Il rapporto annuale dell’Unione Petrolifera, che cambia nome anche per adeguarsi ai nuovi scenari globali, indica che l’obiettivo carbon neutral 2050 necessita un mutamento “eco friendly” per i carburanti tradizionali, che assumeranno sempre più componenti di origine naturale.
Carbon-neutral, sviluppo delle tecnologie di propulsione elettrificate (ed elettriche, nella fattispecie); garanzia di mantenimento della mobilità; la eterna questione delle accise che gravano sul costo dei carburanti. E lo scenario in materia di domanda energetica, che per effetto del lockdown ha nella prima parte del 2020 conosciuto il calo più consistente degli ultimi settant’anni. Ecco, in estrema sintesi, i punti-chiave affrontati da Unione Petrolifera nell’assemblea annuale.
Il futuro è già presente
Un meeting che, anche in proiezione di un panorama “green” da considerare sempre meno “futuro” e sempre più “presente” – lo dimostra il fatto che principale ambizione dell’Unione Europea è di raggiungere un bilancio “carbon neutral” entro il 2050 – è stato l’ultimo ad essersi svolto sotto la “tradizionale” denominazione Unione Petrolifera: dopo oltre un settantennio, l’Associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende attive in Italia nel comparto della raffinazione e distribuzione di carburanti, lubrificanti e derivati dal petrolio cambia nome. Il nuovo identificativo è Unem, ovvero “Unione Energie per la Mobilità”; il che la dice lunga sulle nuove finalità dell’Associazione rispetto ai percorsi “green” sviluppati a livello europeo.
Procedere in parallelo allo sviluppo dell’elettrificazione
La strada è quella relativa a processi che procedono in parallelo all’evoluzione della mobilità elettrica. “Il settore è a un bivio: i prossimi anni saranno decisivi per la decarbonizzazione dei trasporti che dipenderà, necessariamente, dalle soluzioni che come industria sapremo offrire, anche in termini di ricerca e sviluppo, per continuare a muovere merci e persone con prodotti sicuri, sostenibili e accessibili”, osserva il presidente UP, Claudio Spinaci, nella relazione diffusa insieme al consuntivo dell’assemblea annuale. “Ricerca e sviluppo che sono alla base dei prodotti commercializzati oggi, molto diversi rispetto a quelli degli anni 90”.
Le “cifre del petrolio” 2020
Dati alla mano, l’assemblea annuale UP indica che le misure di lockdown intraprese nel mondo come misura di contrasto alla pandemia da Covid-19 hanno riguardato circa 4,2 miliardi di persone (oltre la metà della popolazione mondiale).
Per il 2020, si stima una diminuzione del 6% della domanda di energia in rapporto al 2019: se ciò si concretizzasse, rappresenterebbe il calo più marcato negli ultimi settant’anni. E l’impatto maggiore riguarda, appunto, il petrolio, i cui prodotti servono essenzialmente ai trasporti che nei mesi di “chiusura” sono stati il principale oggetto dei provvedimenti di limitazione adottati.
Se non ci saranno nuove prescrizioni di lockdown, la previsione da parte di Unione Petrolifera per il 2020 in Italia (dove a luglio, in occasione di un precedente consuntivo, è stata registrata la contrazione più vistosa: -23,6% , contro -22,3% di Spagna, -19,4% di Francia e -9,7% di Germania – anche per il fatto che il nostro Paese è stato il primo in Europa ad adottare misure di lockdown) è di un calo del 15% di consumi petroliferi rispetto al 2019: circa 9 Mton, 3,4 da gasolio per autotrazione, 1,2 Mton da benzina e 3 Mton dal carboturbo.
Prezzi industriali inferiori alla media europea
Il rapporto annuale di Unione Petrolifera indica che, relativamente al prezzo industriale dei carburanti in Italia in rapporto all’area Euro, esso sia più basso: rispettivamente 2 millesimi in meno per la benzina e 9 millesimi in meno per il gasolio. Ciò significa che il prodotto viene, in ambito industriale, venduto a prezzi inferiori rispetto alla media europea. Come vedremo, tuttavia, “alla pompa” la media nazionale è sensibilmente più elevata di quella europea.
Nei primi nove mesi del 2020, il rapporto UP stabilisce quanto segue.
