Il mercato cinese è la miniera d’oro per i costruttori automobilistici grazie alle vendite record ma Fiat è rimasta fuori. Scopriamo il perché.
Il mercato cinese è la miniera d’oro per i costruttori automobilistici grazie alle vendite record ma Fiat è rimasta fuori. Scopriamo il perché.
Se il mercato automobilistico europeo continua a registrare pesanti perdite, la Cina sembra rivivere il boom economico negli anni ’60 in Italia. Dopo anni di “miseria forzata” imposta dal regime, ora migliaia di cittadini cinesi possono permettersi di entrare in una concessionaria e scegliere se acquistare un’auto.
Naturalmente i costruttori europei, americani e giapponesi non hanno perso tempo e i risultati non sono tardati ad arrivare. Hanno avviato joint-venture con costruttori locali, inaugurato stabilimenti sul territorio e modificato i propri modelli. Ad esempio la Volkswagen Passat è cresciuta nelle dimensioni per rispondere alle esigenze dei clienti giapponesi e nel 2010 la General Motors, per la prima volta nella sua storia, ha venduto più auto in Cina rispetto a quelle vendute negli Stati Uniti.
Perchè Fiat è rimasta indietro
Peccato che tra i grandi costruttori presenti in Cina Fiat abbia un ruolo solo marginale. Per scoprire le cause di questo fallimento bisogna tornare indietro di quasi 30 anni: secondo una fonte ben informata, nel 1982 una delegazione cinese della Shanghai Industry Corporation volò a Torino per incontrare Gianni Agnelli e la dirigenza Fiat. Gli industriali cinesi volevano proporre a Fiat una joint venture per produrre veicoli robusti e spartani, adatti ad loro mercato emergente. La risposta dell’Avvocato chiuse la collaborazione sul nascere: “In Cina non avete le strade, dove pensate di metterle le auto? E quelle che ci sono, sono intasate da milioni di biciclette”. Ovviamente la delegazione cinese lasciò immediatamente Torino con destinazione Germania (non è un caso se ora Pechino è invasa da modelli Volkswagen).
La prima volta nel 1986
Dopo aver capito l’errore commesso, Fiat ha deciso di sbarcare in Cina nel 1986 avviando una joint venture tra Iveco e la Nanjing Automotive per la produzione veicoli commerciali, ottenendo ottimi risultati commerciali grazie alle vendite del Daily. Nel 1999, in forte ritardo rispetto alla concorrenza, Fiat firma una collaborazione con la Nanjing Automobile e solo nel 2002 parte la produzione dei modelli Palio, Siena e Perla dopo un investimento di circa 330 milioni di euro. Secondo il gruppo di Torino la joint venture avrebbe portato la commercializzazione di 263 mila auto entro il 2010. La realtà invece fu molto diversa: l’introduzione di modelli vecchi portò a solo 30 mila vetture vendute all’anno con un operato in continua perdita. I pessimi risultati hanno portato nel 2007 allo scioglimento della joint venture e alla vendita dello stabilimento produttivo a Volkswagen.
Gli ultimi anni: cercasi partner
Da lì in avanti Fiat ha provato a restare sul mercato in Cina con 4.000 vetture importate direttamente dall’Italia e nello stesso anno firma una collaborazione con Chery per produrre Alfa Romeo e Fiat in Cina (puntando a 175mila vetture all’anno) ma la joint-venture viene cancellata nel 2009 e il gruppo di Torino registra “ben” 454 auto immatricolate ma importate direttamente dall’Italia.
Fallita anche la partnership con Chery, Sergio Marchionne nel 2009 ha firmato una joint venture con il Guangzhou Automobile Group (per un investimento complessivo di 400 milioni di euro) con l’obiettivo di produrre 140 mila auto e 220 mila motori l’anno a partire dall’estate 2011. Ad oggi però ancora nessun modello è stato prodotto e sarà così fino al 2012 ma Fiat punta a vendere 300 mila auto entro il 2014.
La 500 è l’ultima spiaggia
Dalla dirigenza è arrivata l’ammissione di aver perso tempo rispetto alla concorrenza ma a Torino si continua ad imputare la colpa delle basse vendite alle difficoltà avute di trovare un nuovo partner e alle lunghe trattative con GuangZhou Auto. Ora però il marchio italiano sembra aver trovato la “soluzione” per conquistare il mercato cinese: vendere la Fiat 500 e creare progressivamente un’intera gamma, sviluppando anche modelli specifici per questo mercato.
Riuscirà il gruppo diretto da Sergio Marchionne a diventare parte del parco auto cinese? Nonostante 30 anni di errori alle spalle, le previsioni per il futuro riguardo l’avanzata di Fiat in Cina sono ancora incerte.