Chrysler e GM: servono soldi per sopravvivere

Redazione Motori.it
20 Febbraio 2009
Chrysler e GM: servono soldi per sopravvivere

I due colossi dell’auto americani hanno chiesto altri aiuti al Governo USA. E anche Ford non se la passa granché bene

I due colossi dell’auto americani hanno chiesto altri aiuti al Governo USA. E anche Ford non se la passa granché bene

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Meglio una bancarotta con migliaia di lavoratori a spasso o un altro esborso per salvare Chrysler e General Motors? Questo il bivio di fronte al quale si trova il Governo USA. Infatti, i due giganti americani hanno consegnato al Dipartimento del Tesoro un piano in cui anzitutto si elencano (altri) tagli alla produzione e al personale, e poi si chiedono ancora più soldi di quelli già stanziati dalla Casa Bianca: ulteriori 21,6 miliardi di dollari.

Al momento, GM ha già ottenuto 13,4 miliardi di dollari dal Governo, e ne domanda altri 16,6: totale, 30 miliardi per sopravvivere. Tantissimi; ma, secondo GM, pur sempre meno di un’eventuale cessione, che si aggirerebbe sui 100 miliardi di dollari. Invece Chrysler ne ha già incassati quattro e sostiene di avere bisogno entro il 31 marzo di altri cinque miliardi di dollari.

Decisione entro breve

Nel giro di due settimane, un’apposita task force guidata dal segretario al Tesoro, Timothy Geithner, e dal presidente del Consiglio economico nazionale, Lawrence Summers, prenderà in esame i progetti di General Motors e Chrysler. Il tutto con la supervisione di Ron Bloom, ex vicepresidente di Lazard Freres (una banca d’affari), e la partecipazione di esperti del lavoro, dell’energia e dei trasporti. È stato lo stesso presidente, Barack Obama, ad affidare ai componenti della task force il compito di verificare se e come debba essere impiegato il denaro dei contribuenti.

GM, bancarotta in agguato

Ma General Motors come investirebbe i soldi (4,6 miliardi di dollari entro marzo o aprile 2009) del Governo USA per evitare il crac? In nuove strategie, dando seguito al piano di ristrutturazione presentato il 2 dicembre 2008; in più, ricorrerebbe a ulteriori tagli. E GM assicura che tornerebbe a guadagnarci nell’arco di 24 mesi; il pareggio di bilancio sarebbe raggiunto quando le vendite di auto negli States saranno sui 12 milioni di unità l’anno.

Entro fine 2012, gli impianti chiusi saranno 12 e i dipendenti licenziati 47.000 entro l’anno, di cui 26.000 fuori dagli Stati Uniti. Per dicembre 2009, General Motors licenzierà 10.000 impiegati; chi conserverà il posto di lavoro potrebbe subire una decurtazione dello stipendio (-10% per i dirigenti; una riduzione dal 3% al 7% per gli altri). Nonostante questo, GM continuerebbe a investire nelle sue filiali fuori dagli States.

Per quanto riguarda i marchi, Chevrolet, Cadillac, Buick e GMC verrebbero rafforzati. La svedese Saab potrebbe diventare autonoma entro fine 2009. Entro il 31 marzo 2009, GM deciderà il destino di Hummer, sui cui da mesi si infittiscono le voci di cessione.

L’Europa risponde picche

Il colosso di Detroit ha chiesto aiuto anche ai Governi europei: sei miliardi di dollari a Germania, Svezia e Regno Unito, dove controlla rispettivamente Opel, Saab e Vauxhall.

Dura la risposta della Svezia: non intende far sì che GM scarichi Saab nelle mani del contribuente svedese. Secondo il ministro dell’Industria svedese, Maud Olofsson, General Motors se la deve cavare da sola.

In Germania, il cancelliere Angela Merkel prima intende esaminare il piano di risanamento di Opel, e poi deciderà sul da farsi.

Chrysler, sempre peggio

Per sopravvivere, necessita dei tre miliardi di dollari già chiesti e non ottenuti in passato; più altri due per il peggioramento della crisi del settore (-30% di fatturato nel 2008).

I tagli andrebbero in direzione di costi (meno 700 milioni di dollari nel 2009) e personale (3.000 dipendenti). L’alleanza strategica con Fiat darebbe a Chrysler la possibilità di accedere alle tecnologie per la produzione di modelli a basso impatto ambientale: proprio quello che chiedeva Obama. Addirittura, secondo il Wall Street Journal, Chrysler reputa di sopravvivere grazie a una specie di trasformazione: diventerebbe la filiale di Fiat in Nordamerica. Il potenziale risparmio sui costi di produzione, per il Costruttore USA, si aggirerebbe sui 7,4 miliardi di dollari.

Previsioni funeree

Il piano di taglio costi da parte di Chrysler e General Motors c’è. La perdita di 50.000 posti di lavoro, pure. Ma, secondo l’agenzia di rating Standard & Poor’s (società che realizza ricerche finanziarie e analisi su titoli azionari e obbligazioni), i due colossi americani erano e restano a rischio di bancarotta sia per il 2009 sia per il 2010: la percentuale di probabilità di fare crac è del 70%. Oltretutto, il mercato statunitense è sempre più in picchiata: secondo le previsioni, nel 2009 si chiuderà a 10,5 milioni di unità vendute, sei milioni in meno rispetto al 2007.

La terza grande in crisi: Ford

Non soltanto Chrysler e GM; anche Ford, l’altra delle Big Three (le Tre Grandi) traballa da tempo.

La Casa americana ha chiuso il 2008 con le perdite più elevate da quand’è nata, 105 anni fa. Il passivo netto è stato di 14,6 miliardi di dollari, contro i già pesanti 2,72 miliardi del 2007 e i 12,6 del 2006. Ricavi in discesa di 34,6 miliardi di dollari, a quota 139,3; le vendite sono calate di 1,15 milioni unità a 5,4 milioni. Nel quarto trimestre, perdite di 5,87 miliardi di dollari.

Tuttavia, il presidente Alan Mulally non chiede prestiti al Governo USA ed è ottimista: prevede un ritorno al profitto per il 2011. Inoltre, Ford garantisce di avere sufficiente liquidità (24 miliardi di dollari al quarto trimestre). Ha invece utilizzato una linea di credito da 10,1 miliardi per l’incertezza dei mercati.

Di sicuro, una volta, erano davvero le Big Three. Dopo anni di declino senza freni, nel 2008, hanno subìto un altro colpo: per la prima volta, la produzione è scesa sotto il 60% di quella complessiva americana.

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