Il tramonto del marchio svedese: episodio isolato o simbolo emblematico di un futuro che vedrà la scomparsa di marchi illustri
Il tramonto del marchio svedese: episodio isolato o simbolo emblematico di un futuro che vedrà la scomparsa di marchi illustri
Sessantadue anni di storia automobilistica che hanno permesso alla Saab di vivere momenti di forte ed autentica personalità a cominciare dalla aerodinamica 92 e dalla 99, che inaugura – per la Casa – la produzione in serie di un modello sovralimentato, fino alla “reinvenzione” della cabriolet di tendenza con la 900.
Come è accaduto tante altre volte a seguito dell’assorbimento di marchi prestigiosi nella rete dei grandi costruttori, la gestione Saab da parte della General Motors ha visto un progressivo appannamento della personalità del marchio svedese.
E quando la crisi GM ha messo sul mercato tutti i marchi del gruppo, Hummer è andata subito ai cinesi (!), Opel ha subito una serie di spericolate manovre di “accasamento” per restare alla fine ancora in GM, Saab è stata subito messa in saldo a prezzo stracciato e nonostante ciò non ha trovato un serio compratore.
Ad oggi il destino del marchio Saab è ancora incerto, salvo lo spezzatino dei diritti di commercializzazione di 9-3 e 9-5 acquistati dai “soliti” cinesi.
E’ un episodio isolato? O forse è un inquietante segnale di una tendenza, quella della scomparsa dei marchi con la concentrazione su pochi e forti, destinata a consolidarsi in quello scenario di maxi concentrazione dei gruppi automobilistici profetizzata da Marchionne un anno fa?
Con il cuore vorrei fosse solo un episodio, triste ma marginale. Ma la ragione suggerisce che la “fine della storia” per Saab, sia anche l’annuncio della fine della storia per altri marchi illustri.
Perché dovrebbe essere conveniente per un grande gruppo cancellare un marchio anziché gestirlo? Perché anziché un valore dovrebbe essere un disvalore il possesso di un marchio che non fa grandi numeri?
Per due motivi dicono i cinici profeti del realismo: il primo è che i costruttori di nicchia richiedono strategie di prodotto e di vendita sicuramente diverse da quelle riferibili ai produttori mondiali dai grandi numeri e i casi di successo – in questo caso – si contano sulla punta delle dita; il secondo è quello recentemente esemplificato da Marchionne nella lapidaria dichiarazione “i marchi costano” riferita ad Alfa Romeo e Lancia; vale a dire che personalizzare e sostenere un marchio (in termini di progettazione, sviluppo della specificità, investimenti nei media, rete e modalità di commercializzazione) costa molto ma non garantisce un ritorno adeguato.
In effetti i soldi investiti nei piani di rilancio dell’Alfa Romeo, costantemente rimasta in perdita, quelli investiti da GM in Saab, anch’essa in rosso dalla sua acquisizione, il bagno di sangue di BMW con Rover, quelli di Mercedes con Chrysler e di Ford con tutti i marchi acquisiti, anche Volvo e Jaguar, dimostrerebbero quanto è improduttivo incaponirsi ad investire sui singoli marchi anche se hanno un passato di prestigio e quanto più saggio sia concentrare gli sforzi su pochi brand che assicurino margini adeguati.
Per contro molti sostengono che spesso non sia l’investimento in un brand di valore ad essere sbagliato ma la strategia di gestione che viene attuata. E quindi non é un problema di redditività ma di capacità imprenditoriale. Infatti se Ford ha scelto di concentrarsi solo su Ford, abbandonando tutti gli altri marchi, Volkswagen ha invece scelto la strada esattamente opposta con una proliferazione di marchi che è arrivata alla dozzina: dai popolari Seat e Skoda agli elitari Porsche, Lamborghini e Bentley.
Tra le due strategie qual’è quella vincente? A giudicare dai risultati di bilancio la strategia VW é in concreto quella vincente. Credo che la maggior parte degli insuccessi nella gestione dei marchi automobilistici sia effettivamente imputabile ad una strategia imprenditoriale non efficace. Quasi tutti gli acquisitori si comportano da conquistatori e tendono a replicare sui marchi di nicchia la propria cultura d’impresa.[!BANNER]
I risultati sono spesso disastrosi e a costi elevati propongono risultati inadeguati, perdita d’immagine e identità del marchio. E se i prevalenti insuccessi degli ultimi anni dimostrano che è davvero difficile gestire con efficacia brand dalla forte personalità, è anche vero che a lungo termine la differenziazione, sebbene ardua da gestire, può essere davvero la chiave di volta per vincere la sfida in un mercato dell’auto ormai saturo e ipercompetitivo.