Annunciato nelle scorse settimane, il programma sperimentale di trasporto a chiamata Uber ha preso il via a Pittsburgh.
Annunciato nelle scorse settimane, il programma sperimentale di trasporto a chiamata Uber ha preso il via a Pittsburgh.
Dopo il servizio di noleggio a flusso libero con conducente che ha rivoluzionato il trasporto privato, ecco l’evoluzione in chiave “autonomous drive“. E, come nel primo caso, a metterla in pratica è Uber, che dopo l’acquisizione della start-up Otto (a cui si deve lo sviluppo di tecnologie di guida autonoma nel settore degli automezzi pesanti), acquisita lo scorso agosto, e il via alla partnership tecnica con Volvo, adesso punta a rendere autonomo il proprio parco auto.
È di queste ore l’inizio di un progetto sperimentale, a firma Uber, che prevede l’utilizzo di una prima flotta di autovetture (nello specifico: Volvo XC90) che si guidano da sole: il programma viene attuato a Pittsburgh (Pennsylvania), ed è emblematico perché costituisce il primo esempio di sperimentazione di guida autonoma aperta al pubblico.
Nel dettaglio, le autovetture che Uber impiega per questa prima fase di test di noleggio a guida autonoma sono state sviluppate in partnership con una squadra di ricercatori della Carnegie Mellon University, dove esiste un gruppo di ricerca da tempo specializzato nello studio di sistemi di automazione per la guida.
Va in ogni caso tenuto conto che la fase sperimentale in procinto di essere attuata da Uber a Pittsburgh non prevederà che le autovetture siano “completamente” automatizzate: a presiederne il controllo delle funzioni ci saranno un ingegnere e un autista. Il loro compito sarà, oltre che “di servizio” in caso di necessità (sono previsti i sistemi di comando manuale), anche di archivio: dovranno catalogare tutti i dati relativi al pilota automatico delle “Uber – car” a guida autonoma per costituire un maxi – database al quale, nel futuro, attingere per la realizzazione di vetture a guida completamente autonoma.
In questo senso, saranno anche raccolte le opinioni e le sensazioni dei primi clienti del trasporto “self – driving”, essendo importante – sottolinea Uber – venire a conoscenza dell’approccio del pubblico a questa nuova tecnologia, che dal punto di vista psicologico può, a un primo impatto, risultare sconcertante se non si conosce bene come funzionano le tecnologie e i sistemi di sicurezza di bordo.
Per il resto, non cambia nulla rispetto alle conosciute modalità di trasporto a chiamata: la prenotazione di una vettura ad Uber avviene con la “solita” App: in questo caso, la richiesta viene raccolta dal pilota automatico, programmato per la registrazione della posizione di chi richiede l’auto. Il cliente, una volta raggiunto, prende posto sul sedile posteriore e avvia la destinazione (unitamente ad eventuali deviazioni di percorso) mediante un touchscreen. Quest’ultimo visualizza cosa avviene attorno all’autoveicolo grazie al sistema di sensori, radar, telecamere e Gps montati a bordo. Terminato il trasporto, il cliente scende dalla vettura e “paga” virtualmente la corsa mediante carta di credito.
Attualmente, il servizio – pilota di trasporto a guida autonoma by Uber è delimitato a una ristretta area di Pittsburgh. Il prossimo step, che potrebbe essere avviato già nelle prossime settimane, riguarderà l’ampliamento del progetto ad altri quartieri della Steel City: fra questi, un tragitto che dall’aeroporto condurrà i clienti nei quartieri più centrali della città.