Nell’attesa dello sbarco in tutte le concessionarie italiane della nuova Citroën C3, è necessario celebrare la 2CV, il modello che ha reso democratica l’automobile per tutti. Quella della 2CV è un’epopea che ufficialmente dura da settantasei anni, anche se in realtà è molto più lunga. Comincia, infatti, nel 1935, ma la progettazione fu rallentata dalla […]
Nell’attesa dello sbarco in tutte le concessionarie italiane della nuova Citroën C3, è necessario celebrare la 2CV, il modello che ha reso democratica l’automobile per tutti. Quella della 2CV è un’epopea che ufficialmente dura da settantasei anni, anche se in realtà è molto più lunga. Comincia, infatti, nel 1935, ma la progettazione fu rallentata dalla Seconda Guerra Mondiale. Padre del progetto TPV (Toute Petite Voiture), Pierre-Jules Boulanger, il successore di André Citroën.
Un bel giorno dell’anno 1936, sulla scrivania che fu del fondatore, fu depositata una corposa cartella indirizzata a Boulanger, che conteneva i risultati di un’indagine di mercato: qual era l’auto che il pubblico desiderava di più? Quanti cilindri? Quante portiere? Quante ruote? Per soddisfare le richieste nel modo più trasversale possibile, Boulanger impose rigidi requisiti, tra cui la capacità di trasportare due persone con zoccoli e merci a una velocità di 60 km/h, consumando tre litri per cento chilometri. La vettura doveva essere semplice da guidare e manutenere, senza preoccuparsi dell’estetica. Nel 1948, la 2CV fece il suo debutto al Salone dell’Automobile di Parigi, attirando l’attenzione di molti aspiranti automobilisti nonostante lo scetticismo iniziale. La 2CV divenne subito popolare grazie al suo costo ridotto e alla praticità.
Un italiano dietro al motore della Citroen 2CV
Dietro la creazione della famosa utilitaria del “Double Chevron”, oltre al progettista e designer Flaminio Bertoni, vi fu anche Walter Becchia, un tecnico alessandrino. Becchia emigrò in Francia in giovane età, come molti italiani dell’epoca, a causa della sua opposizione al regime. In Francia trovò impiego presso Talbot-Lago, dove lavorò su motori complessi e prestazionali. Invitato nel 1939 a unirsi a Citroen, iniziò a lavorare presso la storica sede del Quai de Javel solo nel 1941. Becchia fu incaricato di sviluppare il propulsore per la futura “super-utilitaria” TPV (Toute Petite Voiture), che avrebbe dovuto essere un bicilindrico orizzontale, capace di ridurre vibrazioni e garantire un buon bilanciamento.
Lavorando in condizioni difficili durante l’occupazione nazista, Becchia si ispirò al motore di una moto danneggiata appartenente a Bertoni per progettare quello della 2CV. Analizzando e modificando il propulsore della moto, ne creò uno nuovo che fosse affidabile, potente ed efficiente. Nonostante le difficoltà della guerra, Becchia e il team Citroën riuscirono a sviluppare un prodotto davvero innovativo che, nel 1948, avrebbe motorizzato la 2CV. Il “Tipo A” di Becchia aveva una cilindrata di 375 cc e una potenza di 9 CV, con una velocità massima di 60 km/h e un consumo di circa tre litri ogni 100 chilometri. Nei decenni successivi, fu continuamente migliorato, aumentando la cilindrata e la potenza, fino a raggiungere 29 CV e una velocità massima di 120 km/h nel 1970. Questo motore alimentò non solo la 2CV, ma anche modelli come la Ami, la Dyane, la Méhari e altre derivate, oltre a veicoli come deltaplani e mezzi militari Poncin a sei ruote.
Gli anni della 2CV
Con il passare degli anni, la 2CV evolse con motori più potenti e divenne la base per altri modelli Citroen come l’AMI6, la Dyane e la Méhari. La crisi petrolifera degli anni 70 e le serie speciali, come la Charleston, contribuirono a mantenere viva la popolarità della 2CV fino al 1990. L’ultima 2CV uscì dalla fabbrica nel 1990, con una produzione totale di oltre 3,8 milioni di unità. La 2CV è entrata nella leggenda, amata e collezionata da appassionati in tutto il mondo. La sua eredità continua a vivere, simbolo di semplicità, praticità e spirito pionieristico, con modelli elettrici e raduni internazionali che celebrano questa iconica vettura.