- Benzina: prezzo al consumo in Italia 1,445 euro (dei quali 0,989 euro di componente fiscale); prezzo al consumo UE 1,337 euro (0,879 dei quali di componente fiscale)
- Gasolio: prezzo al consumo in Italia 1,301 euro (dei quali 0,824 euro di componente fiscale); prezzo al consumo UE: 1,164 (dei quali 0,678 euro di componente fiscale).
Da queste due tabelle (elaborate da UP su dati Istat) risulta evidente come il prezzo medio dei carburanti, al netto delle tasse, sia inferiore alla media europea. Ad incidere sul portafoglio del consumatore, c’è proprio la componente fiscale, il cui maggior onere è attualmente di 11 centesimi al litro per la benzina e 14 centesimi al litro per il gasolio.
A carico degli automobilisti italiani, l’”extra-costo fiscale” è, di conseguenza, di oltre 4 miliardi di euro rispetto ai consumatori dell’aera Euro.
Filiera petrolifera strategica nell’emergenza sanitaria
E però, osserva Claudio Spinaci, l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza “Il valore strategico della filiera petrolifera e la sua capacità di garantire in piena sicurezza (siamo stati tra i primi a firmare protocolli sulla sicurezza al lavoro con i sindacati) il tempestivo approvvigionamento energetico su tutto il territorio nazionale, anche nei momenti più critici, nonostante il drastico calo delle vendite dovuto al lockdown che ha prodotto riflessi negativi sia dal punto di vista economico che operativo”. Nel ringraziare ancora una volta “Le migliaia di lavoratori che, pur con le loro preoccupazioni personali, hanno reso un servizio indispensabile al Paese”, il presidente di Unione Petrolifera sottolinea che alla crisi della domanda connessa alla pandemia da Covid-19 si è aggiunto il crollo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali: in due settimane, la riduzione ha raggiunto il 60% ed ha contribuito a determinare “Un ammanco di cassa per il settore superiore ai 4 miliardi e perdite economiche rilevanti”.
Con l’uscita dal lockdown totale, la situazione è parzialmente migliorata, tuttavia la stima per l’Italia resta in deficit: il saldo previsto a fine 2020 è del -15% rispetto al 2019.
A livello internazionale, il panorama è simile: siccome il crollo della domanda “Si è riflesso soltanto parzialmente sul prezzo del greggio che, dopo il forte calo iniziale, si è mantenuto su una media di 40-50 dollari al barile grazie agli accordi in sede ‘Opec Plus’ ed a una prima riduzione dell’offerta americana”, commenta Spinaci, la situazione globale sta scaricandosi soprattutto sulla raffinazione.
Prepararsi ai grandi cambiamenti
Ed eccoci alla considerazione di partenza: il “bivio” cui faceva riferimento il presidente di Unione Petrolifera. Ovvero: prepararsi ai grandi cambiamenti ed al progressivo affermarsi della mobilità eco friendly (leggi: elettrificata). Come obiettivo finale, occorre procedere su sviluppo e produzione di carburanti via via più “puliti”: strategia essenziale per consentire alle aziende impegnate in questo comparto a mantenere ruoli di primo piano anche nella delicatissima fase di transizione energetica.
L’evoluzione tecnologica dei prodotti derivati dal petrolio in ambito automotive (carburanti, lubrificanti), portata avanti in parallelo allo sviluppo delle tecnologie motoristiche, dagli anni 90 è stato possibile giungere all’attuale classe di inquinamento Euro 6d, “Ed a livello europeo sono già stati avviati i lavori per il nuovo standard euro 7”, prosegue Claudio Spinaci: “Possiamo dire di essere arrivati a livelli di emissione dei principali inquinanti molto contenuti ed in alcuni casi già prossimi allo zero. Tutto ciò non è accaduto per caso, ma è il frutto di un processo di continua evoluzione e miglioramento, che prosegue”.
Gli anni a venire si giocheranno sul progresso di numerose possibilità tecnologiche da valutare per giungere al “contributo netto”, ovvero “Durante l’intero ciclo di vita del binomio veicolo-propellente e non soltanto allo scarico”, che siano in grado di “Esprimere per la riduzione delle emissioni climalteranti, anche attraverso la riformulazione della fiscalità energetica europea sulla base delle reali emissioni di CO2 calcolate con il metodo LCA (Life Cycle Analysis)”.
