Cinghia di distribuzione, a quanti km si cambia e costo

Redazione Motori.it
16 Novembre 2020
cinghia distribuzione sostituzione e costo

Con attenzione a questo componente tanto “umile” quanto essenziale alla vita del motore, si possono evitare dei guai decisamente seri e molto più onerosi.

Capita spesso che il “lavoro sporco”, ovvero quello più importante per la catena cinematica, spetta ai componenti meno evidenti ad una prima occhiata nel vano motore. Cosa succederebbe se, ad esempio, mancasse il corretto sincronismo fra albero motore ed albero a camme? È presto detto: le valvole se ne andrebbero “per conto loro”; si piegherebbero fino anche a spezzarsi, lasciando dei monconi “tritati” dai pistoni. In poche parole: motore seriamente danneggiato, e conto di riparazione adeguatamente salato.

Ad uniformare il movimento dell’albero motore e le fasi di apertura e chiusura delle valvole – ma anche, nella maggior parte dei casi, anche a comandare il funzionamento della pompa dell’acqua – provvede un elemento di congiunzione. In alcuni modelli è una catena di materiale metallico, ed in molti altri modelli viene rappresentata da una sottile striscia di fili di acciaio ricoperti da un rivestimento di gomma.

È la cinghia di distribuzione, tanto “semplice” nel suo formato quanto fondamentale per il corretto lavoro del motore.

Presto o tardi, bisogna cambiarla

Come tutti gli elementi del veicolo, la cinghia di distribuzione non è eterna. Prima o poi verranno inventati dei materiali che… non si usurano mai: nel frattempo, è bene sapere che anche la cinghia va sostituita, e ad intervalli regolari. Proprio per evitare guai al motore, che possono diventare anche seri dal punto di vista della loro entità e, dunque, del portafoglio dell’automobilista.

È un fatto di fisiologica usura

L’usura che interessa la cinghia di distribuzione non è un fatto strano: deriva, alla più semplice, dalla costante tensione alla quale essa viene sottoposta data la sua collocazione di “trait d’union” fra albero a camme, albero motore, pompa dell’acqua e, in più, cuscinetti e tendicinghia, che sono le pulegge cui compete l’incarico di mantenere la cinghia stessa adeguatamente “tesa” in modo da favorire la sincronicità fra le parti rotanti.

Ma è sempre bene prestarvi attenzione

È chiaro che, andando “a monte” della questione, una rottura della cinghia può essere all’origine di notevoli danni che, come si accennava, possono andare dalla rottura delle valvole e dei pistoni, fino alla pompa dell’acqua ed all’albero a camme.

Neanche la catena è eterna, si obietterà. Questo è vero, tuttavia c’è una differenza di fondo: prima che sia necessario sostituire una catena, bisogna che il motore abbia macinato molta, molta strada; oppure che non si sia provveduto alla sua registrazione alle scadenze prescritte dalla casa costruttrice proprio per mantenerne la tensione ad un valore ottimale. La cinghia “in gomma”, invece, va cambiata. Operazione che, di per se, necessita di intervalli più ravvicinati fra loro rispetto alla catena di distribuzione, ed a costi inferiori; tuttavia, appunto, più frequenti.

C’è in gioco la vita del motore

Se però si considera che in ballo c’è l’integrità del motore, e perciò – in caso di rottura della cinghia – una spesa non indifferente in caso di riparazione (tanto che, nel caso di vetture non più freschissime, si preferisce fare prima e cambiare il motore “tout court” con uno di rotazione; oppure, in casi “estremi”, demolire direttamente la vettura), ecco che l’importanza di conoscere “quando” provvedere alla sostituzione della cinghia diventa fondamentale.

Perché la cinghia si rompe

“Perché si spezza…”. Chiaro, ma occorre sapere il motivo che c’è dietro questo fenomeno. Ed avviene all’improvviso oppure si fa annunciare? Prima di tutto bisogna tener presente a quali condizioni la nostra cinghia di distribuzione deve operare. Temperature eccessive nel vano motore, varie tipologie di percorrenza, magari un utilizzo che comporti frequenti salite, notevole carico del veicolo, o prevalenza di percorsi autostradali o su strade sconnesse.

