Motori del futuro: il downsizing è alla frutta?
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I nuovi test per le emissioni in condizioni reali potrebbero portare ad un’inversione di tendenza nella progettazione dei motori.
Negli ultimi anni c’è una parola che chi segue il settore automotive ha imparato a conoscere bene: downsizing. Il termine in inglese indica genericamente la riduzione delle dimensioni (size) e in questo contesto si riferisce alla riduzione della cilindrata dei nuovi motori. Si tratta di un approccio progettuale trasversale, poiché applicato da tutti i costruttori (solo Mazda non lo applica) e in tutti i segmenti. Se le utilitarie oggi montano motori a 3 o 2 cilindri (ricordiamo il bicilindrico Fiat), vetture di categoria superiore sono equipaggiate con unità 4 cilindri rispetto ai 6 cilindri di qualche anno fa.
Anche le auto di alta gamma, spesso, in occasione dell’arrivo di una nuova generazione passano da architetture 8 cilindri a 6 cilindri. Ovviamente per compensare la perdita di potenza, viene utilizzata la sovralimentazione, che consente di ottenere un range di potenza paragonabile a prima, se non superiore. Ne è un esempio la Porsche 911, che nella sua ultima evoluzione ha adottato un motore 6 cilindri [glossario slug=”boxer”] di 3.0 litri con turbo, in sostituzione dei vecchi 3.4 e 3.8 litri aspirati.
Questa tendenza potrebbe subire una brusca inversione a seguito delle conseguenze del cosiddetto dieselgate. Dallo scandalo emissioni che ha coinvolto la Volkswagen è nata una rinnovata consapevolezza sulla discrepanza tra le emissioni dichiarate in fase di omologazione e quelle reali. L’esigenza di nuovi test realizzati in condizioni realistiche è chiesta da più parti con sempre maggiore insistenza. Qualcosa in questo senso si sta muovendo e sono già diversi i costruttori che hanno sperimentato metodi di verifica dei consumi e delle emissioni in condizioni reali, cioè su strade aperte al traffico e non più in laboratorio su rulli.
Ebbene, in queste condizioni sembra che i vantaggi in termini di emissioni di una cilindrata ridotta non siano così evidenti, almeno non tanto da giustificare una riduzione di cubatura spesso importante. A riportare l’indiscrezione è l’autorevole Automotive News Europe, il quale conferma che test effettuati da organi indipendenti hanno mostrato che il vantaggio si riduce fino ad annullarsi, lasciando sostanzialmente inalterato il problema delle emissioni oltre il limite di legge.
A conferma di questa nuova tendenza ci sono i programmi a medio termine di diversi costruttori. La Renault starebbe studiando di aumentare del 10% la cilindrata del 1.6 diesel R9M, prodotto in sostituzione del motore 1.9 litri, e del motore benzina 900 cc H4Bt. La General Motors prevede di sostituire nel 2019 il motore turbodiesel 1.3 litri con una nuova unità di cilindrata maggiore del 25-30%. La Volkswagen ha in programma di sostituire il turbodiesel 1.4 litri con un propulsore 1.6 litri. Contemporaneamente si sta assistendo ad una progressiva diffusione dello schema ibrido (sia classico che plug-in) come soluzione per la riduzione dei consumi. Dunque i motori del futuro saranno un po’ più grandi ma sempre più elettrificati?
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