Honda NR: il motore con pistoni ovali
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Il progetto Honda è passato alla storia per l’inedita forma dei pistoni e altre innovazioni: una scommessa tecnologica tra le più audaci del motorismo
I giapponesi non si lasciano intimorire dalle sfide. Anche quando si tratta di abbandonare una strada conosciuta, per affrontare le insidie di una via nuova. Il progetto Honda NR, acronimo per New Racing ma anche New Road, rappresenta proprio questo: un inedito filone nella progettazione di motori, caratterizzato da soluzioni uniche e mai tentate prima.
Alla fine degli anni ’70 la Honda voleva tornare nel motomondiale dopo gli anni del ritiro a causa del regolamento che sfavoriva i motori quattro tempi, con i quali negli anni ’60 aveva ottenuto numerosi successi. Durante l’assenza della Casa giapponese i Gran Premi erano dominati dai motori due tempi, ma il legame con la tradizione (a 4 tempi) prevalse.
Nacque così la scommessa tecnologica: progettare un motore 4 tempi in grado di rivaleggiare con i due tempi, nonostante i forti vincoli dettati dal regolamento. Non potendo aumentare la cilindrata (la cubatura massima era stabilita) né il frazionamento (fissato a quattro cilindri) per aumentare la potenza specifica la soluzione era aumentare il regime massimo di rotazione. Un’idea che portò alla necessità di raddoppiare il numero di valvole per [glossario slug=”cilindro”] (per sopportare le maggiori sollecitazioni) e conseguentemente a quella di cambiare la forma dei cilindri. Gli ingegneri dell’Asaka R&D Center arrivarono alla conclusione che il modo migliore per posizionare otto valvole per [glossario slug=”cilindro”] fosse utilizzare una sezione ovale al posto della classica sezione circolare. Ogni [glossario slug=”cilindro”] era ottenuto dalla fusione di due cilindri circolari in un unico pezzo ed aveva due bielle.
Nell’agosto del 1979 il risultato di questo inedito progetto, la Honda NR 500 (0X) debuttò nell’undicesimo Gran premio della stagione, a Silverstone. La moto aveva numerose altre soluzioni avveniristiche, pensate principalmente per ovviare all’aggravio di peso del motore rispetto ai “due tempi”. Il telaio era monoscocca in alluminio con una lamiera spessa 1 millimetro mentre la forcella anteriore era di tipo upside-down. Il motore era un 4 cilindri a V con angolo di 100 gradi e sviluppava 100 CV a 16.000 giri/min. L’esordio in pista, carico di aspettative, fu però totalmente deludente per problemi di affidabilità, dimostrandosi uno degli insuccessi più clamorosi del motociclismo di vertice. La situazione non migliorò nemmeno nella gara successiva, il GP di Francia, in cui le due moto schierate non riuscirono nemmeno a qualificarsi per la gara.
Iniziarono a emergere i tanti problemi di un motore e di una moto ancora immaturi, ben lontani dall’essere competitivi. Il progetto era troppo innovativo e, nonostante le importanti risorse finanziarie messe in campo dalla Casa, aveva avuto poco tempo per essere sviluppato. Ma i giapponesi non accettano la resa e così lo sviluppo continuò negli anni successivi, pur rinunciando a molte delle innovazioni iniziali: via il telaio monoscocca, i radiatori laterali, la forcella upside-down e i cerchi da 16 pollici. I progettisti non riuscirono comunque a migliorare l’erogazione troppo brusca e il peso, circa 20 kg maggiore della concorrenza. Il motore 3X del 1983 sviluppava 130 CV a 19.500 giri/min. Nonostante gli sforzi, l’unico successo nelle competizioni fu la vittoria alla 500 km di Suzuka del 1981 con il pilota Kengo Kiyama in sella ad una NR500 2X.
Lo sviluppo delle Honda NR continuò con la NR750 del 1987, con cilindrata portata a 750 cc. Il motore era un 4 cilindri a V con angolo di 85° tra le bancate capace di sviluppare 155 CV a 15.250 giri/min. Al di fuori delle competizioni, il motore con i cilindri ovali debuttò in un’unica versione stradale, commercializzata nel 1992. Prodotta in serie limitata a 322 esemplari, la Honda NR (RC40) montava un 4 cilindri a V di 90° che erogava 125 CV a 14.000 giri. Nel 1993 questa moto, pilotata dall’allora campione in carica Loris Capirossi, stabilì diversi record sull’anello di Nardò, tra cui il chilometro da fermo con la velocità di 299,825 km/h e i 10 km con partenza da fermo (media di 283,551 km/h).
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