Mercato auto, Fase 2: servono incentivi ancora più estesi per il rilancio

Redazione Motori.it
21 Maggio 2020
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Nuove richieste di aiuto al Governo: per le Associazioni della filiera auto, senza nuovi provvedimenti di ampio sostegno il futuro è drammatico.

Livelli delle immatricolazioni ai minimi storici; una ripartenza delle attività industriali, commerciali e di servizi, che relativamente al comparto automotive si accompagna ad una pesantissima situazione di incertezza. Sono, queste, due delle conseguenze più evidenti del lungo drammatico periodo di “lockdown” che l’emergenza da Coronavirus ha provocato. E che, annunciano a gran voce le Case costruttrici ed i rappresentanti dell’intero comparto automotive, per essere superate necessitano di importanti sostegni alle imprese ed ai consumatori. Ci sono gli incentivi, d’accordo; l’Ecobonus ministeriale, introdotto con la Legge di bilancio 2019 e che, dopo i 60 milioni di euro per il primo anno, stanzia 70 milioni per il corrente 2020 ed altrettanti saranno a disposizione del mercato nel 2021. A sua volta, il Governo ha, nel nuovissimo “Decreto Rilancio”, provveduto a formulare i Bonus Rottamazione e ad un rifinanziamento degli incentivi per l’acquisto di autoveicoli aventi valori di emissioni di CO2 inferiori a 60 g/km e fino a 60.000 di prezzo “su strada”: di fatto, 300 milioni di euro in più.

Occorre fare di più

Sono, questi, minimi (quanto doverosi: ne va della salute di un comparto che, per fatturato complessivo, in Europa incide per il 7% sul PIL globale UE) passi in avanti verso la ripartenza del settore dell’auto a livello nazionale. Tuttavia non basta: e se da una parte è chiaro che lo sviluppo del sistema-auto incoraggia l’evolversi dell’elettrificazione della mobilità – ne sono testimonianza i mega investimenti che le Case costruttrici adottano, anche dando vita ad alleanze strategiche, per affrontare con maggiore forza la delicata fase di transizione verso un nuovo approccio sostenibile alla circolazione privata e pubblica -, da parte delle stesse Case auto, e delle Associazioni della filiera, occorre dare vita ad un ampio programma di interventi ad hoc per una piena ripartenza del settore.

Delusione sulla scelta di pensare soltanto ai veicoli a basse emissioni

A far nuovamente suonare il campanello d’allarme (dopo una prima chiara indicazione diffusa a fine marzo, e rivolta alla Presidenza della Commissione Europea, da ACEA insieme a Clepa, Etrma e Cecra), sono Anfia, Unrae e Federauto. Ovvero, l’Associazione nazionale Filiera dell’Industria automobilistica, l’Unione dei Rappresentanti Autoveicoli esteri e la Federazione che raggruppa gli operatori della rete commerciale. Di fatto: tutte le Case costruttrici, nazionali ed estere, e le concessionarie auto. In un comunicato congiunto, Anfia, Unrae e Federauto dichiarano di avere “Accolto con sorpresa, delusione e, soprattutto, grande preoccupazione, la scelta del Governo, nel recente Decreto Rilancio, di limitarsi al rifinanziamento del fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni”: il riferimento è, come si accennava, all’erogazione del nuovo plafond per l’acquisto di auto ibride ed elettriche con meno di 60 g/km di emissioni di diossido di carbonio. Un intervento che, nel comunicato, viene bollato come “Poco significativo per un’effettiva ripartenza del settore automotive nel nostro Paese”.

Le condizioni per lo sviluppo dell’elettrificazione sono mutate

Il comparto automotive nazionale, sottolineano Anfia, Unrae e Federauto, è “Certamente impegnato ad incoraggiare il processo di elettrificazione della mobilità e lo testimoniano gli ingenti investimenti che la filiera italiana ed europea sta compiendo, ad ogni livello di competenza, per affrontare questa delicata transizione, di per sé sfidante in termini di risultati di mercato, raggiungimento degli obiettivi ambientali europei e tenuta dell’occupazione”. “Le condizioni, purtroppo, non sono più quelle di qualche tempo fa: sono profondamente mutate”.

Le cifre di mercato parlano chiaro

Per meglio comprendere la gravità dello scenario fotografato dalle Associazioni della filiera automotive, è opportuno ricordare come, negli ultimi due mesi, il mercato dell’auto abbia subito un vero e proprio crollo, tanto grave quanto vasta è la sua incidenza sull’economia nazionale e comunitaria.

