FCA: un piano in salita… soprattutto per Alfa
L’atteso aggiornamento del piano 2014/2018 abile slalom tra luci e ombre.
“Non è cambiato niente, gli obiettivi sono confermati, ma…”. E’ proprio sui ma, pur lasciati in ombra dai toni trionfalistici riservati ai risultati finanziari del 2015, dal ritorno in palcoscenico sul mercato europeo e dagli strepitosi risultati di Jeep, che si accumulano gli scricchiolii su un piano che era apparso nel maggio 2014 clamorosamente ottimista.
Troppo – assicuravano compatti analisti ed esperti – almeno per quello che riguardava le dichiarate 400.000 unità nel 2018 per la rinascente Alfa Romeo e di conseguenza per l’obiettivo globale di 7 ml di vetture per il Gruppo.
Ed ecco dunque che dal [glossario slug=”cilindro”] del mago Marchionne scompare semplicemente il numero di obiettivo, nel senso che tendenzialmente resta sui 7 milioni, ma senza specificare gli obiettivi dei marchi.
In sostanza il sottinteso è: non raggiungeremo gli obiettivi 2018 per Alfa (che slittano al 2020) ma, visto che Jeep, Chrysler e Fiat hanno già realizzato nel 2015 risultati migliori rispetto alle previsioni di piano, pur in presenza della depressione del mercato brasiliano e della frenata di quello cinese, il risultato numerico globale del gruppo “potrebbe” essere alla fine quasi invariato.
Il piano modelli Alfa slitta, gl’investimenti pure in parte, ma il resto del piano prodotti non subisce ritardi ed i margini crescono grazie all’apporto dei modelli premium. “L’importante è il raggiungimento dei risultati economico – finanziari” dice Marchionne e in effetti i risultati 2015 sono molto positivi, “fenomenali” li definisce.
113 mld di ricavi (+18%), 5,3 di profitti operativi (+40%), 2 mld di utile netto rettificato (+90%) che basta a sostenere gli oneri straordinari richiesti da norme di sicurezza e richiami con un avanzo di 377 ml, da 6 a 5 mld la riduzione dell’indebitamento industriale netto, risultati molto migliori delle stime. Per il 2016 previsti ricavi per 110 mld, profitti per 5, utile netto rettificato a 1,9, indebitamento sotto i 5.
Per il 2018 in definitiva stime al rialzo con 136 mld di ricavi, profitti 8,7/9,8, netti 4,7/5,5. Dunque obiettivi economici in rialzo, obiettivi di prodotto in ribasso, vuol dire che si confida in margini in crescita.
Ma restano molte incognite e variabili che possono incidere in vario modo sul resto del piano. Il merger anzitutto, l’aspirata fusione tra grandi capace di abbattere i costi e migliorare i margini. Marchionne sembra averci per il momento rinunciato, ma è molto probabile almeno una partnership di prodotto o un’alleanza mirata, con un costruttore asiatico e i candidati sono sempre gli stessi, Suzuki, Mitsubishi, Honda, Mazda.
Poi la successione se, come dichiarato, Marchionne cederà il comando ad un nuovo CEO; i favoriti al momento Alfredo Altavilla e Mike Manley, il boss di Jeep, ma sono almeno cinque i possibili candidati. Il ritardo del piano Alfa Romeo non è un buon segnale e restano dai contorni incerti le definizioni d’immagine dei brand Dodge, Chrysler, Fiat e Lancia (scomparirà del tutto o troverà una nuova definizione come luxury brand italiano?).
E’ certo che i costi aumenteranno ancora, per lo sviluppo delle norme su sicurezza, consumi ed emissioni. La guida autonoma da un lato, con la discesa in campo dei grandi dell’elettronica, e lo scandalo emissioni truccate dall’altro, con la frenata del diesel a favore dei veicoli ibridi, elettrici, a celle di idrogeno, possono incidere velocemente sul mutamento della domanda dei mercati e sulle valutazioni degli investitori finanziari
Aggiungiamo i travagliati cicli dei mercati mondiali, con Brasile, Russia e Cina in testa, e le generali incertezze politiche planetarie e abbiamo un quadro in cui azzeccare un piano quadriennale per un costruttore automobilistico diventa un’eventualità più o meno probabile.
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