Porsche in crisi: è caos totale, addio ai top manager, crollano vendite e utili
Porsche, un nome che da sempre evoca eccellenza nell’automotive, sta attraversando una fase che potremmo definire “nera”. Tra le principali conseguenze della Porsche in crisi, spiccano le dimissioni simultanee del CFO Lutz Meschke e del responsabile vendite Detlev von Platen, una notizia che ha scosso l’intero settore.
Il momento delicato della casa di Stoccarda è evidenziato dai numeri: un calo delle vendite globali del 3% nel 2024, accompagnato da un preoccupante -28% nel mercato cinese, considerato strategico per il marchio. Non sorprende, quindi, che i ricavi siano in discesa del 5,2%, mentre l’utile operativo ha subito un tracollo del 26,7% nei primi tre trimestri dell’anno.
Porsche in crisi, tensioni ai piani alti
L’uscita dall’azienda di Meschke, figura di spicco dal 2015 e vice CEO, trovano origine in profonde divergenze con l’amministratore delegato Oliver Blume, leader anche del gruppo Volkswagen. La frattura nei rapporti interni, unita alla perdita di fiducia delle influenti famiglie Porsche e Piëch, ha reso inevitabile questo epilogo. Parallelamente, von Platen paga il prezzo delle performance deludenti nel mercato cinese, dove le vendite in Cina hanno subito un crollo drammatico.
In un contesto di trasformazione globale per il settore automotive, Porsche deve affrontare la sfida di reinventarsi. La silente Porsche Automobil Holding SE, azionista di maggioranza in Volkswagen, aggiunge ulteriore incertezza al futuro del marchio. Eppure, il DNA di Porsche, simbolo di innovazione e prestazioni, potrebbe ancora rappresentare la chiave per superare questa tempesta.
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