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La chiave del successo? Lo stile...

Di Fabrizio Brunetti
Pubblicato il 14 mag 2013
La chiave del successo? Lo stile...
Non la meccanica, non la tecnologia, nemmeno il prezzo. La motivazione principale all'acquisto dell'auto resta il fattore emozionale...

Non la meccanica, non la tecnologia, nemmeno il prezzo. La motivazione principale all’acquisto dell’auto resta il fattore emozionale…

I recenti successi commerciali nel settore automotive – le nuove “icone” che cambiano le classifiche di gradimento e di vendita e l’appeal di un marchio – hanno un fattore comune che si rivela quanto mai determinante: la personalità e riconoscibilità dello stile.

E’ il design di un modello che ne consente la percezione da parte del pubblico potenziale che in quel design cerca, il riscontro del suo desiderio, la proiezione del sé e del “come vorrei apparire”. E in effetti gli spot puntano sempre di più sul trasmettere uno stile di vita, una personalità caratteriale, un’immagine sociale.

E’ un meccanismo di suggestione emozionale, molto simile a quello che perseguono ad esempio i pubblicitari dei profumi. La forma, la grafica, la finitura del contenitore, la notorietà del marchio, la sua personalità sono assolutamente prevalenti rispetto alla fragranza o al prezzo. Se questo vale per un profumo o per un capo d’abbigliamento, vale certamente ancor di più per la scelta di un bene, come l’auto, che è il secondo, dopo la casa, più importante nella motivazione d’acquisto e nell’impegno economico.

Dunque, in un mondo automobilistico in cui piattaforme e meccaniche sono condivise tra numerosi modelli di diversi marchi e in cui le differenze “sottopelle” – come schema meccanico, motorizzazioni, cambi, tecnologie – tra modelli concorrenti sono minime, la differenza vera risiede proprio nel design, accattivante e personale, negli allestimenti, nell’immagine.

Ecco allora spiegato il successo di modelli che diventano subito icone trendy e modaiole, riferimento indiscusso del segmento d’appartenenza. Fiat 500, Mini, Nissan Juke, Range Rover Evoque, Citroen DS3, Mercedes Classe A, Infiniti FX, Nissan Qashqai, diversissime tra loro ma accomunate da un design che ne esalta la personalità distintiva.

L’elemento di distinzione può essere la simpatia, magari evocativa di modelli del passato, come nel caso di 500, Panda e Mini, la perfezione innovativa delle forme come nel caso del bellissimo SUV Evoque, l’originalità come negli occhi a ranocchia e nelle proporzioni raccolte del SUV compatto Nissan Juke, nell’idea geniale, ancora di Nissan, di proporre un “crossover look”, con il fortunato Qashqai, come alternativa alle classiche berline a due volumi del segmento C – Golf, Bravo, 308, Astra, Focus – con gli stessi prezzi ma con un aspetto molto più solido e importante.

E il design ha talvolta profondamente modificato la percezione di un marchioGrazie al design, finalmente innovativo e personale, i due marchi del gruppo coreano, Hyundai e Kia, hanno completamente mutato la percezione della loro immagine.

Certo lo stile non deve essere necessariamente innovativo, anzi in qualche caso la conservazione della propria identità è essa stessa la chiave del successo. E’ stato il caso di grandi icone del passato, come 500Maggiolino o Mini, lo è tuttora per la più classica delle Jeep, la Wrangler, che resta il modello più venduto del marchio americano, per Mercedes classe G, per la sessantacinquenne Land Rover, modelli accomunati dalla stessa immagine di inarrestabili, affidabili, essenziali, sobri, maschili.

Quello della conservazione della propria identità è in parte anche il tema dei marchi o modelli di forte immagine come BMW, Audi, Mercedes o della inossidabile Golf. In quel caso il design ha il delicato compito di innovare senza distacchi traumatici rispetto ad un canone di successo nel quale il cliente del marchio si identifica.

Certo si può innovare, con successo, anche per questi marchi come è stato con il design della prima TT per Audi, della berlina/coupè CLS per Mercedes, della BMW serie 5 di Chris Bangle, ma proprio le scelte troppo diverse di Bangle hanno anche decretato l’insuccesso della pesante serie 7, o quello scarso della precedente Z4. Mercedes, con la compatta sportiva Classe A ha innovato profondamente la sua immagine, aprendo ad una nuova tipologia di cliente.

A volte la ciambella riesce senza buco e proprio lo stile contribuisce all’insuccesso di un’idea. E’ il caso delle due Renault, Vel Satis e Avantime, tragici flop, ma oggi in Renault proprio allo stile sono dovute le eclatanti partenze di Clio e Captur e il raddoppio delle vendite della vecchia Twingo, ristilizzata secondo il nuovo design della casa francese.

Insomma, in un mondo di auto tutte uguali sotto la carrozzeria, il design assume ogni giorno di più il ruolo e la responsabilità di decretare il successo o l’insuccesso di un marchio o di un modello, di distinguersi nel mare delle offerte, altrimenti molto simili tra loro.

Bene lo sanno i produttori di auto che, sempre di più, investono in Centri Stile e nella ricerca di nuove nicchie e prodotti dalla formula innovativa. Quando trovano la chiave di appeal che funziona, tendono a consolidarla oltre il modello, a farne un brand che ha propria autonomia e personalità. E’ il caso appunto di Mini, di 500 e di DS per Citroen che hanno (o avranno) una gamma completa di modelli con la stessa continuità d’immagine che ha decretato il successo del primo modello.

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