Il sindacato respinge la proposta di Fiat parlando di “profili di illegittimità”. La palla adesso passa a Marchione, che pensa alla Polonia
Il sindacato respinge la proposta di Fiat parlando di “profili di illegittimità”. La palla adesso passa a Marchione, che pensa alla Polonia
Sono giorni difficili per i lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. Il sindacato Fiom-Cgil infatti ha respinto al mittente la proposta avanzata dalla Casa del Lingotto in quanto il testo “contiene profili di illegittimità”. Un elemento che quindi di fatto esclude la possibilità di “scendere a patti” con l’azienda e che al contrario ha spinto la parte sindacale a indire uno sciopero di 8 ore per il settore metalmeccanico il prossimo 25 giugno.
La Fiom in particolare ha puntato il dito contro la clausola sui provvedimenti disciplinari e i licenziamenti considerata “la più spregiudicata di tutto il testo” perché “il diritto individuale di aderire a uno sciopero, sancito dall’articolo 40 della Costituzione, diviene oggetto di provvedimento disciplinare fino al licenziamento”. Oggetto del contendere anche la clausola sulla responsabilità che esonerebbe Fiat dal rispettare gli obblighi contrattuali in caso di mancato rispetto degli impegni assunti con l’accordo.
Il no del sindacato quindi rimette tutto in gioco. Anche le intenzioni del numero uno di Fiat Sergio Marchionne che inizialmente si era espresso a favore di una soluzioni condivisa e ad ampio consenso: “Il nostro obiettivo principale – aveva detto – è quello di raggiungere un giusto livello di efficienza con il consenso di tutti”.[!BANNER]
Se però l’accordo dovesse saltare definitivamente – oggi si terrà un altro incontro fra Fiat e sindacato – l’ipotesi al momento più accreditata è una delocalizzazione in Polonia che consentirebbe all’azienda di ottenere quei numeri in termini di efficienza e produttività per risanare la situazione. Panda e 500 saranno quindi realizzate a Tichy? È ancora presto per dirlo. Anche perché da più parti, soprattutto delle istituzioni – molte le cariche intervenute sulla vicenda, da Fini a Tremonti a Sacconi – si spinge per trovare una soluzione italiana.