Concepita alla fine degli anni ’80, rappresenta uno dei tentativi più audaci del Giappone di creare una supercar capace di competere con le icone europee
Alla fine degli anni ’80, il Giappone era in pieno fermento economico e tecnologico, con aziende pronte a sfidare i colossi occidentali in vari settori, incluso quello automobilistico. In questo contesto, Yoshikata Tsukamoto, presidente della Wacoal Corp., e Minoru Hayashi, presidente della Dome Co. Ltd., unirono le forze per creare una supercar che incarnasse lo spirito e l’innovazione giapponese. Nacque così la Jiotto Caspita, con l’obiettivo di sviluppare una vettura che combinasse le prestazioni di una Formula 1 con l’usabilità stradale.
Design e caratteristiche tecniche
Il design della Jiotto Caspita fu affidato a Kunihisa Ito, vice presidente e capo progettista della Jiotto Design Incorporated. La vettura presentava linee aerodinamiche ispirate alle auto da corsa del Gruppo C, con un abitacolo avanzato e una coda slanciata dotata di un’ala posteriore integrata. Le porte ad ala di gabbiano aggiungevano un tocco di spettacolarità, mentre l’uso di materiali avanzati come la fibra di carbonio e l’alluminio per il telaio monoscocca garantiva leggerezza e rigidità strutturale.
Motorizzazioni e prestazioni
La Caspita attraversò due fasi principali in termini di motorizzazione. Il primo prototipo, noto come Mk. I, era equipaggiato con un motore boxer a 12 cilindri da 3,5 litri sviluppato da Motori Moderni per Subaru, derivato direttamente dalla Formula 1. Questo propulsore erogava circa 450 CV a 10.000 giri/min, permettendo un’accelerazione da 0 a 100 km/h in circa 4,7 secondi e una velocità massima di 320 km/h.
In seguito all’abbandono del motore Subaru, il secondo prototipo, Mk. II, adottò un motore Judd GV V10 da 3,5 litri, capace di sviluppare 585 CV a 10.750 giri/min. Con un peso a vuoto compreso tra 1.240 e 1.260 kg, la Caspita Mk. II poteva accelerare da 0 a 100 km/h in 3,4 secondi, con una velocità massima stimata di 345 km/h.
Tecnologie avanzate e innovazioni
Oltre alle impressionanti specifiche del motore, la Jiotto Caspita incorporava diverse tecnologie all’avanguardia per l’epoca. Tra queste, un’ala posteriore retrattile elettronicamente e un sistema di sospensioni regolabili elettronicamente, che permetteva di aumentare l’altezza da terra di circa 5,8 cm per affrontare diverse condizioni stradali. Queste caratteristiche evidenziavano l’impegno dei progettisti nel combinare prestazioni estreme con una certa praticità d’uso.
Il declino del progetto
Nonostante l’entusiasmo iniziale e le avanzate soluzioni tecniche, la Jiotto Caspita non entrò mai in produzione. La crisi economica giapponese dei primi anni ’90 ridusse drasticamente la domanda di supercar, rendendo insostenibile la produzione di un veicolo così esclusivo. Inoltre, la complessità tecnica e i costi elevati associati alla realizzazione della Caspita contribuirono all’abbandono del progetto nel 1993.
Eredità e riconoscimento
Sebbene la Jiotto Caspita non abbia mai raggiunto la produzione di serie, rimane un simbolo dell’audacia e dell’innovazione dell’industria automobilistica giapponese. I due prototipi esistenti sono testimonianze tangibili di un’epoca in cui il Giappone cercava di ridefinire i confini delle prestazioni automobilistiche, sfidando i marchi europei sul loro stesso terreno.