelle quali quello che avrebbe dovuto essere il protagonista principale, l’auto elettrica, ha ancora uno spazio trascurabile

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