Mega frode fiscale nel settore auto: sequestri milionari, ecco come funzionava
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Cinque milioni di euro sequestrati, diciannove immobili bloccati, tre motoveicoli confiscati e redditi non dichiarati per 10 milioni di euro. Sono questi i numeri dell’operazione “Tax Free Cars” condotta dalla Guardia di Finanza di Cosenza, che ha smascherato un sistema di frode fiscale nel settore auto provenienti dall’Unione Europea.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Paola e avviata dalla Tenenza di Scalea, ha portato alla luce un meccanismo sofisticato di evasione IVA nel settore automobilistico. Nel mirino degli investigatori è finita una società specializzata nella compravendita di veicoli, il cui rappresentante legale, insieme a un amministratore di fatto e un collaboratore occulto, avrebbe orchestrato un elaborato sistema di falsificazione delle fatture dei fornitori europei.
Come funzionava la frode fiscale nel settore auto
Il gruppo aveva ideato una strategia fraudolenta basata sulla manipolazione dei documenti contabili e sulla presentazione di dichiarazioni fiscali non veritiere. Questo schema ha consentito agli indagati di occultare al fisco una somma considerevole, arrecando un grave danno all’erario pubblico.
Le autorità giudiziarie hanno risposto con un provvedimento di sequestro preventivo che ha colpito un consistente patrimonio immobiliare e mobiliare. L’intervento si inserisce in una più ampia strategia di contrasto all’evasione fiscale nel settore automotive, particolarmente vulnerabile a questo tipo di illeciti.
Il commercio internazionale di auto comunitarie rappresenta infatti un ambito particolarmente sensibile alle frodi fiscali, richiedendo una costante vigilanza da parte delle autorità competenti. L’operazione cosentina dimostra come la collaborazione tra diverse forze investigative possa produrre risultati concreti nella lotta all’evasione.
L’azione della Guardia di Finanza conferma l’impegno delle istituzioni nel preservare la legalità nel settore commerciale e nel tutelare gli operatori onesti dalla concorrenza sleale. Il caso evidenzia inoltre la necessità di mantenere alta l’attenzione sulle transazioni transfrontaliere, spesso utilizzate come strumento per eludere gli obblighi fiscali.
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