L’analisi Inrix sulle città più congestionate al mondo dice che ogni cittadino della Capitale butta via più di 10 giorni all’anno. Solo Bogotà fa peggio.
La situazione viaria della Capitale è da tempo all’attenzione dell’opinione pubblica: una infrastruttura di trasporto pubblico urbano inadeguata, condizioni delle strade non certo esaltanti, congestionamento del traffico (una “voce”, quest’ultima, che unita alla pressoché totale assenza di piogge nelle ultime settimane – e di conseguenza ad un aumento delle Pm10 – ha, alcuni giorni fa, suggerito all’amministrazione Raggi di vietare la circolazione anche alle auto diesel Euro 6) sono argomenti di scottante attualità. A questi si aggiunge, ora, il risultato di un’analisi sul tempo perso, in media, dagli automobilisti che tutti i giorni devono fare i propri conti con le difficoltà della circolazione nei centri urbani: un rapporto che mette Roma al secondo posto nel mondo, con ben 254 ore che nella Capitale vengono gettate al vento, ogni anno, per colpa del traffico. In prima posizione c’è Bogotà, ed a completare il “podio” troviamo Dublino. Non si tratta, in effetti, di una graduatoria di cui andare fieri: le prime posizioni, anziché “premiare”, penalizzano. Per dire: quanto più una città è “alta” nella classifica, tanto peggiori sono le condizioni della viabilità nello specifico contesto urbano.
Queste analisi, nelle quali si è proceduto a passare al setaccio il traffico veicolare di 200 città di 38 Paesi nel mondo, sono state pubblicate nel report “Global Traffic Scorecard”, studio a cura della società di analisi statunitense Inrix, specializzata in analisi statistiche su traffico e viabilità, e si riferiscono a tutto il 2018.
Ecco dove gli automobilisti perdono più tempo
Nel dettaglio, Roma viene preceduta, riguardo alla sezione “Hours lost in congestion”, da Bogotà, che con 272 ore perse in media, su base annua, nel traffico, risulta in questo senso la città più “paralizzata” al mondo. Detto di Dublino in terza posizione (la capitale della Repubblica d’Irlanda fa perdere in media 246 ore all’anno ai propri automobilisti), segue Parigi al quarto posto; e, “via via rallentando”, si trovano Rostov (237 ore) e Londra (227 ore).
C’è anche Milano
Ed è da notare che, nella “Top Ten” delle città che annoverano il maggior numero di ore perse nel traffico da ciascun cittadino, è presente anche Milano, seppure in settima posizione (226 ore sono state, in media, “regalate” nel 2018 all’ombra della “Madunina”). Più staccate, per restare in ambito “nazionale”, Firenze (quindicesima posizione con 195 ore perse), Napoli (al diciassettesimo posto con “meno 186 ore”), Torino (ventiduesima con 167 ore), Genova (la “Città della Lanterna” è quarantaseiesima, con 148 ore), Bologna (quarantasettesima con 147 ore) e, scorrendo la poco lusinghiera classifica, Bari (al settantunesimo posto, con 133 ore perse nel traffico) e Palermo (in centottantatreesima posizione con 119 ore perse): al confronto, la situazione nel capoluogo pugliese ed in quello siciliano è in proporzione migliore.
Città progettate quando le auto non c’erano
La classifica Inrix sulle ore perse a causa del congestionamento del traffico può essere, fra le proprie cause ed in riferimento alla situazione europea (otto città fra le prime dieci sono, in effetti, nel “Vecchio Continente”), additata ad un preciso contesto urbanistico. Nello specifico, si tratta di agglomerati che debbono le proprie origini molto indietro nel tempo. Nel caso di Roma, Parigi, Londra e Milano, all’epoca dell’Impero Romano. In estrema sintesi: città nelle quali il traffico veicolare è entrato “a viva forza”, e per decenni senza considerare l’impatto che l’ambito strettamente architettonico avrebbe provocato sulla circolazione dei veicoli, via via congestionandola. Del resto, una strada si definisce congestionata quando (alla più semplice) la domanda di assi viari eccede l’offerta. Di conseguenza, non potendo allargare le strade… il traffico aumenta, diminuiscono le velocità medie e si perdono decine di ore. O centinaia, come nel caso dello studio redatto dalla società statunitense.