L’elevata velocità è fra le principali cause di incidenti: il ministro boccia la proposta di innalzare i limiti su alcuni tratti autostradali. Avrà ragione?
Toninelli non vuole correre. Il ministro dei Trasporti, intervenuto ai tavoli della Conferenza Nazionale sulla Mobilità sostenibile e il Trasporto pubblico locale che ha preso il via ieri con un incontro tenutosi presso lo stesso Mit, e che resterà in calendario fino al prossimo 3 maggio, si dichiara infatti contrario all’eventuale innalzamento da 130 a 150 km/h dei limiti di velocità sulle autostrade “di massima sicurezza”, cioè quelle coperte da Tutor, con tre corsie per ciascun senso di marcia e asfalto drenante (come indicava testualmente la proposta avanzata nei mesi scorsi dal senatore della Lega e presidente della Commissione Trasporti alla Camera Alessandro Morelli: qui il nostro approfondimento), motivando il proprio pensiero al fatto che la velocità sia fra le principali cause di incidenti e di morti sulle strade.
Addio ai 150 km/h su alcuni tratti autostradali?
Dunque: la possibilità di potere “correre di più” sulle autostrade nazionali sembra di fatto avviata verso un nuovo tramonto. Almeno il secondo nell’ultimo ventennio: già nel 2001, l’ex ministro Pietro Lunardi, all’epoca della seconda e della terza amministrazione Berlusconi, lanciò per primo l’idea di innalzare a 150 km/h i limiti sulle autostrade italiane. Con una differenza sostanziale: a quell’epoca, il controllo sul veicolo era essenzialmente affidato al guidatore; adesso, e qui sta il nocciolo della proposta del presidente della Commissione Trasporti, lo sviluppo, e la progressiva introduzione, di nuovi standard di sicurezza attiva e passiva (su tutti: Cruise control, frenata autonoma d’emergenza, sistema di mantenimento della corsia di marcia) contribuiscono ad evitare incidenti di particolare gravità. Inoltre, la presenza dei sistemi Tutor aiuta a tenere sotto controllo le velleità velocistiche degli automobilisti, colpendoli… dove fa più male, cioè nel portafoglio.
Tutte motivazioni che sembra non convincano il ministro Danilo Toninelli, il quale dichiara il proprio “no” ad un eventuale aumento dei limiti di velocità sulle autostrade (nemmeno, quindi, a ben determinate condizioni), spiegando che il M5S assume una linea contraria in quanto le analisi dei tecnici individuerebbero nella velocità una delle principali cause di incidenti stradali.
Non soltanto la velocità è causa di incidenti
Occorre tuttavia precisare che, oltre alla elevata velocità, altre sono le origini degli incidenti stradali: prima fra tutte, la distrazione, come del resto messo in evidenza nei mesi scorsi dal rapporto Istat sui sinistri e sulle cause 2017 (consultabile a questo link); e subito dopo venivano i mancati rispetti di concedere precedenza o di arresto al semaforo rosso. In termini assoluti, la distrazione e il mancato rispetto delle precedenze, degli stop e dei semafori hanno provocato, nel 2017, 68.123 incidenti (sommando le strade urbane e quelle extraurbane), con una incidenza complessiva del 30,5% sul totale dei sinistri registrati; mentre i sinistri stradali provocati da veicoli che procedevano in eccesso di velocità o comunque senza rispettare i limiti sono stati, nel 2017, complessivamente, 23.087 (sempre contando strade urbane ed extraurbane), ed una incidenza del 10,3%.
Se mai, sono da rilevare anche il mancato rispetto della distanza di sicurezza (21.463 incidenti in Italia nel 2017, il 9,6% del totale), le manovre e le svolte irregolari (causa di 20.861 incidenti, il 9,3% del totale), la marcia contromano (4.904 incidenti, corrispondenti al 2,2%) ed il sorpasso irregolare (4.184 incidenti: 2,2%). È vero, secondo l’Istat, che le infrazioni ai limiti di velocità nel 2017 sono state le seconde più comminate da Polizia locale, Polizia stradale e Carabinieri (2.843.552 verbali), dietro soltanto ai divieti di sosta (3.242.046).
Le priorità: sicurezza e mobilità sostenibile
In ogni caso, sebbene il ministro Toninelli sia intervenuto sulle questioni della sicurezza stradale (“Più di 3.300 morti nel 2017 sulle nostre strade, e 1.480 vittime nei primi sei mesi del 2018 sono intollerabili”), che genera costi elevatissimi tanto umani quanto sociali ed a proposito della quale informa sul prossimo arrivo di un decreto ministeriale che obbliga i gestori delle strade all’installazione dei sistemi DSM-Dispositivo Salva Motociclisti (ovvero specifiche coperture sui guardrail per evitare l’urto a corpo libero contro i supporti di metallo) nei tratti più pericolosi, lo stesso responsabile del dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti ribadisce la necessità di attuare programmi concreti per lo sviluppo della mobilità sostenibile nel nostro Paese. Da qui la consultazione pubblica che fino al 3 maggio darà la possibilità a cittadini ed operatori della filiera dei trasporti, delle infrastrutture e della viabilità, di contribuire in prima persona, attraverso proposte ed indicazioni, che verranno vagliate in occasione della Conferenza Nazionale sulla Mobilità sostenibile di giugno.
In Italia più auto per 100 abitanti che in altri Paesi europei
L’Italia, osserva Toninelli, è molto indietro in rapporto ad altri Paesi europei. A Roma, ad esempio, enuncia il ministro, ci sono 70 auto ogni 100 abitanti: molte di più, per dire, in confronto alle 31 di Londra, o alle 35 di Monaco di Baviera così come alle 29 di Berlino. Queste ultime sono due fra le principali città tedesche.
Però i tedeschi non hanno limiti di velocità in autostrada
Ma in Germania, sulla maggior parte delle autostrade, non ci sono limiti di velocità. E gli automobilisti di lassù (compreso il ministro dei Trasporti) hanno recentemente gridato “No!” ad una proposta dello scorso gennaio da parte di una Commissione tecnica nominata dall’amministrazione Merkel, di revisionare i limiti di velocità sulle Autobahn, a supporto di una serie di misure operative che potrebbero essere messe in pratica per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti a suo tempo dalla Conferenza sul clima di Parigi 2015 (qui il nostro approfondimento). Sono addirittura scesi in piazza sull’esempio dei “Gilet Jaune” parigini. Nessuno gli tocchi il diritto di correre liberamente sulle loro autostrade. E però sono più “avanti” sui temi della mobilità sostenibile.