Obama: quali piani per il comparto auto?
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La rielezione di Barack Obama sposta di nuovo l’attenzione sul rapporto fra Washington e Detroit. Avremo nuovi sviluppi per la mobilità “pulita”?
L’industria dell’auto negli USA detiene un ruolo importante nella rielezione di Barack Obama. E, con tutta probabilità, il suo secondo mandato vedrà sul taccuino delle priorità un nuovo sostegno alla mobilità eco friendly, con misure a favore dei veicoli elettrici e ibridi e normative ancora più severe in materia di consumi ed emissioni.
E’, in estrema sintesi, il quadro dipinto dagli analisti americani in materia di mobilità, redatto a poche ore dalla conferma di Obama alla presidenza degli Stati Uniti.
Il primo passo compiuto da Obama è l’intenzione di incontrare l’ex sfidante Mitt Romney nelle prossime settimane, per discutere insieme le modalità da attuare per spingere un gradino più su la situazione economica e sociale del Paese. Un gesto dovuto, questo, dal momento che se i colleghi democratici di Obama mantengono la maggioranza in Senato, la Camera resta in mano ai repubblicani di Romney.
D’altro canto, non è marginale il ruolo di Detroit nel primo mandato presidenziale di Obama, che fra i suoi punti chiave aveva il piano di salvataggio e la rinascita di due delle tre “grandi” di Detroit, Chrysler e General Motors.
Obama aveva già rilasciato una parte dei propri piani per il comparto auto che avrebbe attuato se fosse stato rieletto, come il programma da 500 milioni di azioni GM che a tutt’oggi restano nelle casse federali. In questo senso, Romney (al quale si deve l’infelice dichiarazione che Jeep sarebbe stata trasferita in Cina, un’affermazione prontamente smentita da Sergio Marchionne) ha criticato la gestione dell’amministrazione Obama relativamente ai salvataggi GM e Chrysler del 2009: il candidato repubblicano ha più volte dichiarato che il suo approccio sarebbe stato differente, e avrebbe pesato di meno sulle tasse federali.
Quanto alla mobilità sostenibile, le associazioni e le agenzie di salvaguardia dell’ambiente (EPA in testa) si aspettano nuova attenzione da parte dell’amministrazione Obama. Il quale, con l’obiettivo del milione di veicoli elettrici su strada entro il 2015, dapprima ha dovuto “toccare i freni” durante la campagna elettorale di fronte alle critiche piovute dai repubblicani. Adesso, però, dovrà valutare se richiamare all’ordine del giorno la sua proposta dei mesi scorsi di aumentare il credito d’imposta per l’acquisto di auto elettriche da 7500 a 10.000 dollari: se lo farà, dimostrerà la propria volontà di portare avanti un discorso di sviluppo del trasporto privato eco friendly.
Di fatto, il Dipartimento federale per l’Energia non ha mai decretato la chiusura al programma ATVM (Advanced Technology Manufactoring Vehicles) di prestito diretto da 25 miliardi di dollari finanziato dal Congresso nell’autunno 2008 e riservato allo sviluppo di progetti automotive taglia – consumi ed emissioni.
Nelle casse, ci sono ancora 16 miliardi di dollari per l’ATVM; tuttavia, eventuali tagli di bilancio a Capitol Hill potranno rendere la vita difficile all’erogazione dei fondi. Va considerato che i fondi sono stati sospesi, nei mesi scorsi, dopo che alcune aziende alle quali il Dipartimento per l’Energia aveva accordato i finanziamenti sono fallite.
Logicamente, il Governo di Washington ora procede con i piedi di piombo per l’erogazione di nuovi prestiti. Due casi emblematici di aziende di produzione veicoli elettrici che “non ce l’hanno fatta”: Coda Automotive, che anche a seguito di una joint venture con Great Wall ha deciso di trasferire la produzione in Cina anziché in Ohio; e Bright Automotive, che ha staccato la spina ai programmi di sviluppo auto elettriche lo scorso marzo perché non era in grado di offrire garanzie al prestito da 314 milioni di dollari assicurato dal Department of Energy.
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