Non si parla d’altro, ma sarebbe una fusione possibile e vantaggiosa? Le alternative.
Non si parla d’altro, ma sarebbe una fusione possibile e vantaggiosa? Le alternative.
Il problema per Fiat e Peugeot è esattamente lo stesso. Entrambi i gruppi dipendono troppo dal recessivo mercato europeo e sono in difficoltà rispetto alle agguerrite tedesche sui mercati emergenti.
Questo dato generale le accomuna, insieme ad una forte presenza “familiare” nell’azionariato, che vale il 30% dei diritti di voto per Fiat e addirittura il 46% per i cugini Peugeot.
Sono entrambi costruttori generalisti, destinati fatalmente in Europa a confrontarsi con il mega gruppo Volkswagen, generalista di lusso, che vende quanto i due gruppi assieme e realizza anche in Europa incrementi a due cifre.
Il 2011 è finito con 3,8 milioni di veicoli per Fiat/Chrysler e 3,4 per Peugeot/Citroen. Fiat vale di più ma ha un indebitamento maggiore, sicché il peso finanziario dei due gruppi è complessivamente equivalente. Le similitudini finiscono qui e le differenze sono la chiave d’interesse di una possibile e auspicata fusione per costituire un gruppo forte quanto Volkswagen.
Tutti sappiamo che la “profezia” di Marchionne di tre anni fa è ormai una certezza. Per un costruttore generalista la soglia di profittabilità, in particolare per il costo di sviluppo e produzione dei segmenti A e B – nel caso Panda, 500, Punto, 107, 208, C1, C3, DS3 – deve superare i sei milioni di pezzi, quindi solo cinque o sei maxi gruppi resteranno ad operare.
Fiat/Chrysler deve per il momento il suo successo essenzialmente alla ripartenza strepitosa della ex moribonda Chrysler, al mercato americano, o meglio alla produzione americana e al Brasile, nel quale conserva il primato delle vendite.
I dolori vengono dall’Europa e dall’assenza dai ricchi mercati emergenti di Cina, India e Russia. Dal punto di vista delle scelte strategiche Fiat è indietro rispetto all’ibrido che sembra ormai la nuova frontiera dei mercati maturi.
Quindi Fiat è alla ricerca di un partner, necessariamente generalista, che sia presente nei mercati in sviluppo, che abbia tecnologie ibride avanzate e con il quale condividere oltre alle economie di scala nei segmenti A, B e C, – grandi numeri, basso margine – anche quelli nei segmenti medi e alti, D, E e F, che hanno margini alti ma soglie di costo altrettanto alte.
Peugeot risponde a queste esigenze? Certamente sembra un partner ideale per le dimensioni, per la complementarietà di offerta, per l’ibrido associato al diesel di cui è leader tecnologico. Peugeot inoltre è partita prima di Fiat sui mercati di Cina e India e già dispone di uno stabilimento per vetture e di uno per i commerciali, anche se è ben lontana dalla penetrazione di Volkswagen.
Stesso discorso per la Russia, con un vantaggio di due anni rispetto alla situazione di pre partenza attuale di Fiat. Per l’ibrido Peugeot vanta la tecnologia ibrida elettrico/diesel che farebbe comodo anche a Chrysler sul mercato americano, ormai molto attento alle vetture a basso impatto ambientale.
Peugeot ha lo stesso problema dimensionale di Fiat/Chrysler, è troppo piccola per avere una posizione di forza nel ristretto olimpo dei costruttori generalisti dei prossimi anni.
Fiat offre tecnologia nelle compatte, piattaforme e motorizzazioni benzina e diesel perfettamente integrabili, ha la presenza sul mercato americano dal quale Peugeot è assente, potrebbe fornire le basi per le ammiraglie oltre la 508/C5, è leader ed ha stabilimenti in Brasile, nuovo eldorado.
Ma… ma questo matrimonio presenta tante incognite. Peugeot ha sempre privilegiato la linea degli accordi mirati con altri costruttori su singoli prodotti, rispetto ad una fusione o integrazione completa e, anche se lo stile Fiat è ben diverso da quello arrogante e prevaricante dei tedeschi, trovare un equilibrio nella gestione dei poteri appare assai complesso, possibile ma complesso.
In secondo luogo l’altra spina nel fianco di Peugeot è il problema degli esuberi negli stabilimenti europei (6.000 in totale, di cui 5000 in Francia), che la fusione, con le auspicate sinergie, aggraverebbe. La resistenza in Francia è forte, anche perché due anni fa PSA ebbe finanziamenti pubblici in cambio dell’impegno a non delocalizzare e mantenere la produzione e la forza lavoro in patria.
In definitiva da Fiat/Chyrsler più Peugeot/Citroen nascerebbe un gruppo fortissimo, da 10 milioni di veicoli all’anno, al vertice della produzione mondiale con Volkswagen e Toyota, presente su tutti i mercati e con una gamma prodotti e brand molto articolata, ma con complessità di gestione e strategia.
Per entrambi i promessi sposi le alternative più probabili sembrano quelle di un matrimonio asiatico – Honda, Suzuki e Tata le candidate più gettonate – che assicurerebbe il presidio totale dei mercati e costi di produzione più bassi.
Resta sempre attuale, a completare il mosaico delle possibili mosse, l’eventuale seconda puntata dell’acquisizione di Opel. Nonostante la raffica di novità infatti Opel resta una pesante perdita per la convalescente General Motors, che non ha rinunciato all’idea di cederla, ma vuole farlo ad un prezzo congruo e possibilmente senza fare un favore ai competitors più forti.
Per questo qualcuno ha anche ipotizzato che nel piano di un’eventuale fusione Fiat/Peugeot possa rientrare anche l’acquisto di Opel. Il gruppo sarebbe in tal modo il più grande costruttore europeo e prevedibilmente primo produttore mondiale.