Componenti di origine non petrolifera sempre più importanti
In questo senso, commenta Claudio Spinaci, il personale contributo da parte della filiera produttiva dei carburanti liquidi di origine petrolifera consiste nell’introduzione, in misure via via crescenti, di componenti di origine non petrolifera, come ad esempio “I biocarburanti e e diverse sperimentazioni in corso per la produzione di carburanti liquidi derivati da altre fonti alternative, come rifiuti e CO2”.
Date certe non ne vengono fornite, tuttavia procede in questa direzione il programma europeo “Clean Fuels for All” presentato a giugno 2020 da FuelsEurope ed al quale UP ha collaborato insieme alle altre Associazioni dei Paesi membri: un contributo che si riferisce al traguardo finale chiesto dall’Unione Europea, cioè il raggiungimento della neutralità carbonica per il settore dei trasporti al 2050.
La filiera-carburanti apporterà, anticipa il presidente di Unione Petrolifera, “Lo sviluppo di carburanti liquidi a basse emissioni di carbonio (LCLF) da impiegare in tutte le modalità di trasporto (stradale, marittimo e aereo), con investimenti complessivi stimati a livello europeo tra 400 e 650 miliardi di euro”.
100 milioni di tonnellate di CO2 in meno entro il 2035: ecco come
Attraverso questo percorso, in Europa si arriverebbe, entro il 2035, ad una riduzione annuale di 100 milioni di tonnellate di CO2: cifra che “Equivale al risparmio generato da 50 milioni di veicoli elettrici (BEV) su strada”, ed in aiuto – osserva Spinaci – dell’industria europea dell’auto a “Mantenere la leadership nei motori a combustione interna dal momento che hanno le caratteristiche tecniche proprie dei carburanti oggi in commercio”.
Se a questo si affiancano l’utilizzo delle tecnologie “Carbon Capture” (CCS e CCU) nonché la cattura delle emissioni nella produzione di biocarburanti, il settore dei trasporti su strada raggiungerebbe al 2050, in abbinamento all’elettrificazione ed alle tecnologie dell’idrogeno, “La neutralità in termini di emissioni climalteranti, mentre nei settori aereo e marittimo si conseguirebbe una riduzione del 50%, coerentemente con gli Accordi di Parigi”, prosegue il presidente di UP.
Nei prossimi anni, le raffinerie saranno interessate da una progressiva trasformazione; contestualmente, si assisterà alla realizzazione di nuovi impianti, pronti in un primo momento ad affiancarsi ai complessi già esistenti, per garantire la produzione e la distribuzione di nuovi carburanti liquidi che contengano quantitativi di carbonio progressivamente inferiori. La prospettiva, nei processi industriali, stima un sostanziale rovesciamento nel rapporto fra petrolio ed altre fonti energetiche: “Una parte crescente dei feedstock impiegati non saranno di origine fossile, ma deriveranno da processi di sintesi rinnovabili e dall’economia circolare”, osserva Spinaci.
Da qui l’avvio di un percorso (iniziato con la precedente presidenza UP) che “Promuova, accompagni e sostenga l’evoluzione di tutta la filiera e delle nuove tecnologie sia nell’ambito delle aziende storicamente aderenti all’Unione Petrolifera, sia collaborando con realtà industriali attive nell’innovazione e nella ricerca di tecnologie per i carburanti di domani”. Ovvero: estensione del perimetro di rappresentanza nei settori di ricerca e sviluppo dei “low carbon fuels”, la loro produzione, lo stoccaggio e la distribuzione in linea con il percorso delineato a livello europeo”.
“Via”, quindi, allo sviluppo produttivo di biocarburanti da materie prime di origine vegetale, così come alla produzione di biocarburanti ricavati dal trattamento e dalla trasformazione dei rifiuti organici; e, “last but not least”, l’adozione di carburante ottenuto dall’idrogeno. La neutralità complessiva in materia di emissioni verrebbe garantita dal bilanciamento del diossido di azoto prodotto nelle fasi di trasformazione con quello che le piante assorbono durante l’intero ciclo.
Perché tutto questo abbia un pieno esito, occorre anche un adeguato sostegno economico ed un analogo grado di “accettazione” da parte dell’industria e dei clienti finali (automobilisti, autotrasportatori, servizi di mobilità): proprio per far sì che la possibilità di spostarsi sia appannaggio di chiunque.