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Google: la guida autonoma messa in difficoltà da un ciclista

Di Giuseppe Cutrone
Pubblicato il 31 ago 2015
Google: la guida autonoma messa in difficoltà da un ciclista
Dei leggeri movimenti di un ciclista fermo a un incrocio hanno messo in difficoltà l'auto intelligente di Google.

Dei leggeri movimenti di un ciclista fermo a un incrocio hanno messo in difficoltà l’auto intelligente di Google.

Nonostante siano viste da molti come il futuro dei trasporti, le automobili intelligenti, quelle capaci di guidarsi da sé senza bisogno che ai comandi ci sia una persona in carne e ossa, potrebbero non essere così intelligenti come si vuol far credere.  

La conferma di quanto gli algoritmi per la guida autonoma siano ben lungi dall’avvicinare la capacità di reazione e d’intuizione del conducente umano arriva da Austin, in Texas, dove una Lexus senza conducente di Google è andata in difficoltà durante una prova su strada pubblica. 

L’episodio è avvenuto a un incrocio in cui la Google autonoma è stata affiancata da un ciclista dotato di bicicletta a scatto fisso, ovvero quel tipo di velocipede dotato di rapporto fisso in cui ogni movimento del pedale corrisponde alla trasmissione del moto sulla ruota posteriore, senza la presenza del cosiddetto “meccanismo di ruota libera” che consente nella maggioranza delle bici in commercio di fermare la pedalata e continuare a viaggiare in avanti per semplice inerzia. 

In questo tipo di biciclette si frena agendo direttamente sui pedali, il cui moto di contrasto serve a decelerare il mezzo e consente, a chi ha una certa padronanza, di rimanere fermo e in equilibrio agendo con piccoli e misurati colpi di pedali in avanti e indietro, un po’ come quando, dosando con precisione frizione e acceleratore, si mantiene un’automobile ferma su strada in leggera salita.

Proprio questo tipo di manovra, che in inglese viene definita “trackstand“, ha messo in crisi il sistema elettronico che gestisce l’auto di Google. Sebbene il ciclista fosse fermo e la vettura avesse strada libera per spostarsi, infatti, i leggeri movimenti in avanti e indietro dei piedi sono stati rilevati dai sensori e classificati come oggetti in movimento dalla Lexus a guida autonoma, che ha così iniziato a muoversi in avanti di pochi centimetri per poi fermarsi, ripartire e poi fermarsi nuovamente come se il sistema fosse indeciso sul da farsi. 

La vicenda si è conclusa senza problemi e in tutta sicurezza, con il sorriso dei due addetti che erano a bordo della vettura e che subito hanno iniziato a prendere nota dell’accaduto sui computer in dotazione. Il ciclista, invece, ha scelto di rendere noto quanto accaduto su un forum rendendo così il siparietto di dominio pubblico. 

Per Google è stato sicuramente un passo utile ad affinare ulteriormente i propri algoritmi di guida, ma rimane comunque un grosso punto di domanda sulla reale “intelligenza” e affidabilità di questi sistemi, che si mostrano a volte incapaci di distinguere un vero pericolo da dei banalissimi movimenti di un ciclista fermo sul posto a un incrocio. Allo stato attuale almeno, i veicoli gestiti dall’elettronica appaiono tanto sofisticati quanto vulnerabili, vista la facilità con cui possono andare in difficoltà davanti a comportamenti apparentemente “bizzarri” e non previsti in origine dagli sviluppatori.  

Se si pensa che il mondo esterno è caratterizzato da un insieme infinito di variabili che cambiano momento dopo momento, si capisce bene come sia praticamente impossibile ponderare a priori ogni situazione che può verificarsi sulla strada, per cui diventa arduo l’obiettivo di “istruire” una macchina affinché essa reagisca sempre in maniera pertinente e sicura ad ogni sollecitazione esterna.

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