Rilevatore di stanchezza in auto: cos'è, tipologie, come funziona
Quali sono i sistemi anti sonno da utilizzare in auto? In cosa consistono? Come funzionano? Perché sono importanti? E come fare se si deve affrontare un lungo viaggio e non si ha a propria disposizione un rilevatore di stanchezza? Ecco una serie di questioni della massima importanza per tutti gli automobilisti.
Anche se si hanno poche occasioni per effettuare dei lunghi viaggi, è fondamentale sapere che la guida deve essere sempre attenta, vigile e concentrata. Condizioni che, peraltro, se mantenute per lungo tempo possono contribuire all’insorgere di stanchezza per chi guida. A questo proposito, le aziende di componentistica e le Case costruttrici di autoveicoli hanno da tempo sviluppato dei sistemi in grado di rilevare la stanchezza del conducente, utili appunto a “leggere” un possibile calo di concentrazione in chi guida e consigliargli una pausa di qualche minuto, essenziale per evitare colpi di sonno.
In questa guida vediamo quali tipologie di rilevatori di stanchezza in auto sono disponibili, come si usano, come funzionano, e ogni quanto è consigliabile effettuare una sosta nei lunghi viaggi.
Cos’è il rilevatore di stanchezza del conducente in auto
Prima di tutto, una considerazione: perché in auto viene sonno? Le cause possono essere molteplici: dalla cronica riduzione delle ore di sonno notturne, a fenomeni di apnee ostruttive durante il sonno, a lunghi periodi di guida trascorsi al volante, senza effettuare pause, dunque con una sopravvalutazione delle personali capacità di resistenza che è potenzialmente pericolosa.
È di fondamentale importanza interpretare all’istante i sintomi che preludono alla possibilità di subire un colpo di sonno mentre si guida:
- Eccessiva stanchezza;
- Sbadigli;
- Pesantezza delle palpebre;
- Difficoltà di messa a fuoco di ciò che avviene davanti al veicolo;
- Difficoltà di mantenimento della corretta traiettoria di marcia della vettura;
- Manovre brusche;
- Pensieri confusi e mancanza di concentrazione;
- Irritabilità.
Per evitare il rischio di causare un incidente, è importante in primo luogo riposare al meglio durante la notte, evitare nel modo più assoluto l’assunzione di alcolici e di pasti abbondanti nelle ore precedenti il viaggio, fermarsi ad intervalli regolari (ogni due ore circa) per rilassarsi, se è il caso bere un caffè (va tenuto comunque presente che i suoi effetti hanno durata limitata), sgranchirsi le gambe.
Un valido aiuto per scongiurare il rischio di un colpo di sonno alla guida viene assicurato dai dispositivi che rilevano la stanchezza del conducente.
Tipologie di rilevatori di stanchezza e come funzionano
I rilevatori di stanchezza del conducente, attualmente adottati da molte auto moderne e tecnologiche, sono fra i sistemi ADAS più diffusi, semplici ed efficaci, proprio per la tecnologia che integrano e in base alla quale funzionano. I principali tipi esistenti sono due: a tempo e reale. Vediamo cosa sono e come funzionano.
Rilevatore di stanchezza a tempo
Il sistema di rilevamento a tempo della stanchezza conducente deve il proprio nome alle caratteristiche di funzionamento: appunto, in base alle ore di guida.
Nello specifico, il computer di bordo della vettura inizia la misurazione del tempo di marcia dal momento in cui si avvia il motore, e continua a registrarlo fino a quando il conducente non spegne l’auto. A sua volta, il rilevatore di stanchezza a tempo emette, ad intervalli regolari (che di solito sono di 90 minuti o 120 minuti) un segnale acustico e fa visualizzare una scritta sul display. Il rilevatore di stanchezza a tempo, in effetti, non misura l’effettivo affaticamento del guidatore: lo suppone. Ovvero: ritiene che, dopo un’ora e mezza o due ore di guida continua si abbia bisogno di una sosta, perché è possibile che si sia stanchi e la concentrazione alla guida non è più la stessa che si aveva al momento della partenza. Quando il conducente ferma la vettura e spegne il motore, il timer nel computer di bordo e collegato al rilevatore di stanchezza a tempo si azzera, per ripartire quando ci si mette di nuovo in movimento.
