Nel 2010 le tasse automobilistiche sono aumentate dell’1,2%, garantendo all’Erario entrate pari al 4,4% del Pil.
Nel 2010 le tasse automobilistiche sono aumentate dell’1,2%, garantendo all’Erario entrate pari al 4,4% del Pil.
Che il mondo dell’auto sia uno degli obiettivi preferiti dal fisco italiano non è certo una novità, visto che quando c’è da racimolare qualche milioncino di euro lo Stato non dimentica mai le tasse auomobilistiche. In particolare dopo l’introduzione del superbollo 2011, la pressione fiscale sul comparto automobilistico ha raggiunto livelli record, con un’incidenza sul PIL che arriva al 4,4%, confermandosi il livello più elevato tra tutti i paesi europei, dove la media si attesta sul 3,8%.
Nel 2010 le tasse automobilistiche sono valse allo Stato entrate nell’ordine dei 67,8 miliardi di euro, con un incremento dell’1,2% rispetto al 2009 secondo le stime rese note dall’Anfia. Il dato emerge maggiormente se confrontato al contestuale calo delle entrate tributarie nazionali, che nello stesso periodo preso in esame hanno visto un -1%, portando così l’incidenza sul gettito complessivo al 16,6%.
Gli effetti sono dovuti ai continui aumenti che hanno visto protagonista il mondo dell’auto negli ultimi mesi, a partire da quelli sulle accise dei carburanti (clamore ha suscitato l’aumento delle accise stabilito per trovare i fondi necessari a finanziare il cinema e lo spettacolo), per arrivare al decreto sul federalismo fiscale che ha comportato una rimodulazione dell’IPT, per non parlare del recente superbollo 2011 introdotto dalla Manovra fiscale che, seppur indirizzato a una cerchia relativamente ristretta di vetture di una certa potenza, finirà comunque per gravare su una situazione ai limiti della sostenibilità.
Si tratta insomma di alcuni dei tanti esempi di decisioni che negli anni hanno visto troppo spesso penalizzato l’automobilista, tanto da portare la stessa Anfia a parlare del comparto auto come del “bancomat dell’Erario“, un piccolo tesoretto a cui attingere ogniqualvolta ce ne sia bisogno, magari per continuare a finanziare altri settori evidentemente ben più potenti.