Le nuove immatricolazioni si sono, dunque, quasi azzerate (e se “quota zero” non è stata raggiunta, poco ci manca). Occorre per di più considerare che a livello europeo il “lockdown” è giunto ad aggravare una situazione già in negativo (-7,5% delle nuove immatricolazioni a gennaio; -7,4% a febbraio 2020). A loro volta, rimarcano Anfia, Unrae e Federauto, i numeri che indicano l’impatto dell’emergenza da Coronavirus sul settore automotive sono sotto gli occhi di tutti: : i livelli produttivi dell’intera filiera in Italia – già in calo da 20 mesi a fine febbraio 2020 – sono “Crollati del 21,6% nel primo trimestre dell’anno, periodo in cui gli autoveicoli prodotti risultano in diminuzione del 24% rispetto a gennaio-marzo 2019. Il lockdown ha provocato quasi un azzeramento del mercato auto italiano”. “In pratica, nel bimestre marzo-aprile 2020 le immatricolazioni di auto si sono dimezzate rispetto allo stesso bimestre del 2019 (-51%, ovvero 361.000 immatricolazioni perse) e non è andata meglio per veicoli commerciali e industriali”.

Abbiamo riaperto le concessionarie, ma non basta

La sola riapertura della rete di vendita (avvenuta lo scorso 4 maggio in ordine al via della “Fase 2”) non è sufficiente a dare una rapida boccata d’ossigeno al settore, dicono le Associazioni dell’auto: centinaia di migliaia di veicoli restano immobilizzati nei piazzali (ulteriore difficoltà che si aggiunge ad un panorama dalle notevoli ombre in quanto impedisce alla filiera industriale di ripartire a ritmi sostenibili, con evidenti ripercussioni sul fatturato delle aziende dell’indotto e sull’occupazione), anche perché “La profonda incertezza che condiziona il clima di fiducia di cittadini e imprese, e l’indebolimento dell’economia e del mercato del lavoro, con conseguente perdita di potere d’acquisto da parte dei consumatori”, sono argomenti più che validi a testimoniare l’estrema gravità del momento.

Puntare forte su una platea più ampia di incentivi

L’attuale bonus-malus (inteso nella sua formulazione in vigore) non è più sufficiente, sostengono Anfia, Unrae e Federauto, a costituire un valido muro di contrasto alla notevolissima diminuzione delle vendite: “In assenza di interventi mirati”, se il mercato dell’auto 2020 dovesse chiudersi con 500-600.000 unità in meno rispetto al 2019 potrebbe determinarsi “Un mancato gettito di IVA di circa 2,5 miliardi di euro”. Di più: questo rallentamento delle vendite sarebbe altresì “Responsabile di un mancato rinnovo del parco circolante italiano, che, in riferimento alle autovetture, a fine 2019, per il 32,5% è ancora costituito da auto ante-Euro 4 e, dato ancor più preoccupante, per il 57% da vetture con oltre 10 anni di anzianità”.

Da qui, l’indicazione Anfia, Unrae e Federauto: le tre Associazioni affermano, ancora una volta come già avvenuto nelle scorse drammatiche settimane, che la ripartenza del settore va accompagnata ad un piano di incentivi ancora più esteso rispetto a quanto messo in campo dal Governo con il “Decreto Rilancio”: “non è più rinviabile l’attuazione di un’importante campagna di incentivi per la rottamazione di auto e veicoli commerciali vetusti e l’acquisto di autoveicoli di ultima generazione, e per lo sviluppo infrastrutturale, nonché la revisione della fiscalità sulle autovetture per un adeguamento a livello europeo”. “Incentivi che allarghino la platea dei beneficiari, pur nel rispetto degli obiettivi di decarbonizzazione e sostenibilità ambientale, per rilanciare davvero il mercato e la produzione”.

Fra le proposte, anche quella di tornare alla formula 1997

Un’analisi del comunicato Anfia, Unrae e Federauto porta la firma di Centro Studi Promotor, che si dichiara concorde con il grido d’allarme sollevato dalle Associazioni che rappresentano il comparto auto in Italia, e suggerisce al Governo di osservare all’Europa, dove è allo studio una campagna di incentivi “Che prevedano un consistente contributo a coloro che acquisteranno una vettura Euro 6 con qualsiasi tipo di motorizzazione e rottameranno una vettura di almeno 10 anni di anzianità”. Secondo Centro Studi Promotor, il meccanismo “Più opportuno da seguire” è quello, storico, dei primi incentivi del 1997, in cui si prevedeva un contributo per l’acquisto di una nuova auto, previa rottamazione di una vettura con almeno dieci anni di età: tale contributo era vincolato all’erogazione di uno sconto di pari valore dal venditore dell’auto nuova da acquistare. Con questa formula, osserva il presidente Gian Primo Quagliano, si determinò, all’epoca, “Un incremento del 38,8% delle nuove immatricolazioni, che non costarono nulla all’Erario in quanto la spesa dell’erogazione degli incentivi venne più che ampiamente coperta dal maggior gettito Iva derivante dalle vetture immatricolate in più per effetto degli incentivi”.

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