L’esperto Timo Bernhard, al volante del prototipo derivato dalla vettura tre volte vincitrice a Le Mans, ha “demolito” il precedente primato del compianto Stefan Bellof che resisteva dal 1983.
Ci sono imprese destinate a restare nella storia, e che sembrano fatte apposta per essere poi tramandate di generazione in generazione. E il mondo delle competizioni automobilistiche ne è pieno. Fra di esse, un ruolo di primo piano nell’immaginario collettivo va ai giri-record sulle piste più celebri del mondo: eventi che abbinano l’eccezionale capacità di guida da parte dei migliori piloti, e lo stato dell’arte in fatto di evoluzione della tecnica “da corsa”. Come il primato sul giro (in gara!) fatto registrare nel 1973 da Henri Pescarolo a Spa-Francorchamps (nella “vecchia” configurazione di 14 km): il leggendario pilota e team manager d’oltralpe, oltre ad avere detenuto il maggior numero di partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans (33) fece segnare, al volante della sua Matra-Simca 670B, un tempo-monstre di 3’13”4, alla fenomenale media di 262,461 km/h: la più elevata mai raggiunta in gara.
Nelle scorse ore, un nuovo primato va ad inserirsi nell’antologia dei capitoli eterni nella storia del motorsport: ad averlo ottenuto è la Porsche 919 Hybrid Evo; al volante, il 37enne Timo Bernhard. Teatro dell’impresa, il circuito del Nurburgring, letteralmente “bevuto” dal prototipo biposto.
Questo il riscontro cronometrico: Timo Bernhard ha “chiuso” la migliore tornata alla Nordschleife in 5’19”55, ad una velocità media di 233,8 km/h ed una “punta” di 369,4 km/h. Con questo tempone, del quale sicuramente si parlerà a lungo, il driver tedesco ha battuto (anzi, si può benissimo dire “sbriciolato”) il precedente record, che tuttavia durava da ben 35 anni e che venne fatto registrare da uno dei nomi mai dimenticati dagli enthusiast: il compianto Stefan Bellof, anch’egli “uomo-Porsche”, che nel maggio del 1983, in occasione delle qualifiche alla 1.000 Km del Nurburgring, fermò i cronometri su 6’11”13, guadagnandosi la pole position. La “cavalcatura” dell’allora 26enne pilota di Giessen – scomparso il 1 settembre 1985 durante la 1.000 Km di Spa – era un’altra leggenda del motorsport e di Zuffenhausen: la Porsche 956, biposto erede della dinastia 917 e, in parte, 935, equipaggiata con un’unità 2.6 a sei cilindri boxer turbo da 650 CV; e, a sua volta, ideale progenitrice della Porsche 919 Hybrid Evo del record alla Nordschleife, vettura sviluppata in chiave evolutiva rispetto alla 919 Hybrid che conquistò in tre occasioni consecutive la 24 Ore di Le Mans (2015, 2016, 2017) nonché il titolo mondiale WEC Costruttori e Piloti.
La 919 Hybrid Evo portata al Nurburgring da Timo Bernhard per questa tornata da record che resterà negli annali del motorsport circondata da un alone romantico è, in effetti, un “prototipo sul prototipo”: la sua sigla identificativa rivela che si tratta, appunto, di una evoluzione dalla plurivittoriosa 919 Hybrid. Dati alla mano, la vettura, che denuncia un peso di 849 kg e porta in dote una elevatissima impostazione aerodinamica con appendici attive, sprigiona una potenza di 1.160 CV, suddivisi fra 720 CV al retrotreno – equipaggiato con l’unità a benzina turbocompressa – e 440 CV all’avantreno in virtù della presenza del KERS ibrido.
Una nota che aggiunge sapore all’alone di leggenda intorno alla grande impresa di Porsche e Timo Bernhard al Nurburgring: il campione tedesco si dichiara da sempre grande ammiratore proprio di Stefan Bellof. Nel 2015, in occasione della 6 Ore di Spa-Francorchamps, Bernhard decorò il prortio casco con il motivo grafico in nero-rosso-oro del suo idolo. Una devozione espressa da Bernhard anche in questa occasione: “Per me, Stefan Bellof è e rimane un gigante. E, oggi, il mio rispetto per il suo giro-record del 1983, stabilito con le tecnologie di allora, è ancora più grande”.