Tutte cause che, alla lunga, possono provocare delle sottili “crepe” alla struttura della cinghia che, se non individuate con rapidità, inevitabilmente determinano la lacerazione della “umile” cinghia. Ecco perché è importante tenerne d’occhio le condizioni.

Si è, qui sopra, fatto cenno ad alcune delle situazioni che potrebbero essere causa di rottura della cinghia, e che – in generale – si riallacciano ad una condizione di “superlavoro”. Riassumendole, possiamo ricondurre la rottura della cinghia di distribuzione ad uno, o più, di questi casi:

  • usura di un cuscinetto tendicinghia o di entrambi i componenti
  • chilometraggio eccessivo
  • pulegge disallineate
  • eccessiva temperatura del motore
  • presenza di eventuali corpi estranei che tendano troppo, o in maniera anomala, la cinghia.

L’importanza dei controlli periodici

Va da se che è essenziale ricordarsi di controllare, di tanto in tanto, le condizioni della cinghia. In genere, ogni 30.000 km è bene darci un’occhiata: ci si accorgerà così, per tempo, se sia integra o se, al contrario, essa inizi a manifestare segni di usura o se la sua tensione non sia corretta.

La cinghia può fare rumore?

Il più delle volte, la rottura della cinghia avviene in modo repentino. Non avvisa preventivamente l’automobilista, cioè. Potrebbe accadere di avvertire un lieve cigolio proveniente dal motore, all’avviamento e che sparisce quando la vettura abbia raggiunto la corretta temperatura di esercizio: il più delle volte, ciò è provocato dai cuscinetti tendicinghia, ed in special modo a causa di umidità o durante la stagione fredda. Se si è certi che i cuscinetti non siano usurati, non è necessario sostituirli; diversamente, è bene recarsi quanto prima in officina per la loro sostituzione.

Quando sostituire la cinghia

Le cinghie di distribuzione sono “silenziose”: nel senso che purtroppo non “avvisano” il conducente di avere raggiunto un eccessivo grado di usura. Bisogna quindi stare molto attenti al chilometraggio effettuato dalla vettura oppure dal numero di anni trascorso dall’ultima sostituzione o, nel caso di un veicolo uniproprietario, dalla data di acquisto.

Esiste una regola generale, secondo cui la sostituzione della cinghia va effettuata:

  • fra 100.000 e 180.000 km
  • ogni cinque o sei anni.

Come accennato in precedenza, molto dipende dalle condizioni di utilizzo del veicolo. Per questo è importante “indagare” ad intervalli regolari sul suo stato di usura. Per fugare ogni dubbio, le Case costruttrici riportano, nel libretto di uso e manutenzione, le indicazioni – appunto in termini di percorrenza chilometrica o di anni – da rispettare per il cambio della cinghia, che è essenziale tenere in considerazione.

Quanto costa la sostituzione della cinghia

Il componente in se, ovvero soltanto la cinghia, costa relativamente poco: qualche decina di euro. Bisogna tuttavia considerare che, il più delle volte, insieme alla cinghia occorre cambiare l’intero kit, composto da:

  • cinghia dentata
  • tendicinghia fisso
  • tendicinghia regolabile.

In molti casi, insieme alla cinghia occorre sostituire anche la pompa dell’acqua, tanto che spesso i kit distribuzione in commercio vengono corredati con quest’ultima.

>> Pompa dell’acqua auto rotta: costo riparazione

In linea di massima, la somma da mettere in conto per la sostituzione di un kit di distribuzione in un’autovettura di fascia medio-bassa può essere compreso fra 300 euro e 600-700 euro.

Il discorso è un po’ complesso anche perché bisogna considerare l’entità dell’intervento. Può sembrare un discorso “strano”, ma a volte – per paradosso – in una vettura “utilitaria” il costo arriva ad essere proporzionalmente maggiore rispetto ad un modello di segmento superiore. Ciò in quanto, ad incidere sul costo finale, possono intervenire diversi fattori: dal posizionamento della cinghia, alle dimensioni del vano motore, e quindi agli spazi di “manovra” per l’autoriparatore, che può trovarsi costretto a rimuovere dei componenti per raggiungere la cinghia (se non, addirittura, sollevare il motore). Con aumento delle ore di lavoro e, quindi, del costo della manodopera.

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