Rilevatore di stanchezza reale
Il funzionamento del rilevatore di stanchezza reale è più articolato: per questo, il suo costo è maggiore (ma anche il livello tecnologico). In effetti, il più delle volte il rilevatore di stanchezza reale si abbina ad altri dispositivi di monitoraggio della guida, come ad esempio il sistema che rileva un improvviso cambio di corsia.
Una serie di sensori si incarica di controllare in maniera costante il volto del conducente, monitora quante volte si battono le palpebre, tiene sotto controllo i mutamenti di espressione nel viso del guidatore (che vengono “lette” come possibili sbadigli), gli eventuali improvvisi cambi di corsia senza che l’indicatore di direzione sia stato azionato, un allentamento della presa delle mani sul volante. Se uno di questi segnali, o sintomi, viene rilevato dal dispositivo di monitoraggio reale della stanchezza conducente, si ha una misurazione più analitica e, appunto, veritiera (reale).
Bracciale anti sonno
Oltre ai sistemi di bordo che rilevano la stanchezza del conducente, sono da considerare anche i dispositivi ottici a sensori – che, per mezzo di alcune telecamere posizionate nell’abitacolo dell’auto, leggono e interpretano i movimenti della testa, dello sguardo e le reazioni del guidatore – e i braccialetti anti sonno, che agiscono interfacciandosi con il computer di bordo del veicolo per emettere segnali acustici e vibrazioni.
Ogni quanto è bene fermarsi per una pausa?
Come si accennava in apertura, il rilevatore di stanchezza, che va mantenuto sempre nelle migliori condizioni di utilizzo (a questo proposito: è importante la calibrazione degli ADAS quando si guasta uno dei dispositivi di ausilio attivo alla guida presenti nel veicolo, oppure in caso di sostituzione della centralina o del parabrezza), non si sostituisce completamente alla volontà del conducente.
La prudenza alla guida è al primo posto delle qualità di un buon automobilista: per questo, quando si viaggia è importante concedersi delle brevi soste, ad intervalli regolari. Le “lunghe tirate” non vanno mai bene: un momentaneo calo di concentrazione può essere estremamente pericoloso. In effetti, il Codice della Strada prescrive, ai conducenti di autocarri, di bus e di pullman, un numero massimo di ore di guida giornaliere, e un numero minimo di ore da dedicare al riposo.
Per gli automobilisti, invece, non c’è alcun limite di tempo delle ore di guida né di sosta: è chiaro che questo riguarda soprattutto il fatto che i viaggi più lunghi in auto sono mediamente più rari rispetto a quelli di camion e pullman, che avvengono tutti i giorni. Per questo, chi guida un’autovettura deve necessariamente usare il buon senso.
Se non si dispone di un rilevatore di stanchezza, è bene effettuare una pausa ogni due ore di guida. I vantaggi di fermarsi a più riprese durante un viaggio sono molteplici, e tutti improntati alla sicurezza di chi è al volante e – soprattutto – degli altri:
- Si aiuta a mantenere attiva l’attenzione;
- Si evitano cali di concentrazione;
- Si favorisce la riduzione del carico di muscoli e ossa delle gambe, delle braccia, del collo e della schiena.
Assumere la stessa posizione a lungo, in effetti, non è salutare per il corpo umano: i muscoli dorsali, delle gambe e delle braccia sono costretti a un lavoro supplementare, causato dall’essere in continua tensione. Il rischio, in questi casi, è di sviluppare infiammazioni ai tendini e intorpidimento delle articolazioni.
Sono poi da considerare le condizioni effettive di guida: un lungo tragitto in autostrada è meno stancante rispetto a un viaggio su strade tortuose (a maggior ragione se il manto stradale è irregolare). Inoltre, condizioni atmosferiche avverse – pioggia, nebbia, neve – possono condizionare in maniera notevole la stanchezza del conducente. Anche l’orario scelto per mettersi in viaggio è importante: in estate, ad esempio, è consigliabile non guidare nelle ore più calde della giornata, e – al contrario – durante l’inverno sarebbero da evitare l’alba e la notte.
Effettuare una pausa ogni due ore al massimo aiuta, dunque, a recuperare le facoltà fisiche e mentali fondamentali per guidare in tutta sicurezza.
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